Roberto Bagnoli, Corriere della Sera 09/05/2010, 9 maggio 2010
CONTI PUBBLICI, LA STRETTA SU COMUNI E CONTRATTI STATALI
Mentre i ministri delle Finanze, i banchieri centrali e i capi di governo sono al capezzale dell’euro messo in ginocchio dalla speculazione internazionale, i singoli titolari del Tesoro sono già al lavoro per riempire di contenuti le manovre di aggiustamento annunciate nei giorni scorsi. In Italia si chiama Ruef (la Relazione unificata sull’economia e sulla finanza) e vale per il biennio, secondo quanto ha annunciato il Tesoro, 26,7 miliardi di euro. Anche se non esiste nessun collegamento tra la crisi greca e queste cifre (decise mesi fa) è probabile che i provvedimenti che verranno presi siano destinati ad essere più strutturali. Per usare una metafora che circola al Tesoro, «la cena al ristorante era già fissata, ma un conto è andarci col sole, un altro con la pioggia».
E l’ombrello contro gli scherzi dei Pigs (acronimo dei Paesi al alto debito, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) dovrà essere in grado di dare forti segnali al mercato evitando aggiustamenti contabili. Si allontana così, in Italia, la riforma fiscale e sarà un miracolo se le tasse non verranno alzate anziché ridotte, si profila un blocco del rinnovo dei contratti pubblici sull’onda di quanto già annunciato da Parigi (anche se la Francia ha un deficit doppio del nostro), e su tutto il flusso di spesa verrà esercitato un monitoraggio ferreo. Come quei 16 miliardi annui che il ministero degli Interni trasferisce in automatico ai Comuni e che dovrà passare al setaccio. Così come la gestione degli assegni di invalidità ormai arrivata alla cifra record di 16 miliardi, dei quali 4 si sospetta vadano a persone che non ne hanno diritto.
Nel perimetro dei provvedimenti allo studio del Tesoro ci sarà anche qualcosa che riduca i costi della politica. Magari avrà un impatto relativo sui conti, ma è quello che la gente si aspetta dopo gli scandali della casa dell’ex ministro Claudio Scajola o delle vicende legate alla Protezione civile.
Il ricorso a provvedimenti esemplari sta diventando la parola d’ordine destinata a ridisegnare la qualità degli interventi in politica economica. L’emergenza ha convinto il premier Silvio Berlusconi – in tandem con il presidente francese Nicolas Sarkozy – a rinunciare alla visita a Mosca prevista per oggi. Il premier italiano, nella trasferta belga, è stato tra i leader più attivi nel sostenere la linea interventista e ieri mattina ha anticipato le decisioni della Banca centrale spiegando che la «Bce sosterrà i titoli di Stato che verranno emessi, anche acquistandoli».
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha illustrato nei giorni scorsi la struttura macro della manovra biennale da 26,7 miliardi di euro che dovrebbe essere approvata entro l’estate. Di quella cifra 12,8 miliardi, pari allo 0,8% di Pil, sono destinati a essere usati per ridurre il deficit nel 2011, il resto nel 2012. Sui contenuti di questa manovra di aggiustamento forse è ancora presto per parlarne tuttavia si può anticipare che il rigore tremontiano continuerà ad essere il mantra. Dunque la riforma fiscale con riduzione delle aliquote annunciata nei mesi scorsi da Berlusconi, è destinata, per ora, a finire in un cassetto. Il percorso verso il federalismo vedrà invece una forte accelerazione per i capitoli che portano risparmi come quello del demanio o quello delle verifiche tributarie. Confermate le cifre di stretta sulle spese dei ministeri già decise nella manovra triennale del 2008: 8,4 miliardi di euro nel 2009, 8,9 nel 2010 e 15,6 nel 2012.
Il rinnovo del contratto dei pubblici dipendenti (circa 3,6 milioni di lavoratori) scaduto lo scorso 31 dicembre, secondo i calcoli della Corte dei Conti, dovrebbe "pesare" nel triennio 5,3 miliardi e forse verrà congelato. Del resto ieri il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, concludendo il congresso di Rimini, ha rivelato che, pur opponendosi, non si stupirebbe «se dentro la manovra fossero contenuti tagli agli enti locali, ai salari dei dipendenti pubblici, alla ricerca, scuola e sanità». La partita, d’ora in poi, sarà dunque tutta politica con forti pressioni delle parti sociali. Dentro la maggioranza bisognerà vedere se lo strappo di Fini avrà conseguenze.
Roberto Bagnoli