Lucrezia e Giorgio Dell’Arti, 11 maggio 2010
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Le donne del Novecento: Pia Bellentani – Io Donna (puntata non uscita) - Sacchi Carlo, di anni 45, industriale della seta, sta al bar dell’hotel, tetramente su di giri, poco fa, ballando con la signora France Tremolada (abito bianco), ha mormorato «Mi sa che stasera di qui non esco vivo», adesso sta chiacchierando con un’altra signora in raso grigio perla, lunga scollatura a punta e due spalline sottili, la signora - alta, mora, occhi blu - tiene tra braccio sinistro e fianco una pelliccia d’ermellino e sta dicendo a Sacchi di cambiare contegno, Sacchi, rigirando il bicchiere, e quasi senza guardarla: «le solite tragedie», la signora con l’ermellino: «guarda che stasera non so cosa sarei capace di fare», lui: «i soliti fumetti, i soliti terroni», in quel preciso istante, di sotto l’ermellino, parte un colpo calibro 9 che s’infila nel sesto spazio intercostale sinistro e piglia l’apice del cuore, «una cosa, con quella pistola lì e con quella pallottola lì, che non le sarebbe riuscita neanche mille volte» (il perito), a parte il fatto che la signora con l’ermellino gli stava ad appena mezzo metro di distanza (Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio, ore 1
Le donne del Novecento: Pia Bellentani – Io Donna (puntata non uscita) - Sacchi Carlo, di anni 45, industriale della seta, sta al bar dell’hotel, tetramente su di giri, poco fa, ballando con la signora France Tremolada (abito bianco), ha mormorato «Mi sa che stasera di qui non esco vivo», adesso sta chiacchierando con un’altra signora in raso grigio perla, lunga scollatura a punta e due spalline sottili, la signora - alta, mora, occhi blu - tiene tra braccio sinistro e fianco una pelliccia d’ermellino e sta dicendo a Sacchi di cambiare contegno, Sacchi, rigirando il bicchiere, e quasi senza guardarla: «le solite tragedie», la signora con l’ermellino: «guarda che stasera non so cosa sarei capace di fare», lui: «i soliti fumetti, i soliti terroni», in quel preciso istante, di sotto l’ermellino, parte un colpo calibro 9 che s’infila nel sesto spazio intercostale sinistro e piglia l’apice del cuore, «una cosa, con quella pistola lì e con quella pallottola lì, che non le sarebbe riuscita neanche mille volte» (il perito), a parte il fatto che la signora con l’ermellino gli stava ad appena mezzo metro di distanza (Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio, ore 1.40 del mattino, giovedì 16 settembre 1948).
Subito dopo La signora con l’ermellino, ormai in piedi, la pistola alla tempia destra, tenta di far partire un colpo e grida «non spara più! non spara più». L’industriale Leopoldo Burr la disarma. Il signor Robert Bouyère le dà due schiaffi. La vedova, signora Lillian Willinger (in seta stampata azzurro bianco e rosa, angioletti, balconcini sul lago) e la sorella del morto, signora Ada Locatelli (gran sottana rigata che allaga il pavimento), inginocchiate vicino al cadavere. La signora Mimma Guidi, dal volto pallidissimo, che si butta sul corpo immobile gridando: «Non potete mandarmi via! Ho diritto anch’io…», intanto la Locatelli la scaccia in malo modo. Il conte Bellentani, marito dell’assassina, che lascia sul tavolo il bicchiere d’acqua minerale e corre a sussurrare alla moglie: «Di’ che è stato un incidente». La sarta Biki che sviene. Nell’altra sala, molte coppie ballavano ancora, prima musica di Glenn Miller, adesso La semaine, molto sentimentale, interpretata da un cantante uomo, lo sparo aveva coperto le ultime parole «Et le dimanche, je te vois». A un tavolo Sabry Pascià, zio di Faruk, e le sue tre mogli che chiacchierano con Rothschild. Rothschild, senza togliersi il sigaro di bocca: «I soliti italiani».
Pia Caroselli Pia in Bellentani, nata in Sulmona nel 1916, casa a Porta Napoli, padre Romeo che s’era fatto ricco partendo dal rame, madre Nazarena Jannamorelli contadina, una vita passata per far cresce questa figlia come si deve, prima al ginnasio di Sulmona, poi in Roma, due anni al Collegio Cabrini e poi dalle suore inglesi del Notre Dame via Nomentana, pianoforte, inglese, francese, pittura, viaggi all’estero con la mamma ecc. Sposata infine al conte Lamberto Bellentani di Reggio Emilia, di 17 anni più vecchio, ricco e animato da due sole passioni: 1, il gioco; 2, dormire tre ore il pomeriggio. A parte le due figlie, mille giornate senza far niente, prima in corso Risorgimento a Reggio, poi a Bologna, infine sul lago di Como. Di qui gran vita, notti, alcol, stupefacenti, corse a Cannes, a Venezia, a Losanna.
Sacchi Il Sacchi che si stufava subito delle donne e non sapeva come lasciarle.
Pia La Pia, che diceva ogni giorno di volersi ammazzare, e poi non s’ammazzava mai.
Sacchi Il Sacchi, per liberarsi in un sol giorno delle sei amanti, mandò una lettera circolare in cui imputava a ciascuna la sua noia, a una disse che aveva il seno troppo molle, a Pia che gli rompeva le scatole.
Pia Pia, convinta di dover salvare l’anima del Sacchi. Pia, che lo pedinava per sorprenderlo con le altre donne. Pia, fuori di sé per la storia di lui con la Guidi.
Sacchi Magrissimo, uno e 80 d’altezza, miope, lenti nere anche di notte, chiaramente malato di stomaco, comprava come niente un De Chirico, un De Pisis. Se qualcuno gli criticava i quadri («troppo moderni»), rispondeva: « un investimento».
Pia «Tu sei la vita/ Tu sei ogni mio pensier/ Tu sei il sorriso/ Di questo mio triste cuor/ Io vorrei tanto/ Viver con tè/ Sognar insieme/ Stringermi a te» (Poesia di Pia Bellentani).
Sacchi «Anche il Sacchi, con ben diversa ispirazione o stile, scriveva versi. Tra le sue carte è stato trovato […] una specie di farraginoso poema in dialetto comasco, di argomento erotico e di linguaggio eccezionalmente libero […] son ben 3.929 versi […] riportarne qui anche un brevissimo saggio è impossibile, tanto sono sporchi» (Dino Buzzati).
Pia La Bellentani, riconosciuta poi semiinferma di mente, condannata a dieci anni scontati a sette, liberata con la grazia sei mesi prima dei termini, una decina di giorni dopo il fatto aveva scritto al giudice, che si prendesse per favore cura dell’ermellino.