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 2010  maggio 09 Domenica calendario

 IL TEMPO DEI VAFFA AI MERCATI E A BERLINO

C’è una parola magica che potrebbe se non risolvere, certo alleviare il caos finanziario esploso dopo che si è accesa la miccia della Grecia. Quella parola è ”svalutazione”, e purtroppo è il termine più impronunciabile che esista da quando è nato l’euro e lo Stato più forte d’Europa, la Germania di Angela Merkel, ha posto le sue condizioni. La svalutazione servirebbe come il pane oggi alla Grecia, perché renderebbe meno socialmente pesanti misure dure come quelle adottate per amore o per forza dal suo governo e meno oneroso anche il suo debito pubblico. Ma per potere svalutare la Grecia avrebbe una sola strada percorribile: l’uscita dall’euro e il ritorno alla sua piccola dracma. Una decisione che può essere presa solo autonomamente e che realisticamente non sarebbe più consentita dagli altri paesi europei.
un minuto dopo avere erogato la prima tranche di quei 110 miliardi di aiuti ormai approvata. Nel week end più drammatico dell’euro anche questa considerazione sarà sul tavolo della riunione di emergenza della commissione europea convocata a Bruxelles per approvare il piano di salvataggio della moneta unica che questa sera stessa dovrà essere ratificato dal consiglio dei ministri delle Finanze dell’Ue. Secondo molti economisti e secondo tutta la retorica che ha accompagnato il varo dell’euro, l’uscita dalla moneta unica anche di un piccolo paese come la Grecia provocherebbe una sorta di catastrofe finanziaria globale, con il rischio di vedere anche francesi, italiani e tedeschi prendere d’assalto i propri sportelli bancari per ritirare i risparmi.
Eppure la situazione greca sembra assai simile a quella Argentina di inizio millennio, quando di fronte al default di tutto un paese si decise di ammainare la bandiera della parità di quella moneta con il dollaro. Lasciando fluttuare i corsi, l’inflazione è salita ma il paese non è fallito. Ora se la Grecia resta dentroe resterà dentro una volta concessi i prestiti, altrimenti quei soldi indietro non li vedrà nessunoci sono poche altre strade per affrontare la turbolenza dei mercati, la speculazione e l’evidente attacco alla moneta europea. La prima è mandare a quel paese la Germania e ammorbidire il suo diktat sulla Bce. Facendo cioè in Europa quel che non potrà più fare la Grecia: stampare un po’ di euro in più e lasciare correre un minimo di inflazione, l’esatto contrario della rigida missione della banca centrale europea. Berlino si ribellerà e certo essendo l’economia più forte ne sarà
danneggiata, ma visto il quadro generale di finanza pubblica tutti gli altri ne potranno beneficiare. E le imprese italiane, spagnole, francesi e perfino greche potranno esportare un po’ di più favorendo una crescita che oggi si vede solo al lumicino.
La seconda strada è soprattutto politica, ed è quella che in qualche modo l’Europa oggi proverà. Parlare con voce unica e potente ai mercati. Dire che non si lascerà andare a fondo nessun paese e che il salvataggio della Grecia sarà ripetuto in caso di attacco alla Spagna o al Portogallo. Perché funzioni, bisognerebbe avere non solo voce tonante e magari spiegare agli speculatori che i forzieri della Bce sono pieni e se sarà il caso da lì si acquisteranno titoli di Stato dei paesi in difficoltà anche solo temporanee. Oggi è vietato dal suo statuto, ma ci sono momenti in cui cambiare le regole, e il momento è proprio questo. Poi, certo, bisognerebbe avere un autorità e un peso politico che l’Europa oggi non ha, e di fronte alla speculazione non basta che prevalga per una volta la linea di Silvio Berlusconi e Nicholas Sarkozy: serve una voce sola e la certezza di un interesse comune. Se l’Europa politica non è mai nata, era utopia sostituirla con al forza di una moneta unica, e ora all’improvviso quella fragilità di carta moneta sta emergendo.
Venerdì il differenziale fra i titoli di Stato italiani e quello dei titoli di Stato tedeschi aveva raggiunto quota 1995: era tornato cioè indietro di 15 anni, a ben prima che ci fosse l’euro. La caduta è legata alla tempesta, e probabilmente in quelle proporzioni è solo temporanea. Ma è un segnale da non sottovalutare. Se ci si irrigidisce sul diktat tedesco sull’euro, il vantaggio della moneta unica per gli altri paesi diventa sempre più esile, e sarà difficile farlo digerire a lungo ai cittadini più a rischio.