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 2010  maggio 10 Lunedì calendario

MA NON SERVE LA CACCIA ALL´UNTORE

La caccia allo speculatore è in cima alle preoccupazioni dei governi. Al summit straordinario dell´Eurogruppo è circolata la lista di nemici impegnati a destabilizzare le nostre economie. Agenzie di rating dalla dubbia reputazione che maltrattano la Grecia o l´Italia. Hedge fund americani e asiatici coalizzati per immense puntate ribassiste contro l´euro.
Più qualche "errore umano" molto sospetto, come quello che giovedì a Wall Street ha scatenato l´impazzimento degli "algos" - gli algoritmi che comandano i programmi informatici e guidano massicce ondate di vendite automatiche da parte dei grandi investitori. I leader riuniti ieri a Bruxelles hanno promesso fuoco e fiamme contro le trame malvagie della grande finanza. Questo conferma la debolezza della risposta europea alla crisi. Quando s´invocano le oscure forze del capitale è un brutto segno. La speculazione esiste, ha mezzi consistenti, sul Wall Street Journal e la Repubblica sono usciti un mese fa i dettagli della «cena segreta» di Wall Street tra i capi dei maggiori hedge fund l´8 febbraio scorso, una riunione sulla quale la magistratura americana e la Sec hanno aperto un´indagine, per capire se ci fu collusione nell´organizzare gli attacchi all´euro. Ma prendersela con la speculazione è come voler rompere il termometro perché ci dice che abbiamo la febbre alta.
Un episodio storico cruciale per capire quel che accade oggi è l´attacco guidato da George Soros nel 1992 contro lira e sterlina: un precedente esemplare, la "prova generale" di quel che l´Eurozona vive nel 2010. Non a caso lo stesso Soros si ritrovava l´8 febbraio di quest´anno nella "cena dei congiurati" a Wall Street. La formidabile offensiva di Soros 18 anni fa contro Londra e Roma fu possibile per l´alto debito pubblico dei due paesi, il disavanzo commerciale per scarsa competitività, l´insostenibilità della loro appartenenza al regime dei cambi quasi-fissi (il Sistema monetario europeo, Sme, antenato della moneta unica). Soros precipitò il crollo della lira e della sterlina, l´uscita di entrambe dallo Sme. Quegli eventi costrinsero l´Italia ad accettare un risanamento dei conti pubblici (governo Amato) che era necessario in sé: eravamo su una china distruttiva, per i comportamenti irresponsabili delle nostre classi dirigenti. Decenni di spesa facile, di finanziarie trasformate in "assalti alla diligenza" del bilancio pubblico, erano la causa vera. Soros ebbe la colpa - o il merito? - di diagnosticare lo squilibrio giunto al punto di rottura. Giocando d´anticipo precipitò i tempi della crisi. Il disastro vero lo avevano preparato altri.
Oggi la situazione non è diversa: dalla corruzione dei passati governi greci, all´ostinazione della Germania nel rifiutare un governo europeo dell´economia, ogni nazione paga il conto degli errori accumulati in molti anni. Il contribuente tedesco ha ragione a sentirsi "spremuto" per sanare errori compiuti da classi dirigenti che lui non ha eletto (i governanti degli Stati mediterranei). Però Angela Merkel dovrebbe ricordare ai suoi connazionali che l´intera Unione pagò il conto della riunificazione tedesca attraverso alti tassi d´interesse per molti anni. Il capitalismo industriale tedesco vide con favore i Pigs nell´euro perché le svalutazioni selvagge della lira e altre monete destabilizzavano il mercato unico, prima area di sbocco per l´export made in Germany.
La speculazione vede contraddizioni, incoerenze, storture del disegno europeo, s´infila nei varchi, si arricchisce su queste che per lei sono opportunità. Nessuno denunciava la speculazione quando era di segno opposto: rafforzava l´euro, consentiva alle banche europee di rimpinguarsi i bilanci con finanziamenti a tasso zero. Le agenzie di rating non venivano processate dai nostri governi quando regalavano alti voti ai titoli del Tesoro greco, nonostante che i conti pubblici di Atene fossero truccati fin dal 2001 con l´aiuto della Goldman Sachs. C´è un´attenzione asimmetrica verso gli speculatori.
