PATRIZIA FELETIG, Affari & Finanza 10/5/2010, 10 maggio 2010
Fumi e testate atomiche, alla ricerca dell’uranio per l’energia del futuro - Dalle ciminiere al nocciolo di un reattore
Fumi e testate atomiche, alla ricerca dell’uranio per l’energia del futuro - Dalle ciminiere al nocciolo di un reattore. Estrarre uranio dalle ceneri di carbone è la sfida raccolta da una società mineraria canadese che scommette sul rinascimento nucleare e la conseguente impennata di consumo dell’uranio. Del resto l’andamento delle quotazioni del combustibile nucleare è un segnale evidente del rinnovato interesse per l’energia da fissione. Dai 13 dollari al chilo del 2001 è salito cinque anni dopo a 94, per schizzare nel 2007 oltre i 270. poi sceso per effetto della crisi stabilizzandosi intorno ai 100 dollari attuali. La speculazione sul futuro esaurimento dell’uranio è una spinta verso investimenti in tecnologie per recuperare uranio da depositi non convenzionali, come è appunto la tecnologia sviluppata dalla canadese Sparton Resources, in uso in una centrale elettrica a Yunnan in Cina in collaborazione con la China National Nuclear Corporation, l’autorità di controllo sull’energia nucleare. Il procedimento si applica sia alle ceneri volatili emesse nell’atmosfera dalle ciminiere sia a quelle residue sul fondo della caldaia dopo la combustione del carbone. Tracce di uranio sono presenti nel carbone e dopo la combustione, gli elementi fissili nelle ceneri sono concentrati fino a 10 volte i loro livelli originali. Da studi recenti è emerso che nell’ambiente circostante a una centrale a carbone le radiazioni sono addirittura a volte maggiori a quelle di una centrale nucleare. Non a caso Stephen Chu, ministro per l’energia di Obama e premio Nobel per la fisica, è solito ripetere: "Il carbone è il mio incubo". Quest’intervento ha quindi una valenza ambientale rilevante sullo smaltimento di rifiuti pericolosi. Negli Usa, ogni anno si contano 700 milioni di tonnellate di ceneri, la maggior parte depositate presso le centrali elettriche o in discariche. In Cina ammonterebbero a 2,7 miliardi di tonnellate. La società di Toronto sta valutando altri impianti nel resto della Cina, in Sud Africa e in Est Europa. Per estrarre l’uranio, la Sparton aggiunge dell’acqua alle ceneri per formare un impasto nel quale incorpora dell’acido solforico e cloridrico. Questo permette di separare l’uranio che si dissolve dalla massa solida e si trasferisce nella soluzione liquida (procedimento di lisciviazione). Il salto tecnologico è riuscire a estirparne il prezioso elemento: per intrappolare le nanoparticelle radioattive in sospensione ed eliminare i composti organici, la soluzione viene filtrata attraverso uno speciale filtro a carbone attivo a base di corteccia di cocco bruciato. La soluzione filtrata viene quindi passata attraverso piccole perle di resina a scambio ionico che consentono di rimuovere selettivamente gli ioni di uranio. Con il procedimento si arriverebbe a recuperare fino a due terzi dell’uranio racchiuso nelle ceneri. Il residuato della lavorazione può essere riciclato nei cementifici o nell’edilizia. In tre anni, Sparton stima di ricavare 1.000 tonnellate di uranio. Ovviamente la Sparton che non è mossa dalla coscienza ecologica spera in una bolla speculativa sulle disponibilità di uranio sui mercati internazionali. I primi produttori sono l’Australia, che rappresenta oltre un quarto delle riserve mondiali alla pari con il Canada (dove sulla McArthur River c’è la più grande miniera di uranio al mondo), e con una quota di poco inferiore il Kazakhstan che negli ultimi anni ha aumentato del 55% l’estrazione e dove le prospezioni geologiche indicano formidabili potenzialità del sottosuolo. Altri giacimenti importanti si trovano in Russia, Namibia, Niger, Uzbeskistan e Stati Uniti. Altri ancora poco sfruttati sono stati individuati in Sudafrica, Brasile e Mongolia. In Lombardia fu scoperta negli anni ”50 una piccola miniera di uranio mai sfruttata. L’uranio, pur essendo un metallo piuttosto comune, presente sia nelle rocce che nell’acqua di mare (persino in misura infinitesimale nel corpo umano) ha un prezzo funzione della correlazione tra la domanda e il costo di estrazione. Gli esperti ci tengono a sottolineare che l’uranio non è prossimo ad esaurirsi: si parla di 30 anni, ma la stima semmai si riferisce ai 5,5 milioni di tonnellate dalle riserve oggi accertate ed economicamente estraibili al costo di 130 dollari al chilo. Se si alza il costo di estrazione a 200, la disponibilità passa a 35 milioni di tonnellate. Secondo l’ESAEuratom, le riserve di uranio sarebbero sufficienti per rifornire per 100 anni i consumi del doppio delle centrali oggi in esercizio. A moltiplicare la disponibilità delle risorse di uranio intervengono in parte gli sviluppi tecnologici nel funzionamento dei reattori: aumenta l’efficienza di utilizzo del combustibile (+ 20%) già in quelli di III° generazione. Eppure si cercano vie alternative all’esplorazione mineraria considerato che entro il 2020 si collegheranno in rete almeno 200 nuove centrali nucleari. Si cerca di aumentare la produzione di uranio naturale con fonti non convenzionali. Oltre a quelle di cui si parlava ci sono il riciclo ulteriore del combustibile e l’estrazione dal mare, che stanno sperimentando Giappone e India applicando il meccanismo dello scambio ionico selettivo: si impiegano delle strisce di plastica ricoperte di resina per lo scambio ionico, intrecciate per indurirle con supporti di polistirolo. Queste sono fissate in gabbie metalliche ancorate in un punto di forte corrente marina. Dopo un paio di mesi, le strisce sono rimosse e imbevute nell’acido per rimuovere il composto radioattivo ottenendo un precipitato di ossido di uranio. La Cina, incalzata dall’obiettivo di installare entro il 2020 40 GW di energia nucleare, sta sperimentano procedimenti ancora più complessi per strizzare materiale fissile dalle scorie delle miniere di oro e rame o dall’acido fosforico utilizzato nella produzione di fertilizzanti. Nukem, società tedescoamericana per il riprocessamento del combustibile esausto, quello già irraggiato nei reattori, progetta di estrarre uranio attraverso la "fertilizzazione" di miniere in Florida.