Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 09/05/2010, 9 maggio 2010
QUEI MISTERI SULLA «GUERRA NON DICHIARATA»
«Fu un atto di guerra non dichiarata, un’operazione di polizia coperta nel nostro Paese», accusa Fortuna Piricò citando le parole di un giudice sulla strage di Ustica; in quella tragedia, il 27 giugno 1980, la signora perse il marito, e ancora aspetta giustizia assieme ai familiari delle altre 80 vittime. Poco prima, dallo stesso palco, Sonia Zanotti, una delle 200 persone ferite nello scoppio alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 che provocò 85 morti, aveva spiegato che la condanna di tre colpevoli (che peraltro continuano a proclamarsi innocenti) non può bastare: «In trent’anni nessuno è riuscito a darmi una risposta alle sofferenze che continuo a subire».
Si rivolge anche a loro, il presidente Napolitano, quando cita gli «intrecci eversivi», gli «intrighi internazionali», le «opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato» e le «inefficienze di apparati deputati all’accertamento della verità» che hanno impedito di fare giustizia sulle stragi di trent’anni fa. Ustica e Bologna, due esplosioni che hanno chiuso il decennio di sangue degli anni Settanta per le quali le risposte giudiziarie sono state del tutto insufficienti, senza arrivare a fare giustizia.
Riferendosi agli «intrighi internazionali» dietro l’abbattimento del Dc9 dell’Itavia durante il volo Bologna-Palermo, e alla necessità di «ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti fra Stati» per arrivare a una «veritiera ricostruzione», il presidente della Repubblica sa bene di che cosa parla. Anche dopo l’assoluzione (prima «per non aver commesso il fatto» e poi «perché il fatto non sussiste») dei generali dell’Aeronautica accusati di alto tradimento per i presunti depistaggi delle indagini, divenute definitive nel gennaio 2007, l’inchiesta sulla strage è rimasta aperta, non ci sono indagati né sono stati fatti passi avanti. Per tentarne uno si attendono le risposte alle rogatorie internazionali avanzate dalla magistratura romana nei confronti degli Stati Uniti, della Francia, della Libia e del Comando della Nato.
l’estremo tentativo di avere qualche informazione sugli aerei in volo nel cielo di Ustica la sera della strage, e di sciogliere gli «intrighi internazionali» citati da Napolitano. Le rogatorie giacciono inevase da mesi, e non è detto che ottengano risposta. Sono l’ultima, flebile possibilità di venire a capo di un mistero che resta anche intorno alle cause del disastro. Archiviato definitivamente il «cedimento strutturale», che pure all’inizio fu dato per certo, le perizie hanno lasciato aperte le ipotesi della bomba, del missile e della «sfiorata collisione» con altri aerei, sebbene l’esplosione a bordo (che dovrebbe essere avvenuta nella toilette del velivolo) venga considerata la più improbabile. All’inizio di quest’anno, che segna il trentesimo anniversario, sono arrivate le rivelazioni di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo: dice che i servizi segreti chiesero a suo padre di mettersi a disposizione perché bisognava coprire la responsabilità di un aereo francese nell’abbattimento del Dc9. Difficile che questo spunto, basato su presunte confidenze di un morto, porti a qualche sviluppo.
Trentasei giorni dopo l’esplosione in cielo arrivò quella nella sala d’attesa di seconda classe alla stazione di Bologna. I processi hanno prodotto tre sentenze definitive di ergastolo per gli allora neofascisti «ragazzini» Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, i quali hanno ammesso le loro responsabilità in molti altri omicidi ma non per questo eccidio. E gli anelli della catena che doveva legarli ai mandanti, agli intermediari e a chi avrebbe procurato il tritolo, si sono spezzati uno dopo l’altro: tutti assolti. Per questo Sonia Zanotti, che all’epoca era una bambina di 11 anni, lamenta la sua insoddisfazione.
Altri processi hanno individuato i depistatori dell’indagine sulla strage del 2 agosto, uomini dei servizi segreti e loro emissari. Ecco perché il capo dello Stato denuncia l’«opacità» da parte di alcuni corpi istituzionali, ed ecco perché cita «ombre e dubbi rimasti che hanno stimolato un nuovo filone d’indagine». quello del terrorismo mediorientale, che però non sembra dare i frutti immaginati forse con troppo entusiasmo dopo le prime rilevazioni. Qualcuno ha perfino ipotizzato un legame tra la strage di Ustica e quella di Bologna, che non ha trovato riscontri giudiziari al pari di altre ricostruzioni alternative. Le vittime e coloro che continuano a interrogarsi sui misteri insoluti, a cominciare dal presidente della Repubblica, aspettano ancora verità e giustizia.
Giovanni Bianconi