Altri sembrano avere imparato che le grida contro i complotti non servono a molto. L´ultima grande crisi che ebbe come epicentro l´Asia, quella del 1997 iniziata in Thailandia, fu l´occasione anche là di proteste contro il complotto della finanza occidentale. Il premier malese Mahathir divenne famoso all´epoca per le sue denunce contro le congiure degli angloamericani. Da allora però l´Asia ne ha tratto una lezione diversa. Oggi le nazioni orientali hanno le finanze pubbliche più in ordine del mondo, i conti con l´estero in attivo, ricche riserve valutarie per consentire alle banche centrali di difendere le rispettive monete. E dietro ci sono economie reali con i «fondamentali» in ordine: a cominciare dalla competitività.
Anche l´America oggi si occupa di speculazione. Barack Obama è deciso a fare pulizia delle patologie di Wall Street. In fatto di misure concrete, la Casa Bianca e il Congresso lavorano più alacremente dei governi europei. La riforma dei mercati, a uno stadio avanzato nell´iter del Senato, vieterà alle banche le attività a più alto rischio. I titoli derivati dovranno essere scambiati su mercati trasparenti e regolati. Limiti saranno imposti ai derivati sulle materie prime, che possono provocare oscillazioni eccessive nei prezzi dell´energia o dei beni alimentari. Sui protagonisti spericolati dell´ultima crisi, come la Goldman Sachs, sono avviate indagini con risvolti civili e penali. In fatto di "dietrologie": l´America non ha intenzione di sfasciare l´euro danneggiando la propria competitività. Per il made in Usa l´euro a quota 1,50 era una benedizione. Inoltre Washington ha il deficit pubblico più alto dalla seconda guerra mondiale - il 10% del Pil Usa - e non ha interesse a vedere la crisi greca allargarsi a cerchi concentrici fino a provocare la sfiducia degli investitori anche verso i Treasury Bonds americani. Di qui i ripetuti interventi di Obama "a gamba tesa" sulla Merkel, ai limiti dell´ingerenza, per convincere la Germania ad agire tempestivamente.
I governi europei verso la speculazione usano un´animosità retorica a cui non seguono finora concrete riforme. Nelle teorie del complotto più in voga in questi giorni c´è molta confusione. Sulle agenzie di rating, per esempio. Il loro ruolo fu nefasto nella crisi finanziaria del 2007-2009. Ingannando gli investitori, le agenzie di rating regalarono voti altissimi - l´ambito "Aaa" - a titoli spazzatura collegati con i mutui subprime. In pieno conflitto d´interessi, le agenzie venivano pagate dalle stesse banche che confezionavano quei prodotti tossici. La credibilità delle agenzie ne è uscita a pezzi. Ma il loro ruolo verso la finanza privata non va confuso con i rating che danno alla solvibilità degli Stati sovrani. Qui è legittimo sospettare che i governi vogliano "riformarle" per garantirsi dei giudici più indulgenti. spuntata la proposta che sia la Bce a fare i rating dei debiti pubblici. Può una banca centrale dare i voti di solvibilità ai governi che nominano i suoi dirigenti? E se poi sarà la stessa Bce a dover comprare Bot greci o spagnoli per aiutare gli Stati in difficoltà, è sano che sia lei a dare anche i rating, o si passa da un conflitto d´interessi all´altro?
Finché l´attenzione dell´opinione pubblica si concentra sulla «caccia all´untore», è un comodo diversivo per governi e banchieri centrali. Inseguire teorie del complotto non aiuta a capire le ragioni profonde di questa crisi. A cominciare da una ultradecennale perdita di competitività di tutte le nazioni mediterranee nei confronti dell´azionista di maggioranza dell´euro, la Germania.