RAFFAELLO MASCI, La Stampa 10/5/2010, pagina 10, 10 maggio 2010
I NUOVI UFFIZI E LA VECCHIA STORIA DI RISSE E SPRECHI
In questa prima e tardiva domenica di primavera, sul palazzo gesuitico del ministero dei Beni culturali (era fino al 1870 il noviziato della Compagnia di Gesù) aleggia l’ombra del sospetto: raggiri, intrallazzi, favori e favoritismi nella gestione del grande cantiere degli Uffizi di Firenze. Gli alti dirigenti, già scarsamente inclini a parlare, hanno le bocche cucite. Allo scoperto viene solo il ministro Sandro Bondi che affida la replica ad un comunicato nel quale si riconosce la sua penna: niente doppiezze, nessun rapporto con «faccendieri», ovviamente, ma un grande dolore perché «alcuni quotidiani» hanno voluto «lordare la mia onestà. Avrò il tempo - dice - per medicare le ferite alla mia onorabilità». Per quanto riguarda il Museo degli Uffizi, aggiunge Bondi «appena ho avuto conoscenza delle indagini della magistratura, ho revocato immediatamente il commissariamento per agevolare il lavoro della magistratura stessa, proprio perché non ho nulla a che fare con faccende e faccendieri di cui si parla».
Dunque nulla è stato fatto in questi anni agli Uffizi - secondo il ministro - se non nella più totale trasparenza. Nessuna parola, tuttavia su Riccardo Miccichè, neppure per chiarire il suo controverso ruolo di ingegnere e parrucchiere ad un tempo.
Sta di fratto che la Galleria degli Uffizi è da quasi cinque anni un ampio e costante cantiere, e di soldi ne richiede molti. Che bisognasse mettere mano all’antico palazzo che Giorgio Vasari costruì nel 1560 per ospitare gli uffici del Granduca Cosimo I, si sapeva fin dalla fine degli Anni Sessanta. Il palazzone ospitava al secondo piano la prestigiosa galleria appartenuta ai Medici, ma al piano inferiore aveva dato accoglienza per anni all’Archivio di Stato. Spostato quest’ultimo in un’altra sede, ci si è posti il problema di come utilizzare il nuovo spazio, e le guerre - tra enti locali, soprintendenze, ministeri - sono state più numerose delle soluzioni prospettate.
La svolta c’è stata nel 2001, quando il ministro del Beni culturali Giuliano Urbani ha incaricato il direttore generale Roberto Cecchi (lo stesso che oggi è commissario per l’area archeologica di Roma) di prendere il toro per le corna e venire a capo della controversia. In dieci mesi di lavori a tappe forzate, la commissione presieduta da Cecchi portò a termine un progetto che aveva due obiettivi: ampliare lo spazio espositivo e creare una serie di servizi al visitatore all’interno di un percorso razionale di visita. Questo ha comportato una quantità di progetti tecnici: scale, impianti, messa in sicurezza, ristrutturazione dei locali, restauri. Il tutto a Museo aperto e fruibile. Il budget iniziale prevedeva una spesa di 49 milioni di euro. Da allora in avanti gli Uffizi sono un costante cantiere, con più ditte appaltatrici e subappaltatrici al lavoro. Ed è stato in questo meccanismo che, forse, il diavolo ha voluto mettere la coda.