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 2010  maggio 08 Sabato calendario

IL WEEKEND PIU’ LUNGO PER I MERCATI

Ieri nell’area euro si stavano addensando tutti i segni di una crisi grande. Non solo le Borse a picco, ma i mercati dei titoli di Stato ridotti al minimo nell’attesa, le banche restie a scambiarsi denaro seppur non ai livelli del 2008, una marginale carenza di dollari; e soldi parcheggiati per precauzione presso la Bce come dopo il crack di Lehman Brothers. Dunque la paura di un lunedì di paralisi completa, capace di minare, per la prima volta, la fiducia nella moneta comune europea.
Non è più la sola Grecia. A questo punto, si può concludere che i nodi sarebbero venuti al pettine lo stesso, magari più tardi, perfino se Atene non avesse truccato i conti per coprire il suo malgoverno. Con la capacità che la finanza ha di speculare (anche in senso intellettuale, propagando e gonfiando idee attraverso i suoi analisti), il domani diventa oggi. Problemi capaci di manifestarsi nel corso degli anni, come quelli del Portogallo o della Spagna, si anticipano in punti di frattura, qui e subito. Stava mancando, ieri, la fiducia che gli squilibri tra i 16 paesi membri dell’unione monetaria europea possano essere composti e risolti da governi in grado di guardare soltanto agli interessi del proprio elettorato nazionale nell’arco della corrente legislatura. La risposta non potrà essere che una: mostrare la forza di affrontare subito i problemi futuri, con un ritmo accelerato non solo rispetto ai tempi della politica di ciascun paese, forse perfino rispetto al buon senso.
L’Europa non tornerà presto ai livelli di benessere del 2007, si può già ora concludere; con le magre consolazioni che senza l’euro sarebbe andata ancora peggio, e che la Gran Bretagna gravata dai salvataggi delle sue grandi e spericolate banche dovrà tirare la cinghia ancora di più. Quella ripresa economica che già ora la Banca centrale europea vede «moderata e ineguale» sarà certo rallentata dalle misure aggiuntive di risanamento dei conti che sarà necessario prendere, nella penisola iberica più dure, assai incisive anche altrove.
Le misure immediate, da lunedì, in buona parte toccheranno alla Bce. Se ne è parlato soprattutto sia fuori sia dentro il vertice di Bruxelles, in costante contatto tra la Eurotower di Francoforte e le 16 banche centrali nazionali. Si discutono interventi capaci di ridare da subito vita al mercato, iniezioni straordinarie di liquidità come se ne erano fatte nella prima fase della crisi. Occorre solo calibrarle nel modo migliore perché la Bce non perda la sua credibilità nella lotta all’inflazione; altrimenti si produrrebbe un’ulteriore spinta al ribasso sul cambio dell’euro.
La liquidità, tuttavia, alimenta anche la speculazione finanziaria. Come certi rimedi salvavita che la medicina offre a malattie gravi, in alcuni casi può dare esca ad altre malattie. La Bce ha avuto il via libera ad usare l’«arma totale», scendendo direttamente in campo contro la speculazione: ossia, acquistare titoli di Stato di paesi membri, con l’implicito giudizio che le attuali quotazioni dei mercati siano esageratamente basse, distorte molto al di là di quanto i guai veri di ciascun paese potrebbero giustificare.
La Bundesbank finora si era opposta, 47 grandi banche l’avevano sollecitata. Di fronte a una nuova «crisi sistemica», come ora la si definisce, tutto cambia. Al di là dei tecnicismi, si da un giudizio negativo su come stanno operando i mercati, implicando l’urgenza di rivedere come funzionano. E’ come trovarsi tra Scilla e Cariddi: si valuta se sia più disastroso tentare di sottrarsi alla pressione dei mercati, che fin qui ha spesso fatto da buon antidoto alle cattive politiche, o più lo sia seguirla fino in fondo.