Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  maggio 11 Martedì calendario

TRE ANNI DI RESPIRO PER I «PIGS» AL PREZZO DI 750 MILIARDI

La Bce ha già cominciato ad acquistare i titoli «declassati» dei Paesi a rischio
«Shock and awe». Poco prima dell’alba di ieri, quando da Bruxelles è arrivato l’annuncio del mega-piano per evitare che il sistema monetario europeo possa affondare sotto i colpi della speculazione finanziaria internazionale, non c’è commentatore che non sia ricorso al motto della guerra in Iraq del 2003, quel «colpisci e terrorizza» con cui George W. Bush ha mandato i soldati contro Saddam Hussein. E «colpiti», imercati, lo sono stati. Sul piatto la Ue e l’Fmi hanno messo 750 miliardi di euro, che vanno ad aggiungersi ai 110 miliardi già decisi ad aprile per soccorrere la Grecia. La Bce, dal canto suo, ha già cominciato ieri a intervenire sul mercato per acquistare i titoli «declassati» di Atene e, in prospettiva, di Portogallo e Spagna. Una strategia, teoricamente senza limiti di spesa, che s’accompagna con iniezioni di liquidità nel sistema. Senza contare che la Federal Reserve ha riaperto le swap lines per permettere alla Banca centrale europea di accedere a liquidità in dollari. E lo stesso hanno fatto gli istituti centrali di Gran Bretagna, Svizzera, Canada, Giappone.
Il mega piano
Nell’ambito di quello che è stato definito «Meccanismo europeo di stabilizzazione», i paesi di Eurolandia (più Svezia e Polonia su base volontaria) erogheranno crediti (al 5% d’interesse, come ha precisato il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn) e garanzie sui prestiti per un totale di 440 miliardi di euro nell’arco del triennio, destinati ai Paesi che dovessero trovarsi in difficoltà tanto da non riuscire a finanziarsi sul mercato. I primi nomi a rischio di contagio greco sono Portogallo, Irlanda, Spagna. Altri 60 miliardi di euro saranno messi a disposizione dalla Commissione Ue, che per questo ha aumentato da 60 a 110 miliardi le disponibilità del programma utilizzato nel 2008 per aiutare Lituania, Ungheria e Romania, e potrà disporre di 141 miliardi di euro del proprio bilancio annuale come collaterale. Infine, dall’Fmi arriveranno 250 miliardi di euro di linee di credito, a un tasso attorno al 3%.
Ricordando il Tarp
Il pacchetto europeo offre un immediato elemento di confronto con il Tarp ( Troubled asset relief program), il piano d’emergenza salva-banche da 700 miliardi di dollari lanciato nel settembre 2008, in piena crisi finanziaria globale, dal segretario Usa al Tesoro Hank Paulson e dal presidente della Federal Reserve Ben Bernanke. Molto simile è anche il ritardo con cui è stato adottato: dopo aver salvato Bear Stearns in marzo, Tesoro e Fed hanno dovuto ricorrere ai soldi del contribuenti per soccorrere Fannie Mae e Freddie Mac, poi Aig, General Motors (ma lasciando fallire Lehman Brothers) prima di decidersi al grande passo. Allo stesso modo Ue e Bce hanno fatto passare oltre 5 mesi prima di mettere in campo aiuti alla Grecia per 30 miliardi di euro (più 10-15 dell’Fmi), poi portati a 110 e ora trasferiti su scala «sistemica» agli attuali 750 miliardi.
I primi effetti
Oltre che sulle Borse, gli effetti dell’offensiva europea si sono visti subito sui rendimenti dei debiti sovrani dei Paesi sotto tiro. Quello dei titoli decennali greci è precipitato dal 12,5% al 6,7%, i portoghesi sono scesi al 4,7%, gli spagnoli al 3,9%. I Cds (cioè Credit default swap, che riflettono i costi per assicurarsi contro l’eventuale default sul debito) sono crollati dai 915 punti di venerdì ai 657 di ieri per la Grecia, da 425 a 263 per il Portogallo, da 238 a 157 per la Spagna.
La conquista del tempo
Le decisioni adottate ieri potrebbero rivelarsi inutili se non verranno ricondotti a disciplina i conti dei Paesi con forti squilibri di bilancio. «Per ora Ue, Bce e Fmi hanno soltanto comprato 3 anni di tempo», hanno sottolineato alcuni analisti. Nell’attuale situazione di mercato, infatti, i 750 miliardi di euro basteranno appena a coprire le esigenze di finanziamento dei debiti in scadenza da qui al 2012 di Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. E, a parere del panel di 54 economisti sentiti ieri da Reuters, appena il 20% crede che Atene sarà in grado di rispettare quest’anno gli impegni di risanamento che ha preso.
Giancarlo Radice