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 2010  maggio 07 Venerdì calendario

SOSPETTE LE MANOVRE ”MADE IN USA” BANCHE E RISPARMI ITALIANI RESTANO SOLIDI

Il tempismo con cui le agenzie di rating americane stanno soffiando sul fuoco greco desta più di un sospetto. Moody’s e Standard & Poor’s vedono ormai ovunque rischi di ”contagio” in Europa (Fitch invece per il momento è più prudente). Ma è bene non dimenticare che la crisi finanziaria mondiale è partita dall’America con la gigantesca ”bolla” dei mutui subprime e dei loro collaterali. Poi l’America ha scaricato la sua crisi finanziaria sull’economia reale del mondo intero provocando la più terribile recessione dai tempi del 1929.
Adesso pare che siamo arrivati al terzo ed ultimo atto ma non vorremmo che a noi, novelli ”Pantalone”, tocchi ”pagare” la rata finale dei pasticci americani mediante un trasferimento ”forzoso” degli investimenti finanziari internazionali dal debito sovrano dei Paesi europei a quello degli Stati Uniti. Nell’ipotesi meno malevola è lecito pensare che le agenzie di rating americane, con le loro reiterate prese di posizione contro i debiti sovrani europei e da ieri (con l’ultimo rapporto di Moody’s) anche contro le banche europee, si stiano rivelando quanto meno delle valide ”fiancheggiatrici” dei grandi operatori speculativi di Wall Street.
Nulla può giustificare i pasticci contabili e gli sprechi della Grecia né il ritardo dell’Europa nel soccorrere Atene, ma non è nemmeno giustificabile che l’agenzia di rating Moody’s, con un rapportino che pare scritto da uno studentello universitario, getti lo scompiglio sui mercati azionari europei contribuendo a far divampare un’ondata di vendite che durante le contrattazioni di ieri hanno fatto perdere in Borsa oltre l’8-10% ad alcune primarie banche italiane. La cosa oltre che condannabile è senza logica visto che le banche italiane hanno sopportato molto bene la crisi mondiale (al contrario delle banche americane che sono state soccorse dallo Stato perché erano finite in stato comatoso). Inoltre, le nostre banche sono anche tra le meno esposte in Grecia e negli altri tre Paesi cosiddetti ”PIGS” rispetto alle banche degli altri maggiori Paesi europei. Non ultimo, le banche italiane, nonostante siano geograficamente più prossime ai 4 ”PIGS” europei, presentano un’esposizione in tali Paesi che è meno della metà di quella delle stesse banche statunitensi.
Già il 5 dicembre del 2008, all’indomani dello scoppio della ”bolla” dei subprime, scrivevamo su queste colonne che tutti i Paesi avrebbero presto cercato di raccogliere ”nuovi prestiti per tappare i buchi apertisi nei bilanci pubblici e privati” e che i collocamenti di titoli di debito pubblico sarebbero diventati ”terreno di scontro competitivo tra le nazioni”. In un simile contesto è inconcepibile che gli arbitri, cioè le agenzie di rating, siano tutti della stessa nazionalità, quella americana, alimentando così il fondato sospetto che con il loro gran parlare di ”contagi” in Europa possano favorire sfacciatamente un unico contendente, cioè gli Stati Uniti.
Restiamo ai fatti e consideriamo due indicatori di flusso: il deficit pubblico e quello della bilancia di conto corrente con l’estero. Il rapporto deficit/PIL nel 2010 sarà del 5,3% per l’Italia, del 9,3% per la Grecia e del 10% per gli Stati Uniti. Il deficit di conto corrente in percentuale del PIL vede invece nel 2010 l’Italia al 3,2%, gli Stati Uniti al 3,7% e la Grecia al 10,3%.
Se poi analizziamo il debito pubblico e l’indebitamento estero, due indicatori di stock, possiamo constatare che il rapporto tra debito pubblico e ricchezza finanziaria netta delle famiglie (denominatore molto più appropriato del PIL per costruire un più realistico indicatore di solvibilità) vede nel 2008-2009 l’Italia al 68% (su valori solo di poco superiori a quelli di Francia e Germania), mentre la Grecia è al 220%. Nel caso di Italia e Stati Uniti, potendo disporre anche del dato sulla ricchezza reale delle famiglie (cioè case e terreni), è possibile stimare al mese di giugno 2009 un rapporto debito pubblico/ricchezza totale delle famiglie (finanziaria netta più reale) del 21% per l’Italia e del 25% per gli Stati Uniti. In altri termini la ricchezza complessiva delle famiglie italiane ”paga” quasi 5 volte il nostro debito pubblico, mentre quella delle famiglie americane paga il debito federale americano (senza considerare quello degli Stati) solo 4 volte.
Infine, le statistiche del Fondo Monetario Internazionale indicano che nel 2008 lo stock di indebitamento estero greco in percentuale del PIL era del 104%, quello americano del 25% e quello italiano del 21%. Chissà se Moody’s conosce questi dati?
Marco Fortis, Il Messaggero 7/5/2010