Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 09/05/2010, 9 maggio 2010
LO SCONTRO TRA DUE LINEE IN VATICANO
Il cardinale Christoph Schönborn, anzi von Schönborn, figlio d’un conte e di una baronessa e rampollo di un’antichissima famiglia aristocratica boema, per il conclave del 2005 arrivò a Roma in treno, tirando da solo un trolley a Termini, in clargyman e basco, «sa dove sono i taxi?». Già allora era considerato un papabile, forse un po’ troppo giovane ma preceduto dalla fama di teologo finissimo, un domenicano allievo di Ratzinger che avrebbe tra l’altro contribuito alla stesura del Catechismo col vecchio professore. Però in Vaticano c’era chi strabuzzava gli occhi: «Schönborn? Ma sul caso Groër non ha difeso l’Istituzione».
I tempi cambiano. «Gli insabbiamenti hanno danneggiato la Chiesa», ripeteva l’altro giorno Benedetto XVI nel colloquio privato con la presidente svizzera. La linea di trasparenza che fu del cardinale Ratzinger è ora quella del Papa e, ovvio, fa testo. Con le dimissioni accolte del tedesco Walter Mixa, accusato di abusi, ha lasciato ieri l’ottavo vescovo in un paio di mesi, eppure le resistenze non mancano. Storia vecchia. Poco più di un mese fa, alla tv austriaca Orf, Schönborn aveva raccontato di come il cardinale Ratzinger, nel ”95, gli si fosse avvicinato con l’aria triste: «L’altra parte ha vinto».
L’altra parte. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, raccontava, avrebbe voluto aprire un’inchiesta su Groër, costretto a lasciare per le accuse di pedofilia che piovevano dai suoi ex seminaristi. Ma fu bloccato. Del resto, a dispetto degli scandali, Groër si dimise da arcivescovo di Vienna ma rimase componente di varie congregazioni vaticane, solo nel ”98 si ritirò in un monastero e morì nel 2003 senza aver mai ammesso nulla. Ed è da un mese che Schönborn – che nel Duomo di Santo Stefano ha dato voce alle vittime dei pedofili – va insistendo sullo stesso punto. Come a voler guidare un «redde rationem» interno alla Chiesa che arriva al più alto livello del collegio cardinalizio: i fautori della trasparenza contro la «vecchia guardia» di chi, pensando di difendere l’istituzione, tendeva a lavare i panni sporchi in famiglia. Qualcuno aveva pensato che il bersaglio fosse Giovanni Paolo II, mai nominato da Schönborn, e allora l’arcivescovo ha via via precisato. «La parte della Curia che voleva l’insabbiamento». E poi: «L’ala diplomatica». A quel punto il profilo era già abbastanza chiaro. Dall’«incontro informale» con i giornalisti austriaci, il 28 aprile, è infine trapelato pure il nome: il cardinale Angelo Sodano, ex segretario di Stato e attuale decano del collegio cardinalizio.
Proprio Sodano, a Pasqua, aveva rivolto un pubblico e inusuale saluto a Benedetto XVI: «E’ con lei il popolo di Dio, che non si lascia impressionare dal chiacchiericcio». Un intervento concordato con la Segreteria di Stato e del quale il Papa era al corrente, peraltro. Seguito l’indomani da una difesa ancora più energica: il paragone tra Benedetto XVI e gli attacchi a Pio XII. Un’uscita che ha provocato l’irritazione delle comunità ebraiche e anche di non poche personalità vaticane. «Un eccesso e un segno di nervosismo», commentava un alto prelato. A torto o a ragione, Sodano è finito nel mirino. E prima di Schönborn, ametà aprile è stata la rivista dei Gesuiti «America magazine» a pubblicare un editoriale che accusava l’ex Segretario di Stato di aver coperto il fondatore pedofilo dei Legionari di Cristo: «C’è un cardinale la cui testa dovrebbe rotolare: Sodano. Le dimissioni sarebbero il miglior modo per ripudiare la sordida maniera con cui padre Maciel fu protetto per tanti anni a Roma».
Gian Guido Vecchi