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 2010  maggio 08 Sabato calendario

IL RIBALTONE DELLA MOLE

Domenico Siniscalco, nell’ora del gran rifiuto, l’ha definito ”il gran pollaio” maldestramente guidato da Angelo Benessia, gallo dalla cresta storta. E probabilmente, il professor Luciano Remmert, l’industriale che nel consiglio di gestione della Compagnia di San Paolo si è opposto fino all’ultimo al blitz del presidente per impedire la riconferma in Intesa Sanpaolo di Enrico Salza. Il quale, per restare in argomento, avrebbe avuto una gran voglia di tirare addosso a Benessia almeno un paio di dozzine delle 18 mila uova (sì, proprio 18 mila) rigorosamente ”bio” che escono ogni giorno dai suoi allevamenti modello.
L’angelo severo del Cottolengo
Remmert, così come l’altra contestatrice Giuseppina De Santis, non prenderà parte alla riunione del Consiglio generale che non prevede la presenza dei membri del Consiglio di gestione. Ma forse, martedì 12 maggio, farà più effetto lo sguardo mite ma risoluto di suor Giovanna Galli, 75 anni, l’angelo del Cottolengo con una laurea presa a Miami e un passato da assistente sociale in fabbrica che guida con polso sicuro l’Ufficio Pio della Compagnia, che si batte contro le vecchie e le nuove povertà della metropoli. Sì, anche suor Giuiana, allergica alle manovre sulle poltrone (’Bazoli l’ho incontratounavoltasola’hadichiarato in un’intervista per chiedergli un contributo per una Onlus che si occupa del disagio psicologico degli emi-
granti”), ha firmato la richiesta di un chiarimento finale con Benessia, uno il cui vocabolario non comprende la parola dimissioni. Anche se i numeri, in vista della riunione di martedì nella palazzina di corso Vittorio Emanuele, sembrano contro di lui: sui 21 membri del consiglio, espressione di un lungo elenco di istituzioni (è prevista pure l’Unione Europea) 11 sono propensi a chieder la sfiducia, altri, tra cui il sociologo Arnaldo Bagnasco sono indecisi. I ”fedeli” sembrano pochini e non si espongono: salvo il professor Giorgio Pestelli, critico musicale che non negherà il suo sostegno al musicofilo Benessia, già presidente dell’Unione Musicale. A quasi un mese dal ”golpe” del 14 aprile, quando il presidente lanciò la candidatura di Siniscalco e dell’outsider Andrea Beltratti, sponsorizzato da Elsa Fornero, moglie di Mario Deaglio, il gran pasticcio torinese sembra diventato un fatale boomerang per l’avvocato Benessia, già consulente di Fiat e del sindaco Sergio Chiamparino.
I poteri forti di Torino sono andati in tilt
Insomma, poiché il 12 maggio i consiglieri gli chiederanno conto, vuole fargli pagare senza sconti il prezzo per l’incredibile battaglia da lui scatenata, senza consultare nessuno, con tragicomiche conseguenze: il balletto tra Andrea Beltratti e Domenico Siniscalco, prima corteggiato poi scaricato con una telefonata; la dura polemica tra il pd Sergio Chiamparino, il sindaco, con Giuseppe Guzzetti, il potente numero uno della fondazione Cariplo; il sostanziale fallimento della crescita del peso torinese in banca, nonostante i tanti milioni spesi per arrotondare la quota di azionista numero uno della banca al 10%, il doppio di quanto posseduto dai milanesi. Ma senza nemmeno scalfire il potere reale di Corrado Passera (l’ad di Intesa), Giovanni Bazoli e dello stesso Guzzetti.
La guerra di Benessia contro il ”soldato Salza”
Ma i contestatori più severi, quelli tra cui figura anche suor Giuliana (per la verità poco interessata alla politica delle poltrone), rimproverano ben altro a Benessia: il presidente in carica dall’estate del 2008, recita l’accusa, ha badato solo a dar battaglia a Salza con l’obiettivo di prender il suo posto come regista numero uno dei giochi di potere sotto la Mole. Senza coinvolgere il Consiglio, errore che il suo predecessore, l’avvocato Franzo Grande Stevens, si è ben guardato dal fare.
Occorre, a questo punto «una discussione senza censure sulle strategie della Compagnia», ovvero sui criteri di gestione del patrimonio (assai impoverito dal calo di valore della quota bancaria) e delle erogazioni, in tutto 120 milioni annui spalmati sul territorio. E’ questo che ha rivendicato il leader dell’opposizione, quel Bruno Manghi, anima critica del centro sinistra all’ombra della Mole, con passato sindacale nelle file della Cisl di cui è stato il responsabile del centro studi, oggi membro del Cnel . Dietro di lui si è mosso il nucleo duro del volontariato e del solidarismo, cattolico ma non solo: oltre a suor Giuliana Daniele Ciravegna, ex preside di Economia e grande esperto del microcredito, Giorgio Groppo, espressione del volontariato del cuneese. Ma anche Carlo Ossola in compagnia per conto del Collège de France o il docente del Politecnico, il laico Marco Mezzalama. Ma il fronte si è presto allargato coinvolgendo alcuni consiglieri ”governativi” per definizione: l’avvocato d’affari Stefano Ambrosini, già commissario straordinario della Bertone, l’industriale Alberto Dal Poz, il professor Caroli, rappresentante della Camera di Commercio di Roma, Paolo Montalenti, Maurizio Maresca e l’industriale Giuseppe Pichetto, a suo tempo successore dell’amico Enrico Salza in Camera di Commercio.
Ora si lanciano segnali al governatore padano
Insomma, in meno di due anni, Benessia, dalle buone frequentazioni progressiste (vedi l’Istituto Gramsci) è riuscito a godere di ampia impopolaritàinunaCompagniachepureèsolidamente controllata da consiglieri dell’area di centro sinistra, più una pattuglia, non rappresentata nell’esecutivo, del volontariato. E già corre il sospetto che la rivolta contro Benessia, al di là delle istanze dell’ala del volontariato, sia la punta dell’iceberg del malessere di un’area di potere ex ulivista smarrita dopo il successo alle elezioni di Roberto Cota. Lui, il governatore leghista, se ne è stato saggiamente in disparte, consapevole che gli eventi giocavano a favore del centro destra: gravemente colpito il potere di Enrico Salza, che dal ”93 in poi ha contribuito a fare e disfare i sindaci della città, tramontata ancora prima di nascere l’avventura del boss Benessia, i tradizionali poteri forti della città sabauda sono in grave crisi. E sta a vedere che una parte dei consiglieri della Compagnia già guardano al dopo.
Non è difficile, infatti, interpretare il conflitto che ha diviso il mondo sabaudo alla luce della successione a Chiamparino, l’anno prossimo, quando il sindaco, alla cui immagine non ha certo giovato l’impegno per influenzare le nomine in Intesa, lascerà il Comune per tentare l’avventura nella squadra di vertice del Pd. Sarà un’elezione diversa da quelle che l’hanno preceduta: dal ”93, anno dell’investitura di Valentino Castellani, allora sconosciuto docente del Politecnico lanciato da Enrico Salza con la collaborazione dei pi diessini impegnati a far perdere l’ex sindaco comunista Diego Novelli, la formula vincente sotto la Mole passava da un accordo tra l’area lib-lab capitanata da Salza (vero proconsole di Romano Prodi in città)e i pidiessini. Con la benedizione della Fiat, sempre meno presente sullo scacchiere della politica locale, di quella che un caustico protagonista della vita cittadina definisce la ”gauche caviar”. Oggi, perduta la Regione e visto il declino del salzismo, i giochi si riaprono.