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 2010  maggio 09 Domenica calendario

LA BABY CAMPIONESSA SEQUESTRATA NELL’ISTITUTO

L’anno scorso ad una bambina di quinta elementare chiesero di raccontare in un tema il suo desiderio più grande. Lei riempì le pagine bianche in un attimo. E’ sempre stata brava a scuola ma quel tema le riuscì davvero bene. «Il mio più grande desiderio è diventare una campionessa mondiale di corsa. La mia corsa preferita è la velocità, spero che il sogno di andare alle Olimpiadi 2016 si realizzi perché l’atletica è la mia vita».
Quella bambina da tutti è chiamata Cele, e non stava esagerando, come può anche capitare a undici anni. Aveva letto quello che i tecnici federali avevano messo nero su bianco pochi mesi prima: Cele deve proseguire l’attività agonistica - scrivevano - ha «buone possibilità di intraprendere una seria carriera sportiva». Firmato: il presidente dell’Area Atletica Alessandra Palumbo.
Cele avrà pensato molte volte a quelle parole in questi mesi. Da febbraio è chiusa in un istituto per minori. E’ la sua casa. Non può uscire se non con i volontari e ha dovuto dire addio agli allenamenti. Non ha fatto nulla di male, è sempre stata una delle più brave a scuola, e finiti i compiti non vedeva l’ora di andare ad allenarsi.
Il problema è la sua mamma, una donna originaria della Nigeria. Dei primi tre anni di vita di Cele si sa che per un certo periodo sono state nel carcere di Rebibbia per problemi legati spaccio e alla detenzione di stupefacenti. Del padre nessuna notizia. Compiuti tre anni, però, Cele ha l’età per poter vivere lontano dalla mamma, fuori dal carcere. Per qualche tempo viene affidata ad un istituto di suore, poi la madre ottiene gli arresti domiciliari e tornano insieme in una casa-famiglia.
La convivenza non è delle migliori secondo i ricordi di Cele, ma dura poco. Quando ha cinque anni la mamma viene arrestata ancora. I servizi sociali decidono che ad occuparsi della bambina sia una ventenne, Manila Garofalo. Diventa la madre affidataria e nei racconti di Cele questo periodo è il più bello della sua vita. E’ Manila a farle conoscere il mondo dello sport.
Cele ha un fisico da atleta, e infatti vince una gara dopo l’altra. Tutto sembra andare per il meglio fino al 2007 quando l’indulto fa uscire la madre naturale dal carcere. A febbraio dello scorso anno il Tribunale dei Minori decide che Cele deve tornare con la mamma in una casa famiglia. «Cele si rifiuta - spiega Manila - racconta alle assistenti le sue uscite con la donna nei luoghi dello spaccio. I servizi sociali non le credono, la accusano di mentire». Cele però insiste e cambia ancora una volta indirizzo. Da giugno del 2009 è nell’Istituto Protettorato San Giuseppe.
E’ l’inizio della fine dei suoi sogni. Non può partecipare al raduno estivo della sua società di atletica. A ottobre riprende gli allenamenti da sola nella stanza dell’istituto. Ottiene il permesso di uscire per gli allenamenti con la madre. «La madre in genere l’affidava a me ed ero io ad accompagnarla», racconta ancora Manila. E’ così che Cele ha vinto l’ultima gara: terza ai campionati italiani. A gennaio la madre aggredisce Manila fuori dallo stadio. C’è una lite, Manila la denuncia. La Polizia interviene, si rende conto che la donna è anche priva di permesso di soggiorno e quindi non può accompagnare la figlia. Da quel momento per Cele la porta dell’istituto si apre solo se ci sono i volontari con lei. «E alle sue richieste di allenarsi hanno risposto proponendole la pallavolo nell’istituto». E Cele ha rifiutato.