Alberto D’Argenio, la Repubblica 8/4/2010, 8 aprile 2010
A SOSTEGNO DEI PAESI A RISCHIO I 70 MILIARDI ANTICATASTROFI RAFFORZATO IL PATTO DI STABILIT. SI TEME IL CONTAGIO PER LISBONA
BRUXELLES - "Dobbiamo salvare la vita all’euro, dimostrare ai mercati che è irreversibile e che non ci metteranno in ginocchio ". Con questa missione i leader dei sedici paesi di Eurolandia sono rimasti blindati nel palazzo del consiglio europeo di Bruxelles per più di otto ore. Il vertice più drammatico della storia dell’euro, quello chiamato a salvarlo. Con lo spettro di un attacco concentrico che dopo la Grecia già lunedì - ragionavano i leader - potrebbe colpire, insieme, Portogallo e Spagna, innescando l’incubo di un effetto domino che metterebbe in ginocchio la moneta unica. Con Lisbona, il bersaglio più fragile, che a breve potrebbe presentare una cura da cavallo in stile greco per mettere al riparo i suoi conti e presentarsi con le carte in regola per un salvataggio con soldi europei. I capi di Stato e di governo sono giunti a Bruxelles con due ore di anticipo sul programma e hanno confezionato in fretta e furia il pacchetto di salvataggio della Grecia: 110 miliardi di euro in tre anni. Poi hanno guardato a lunedì, il giorno in cui i mercati potrebbero scagliare l’attacco letale. I leader hanno puntato su "un meccanismo di stabilizzazione " permanente in grado di surgelare i mercati, di evitare il contagio intervenendo tempestivamente in caso di nuovi rischi di bancarotta pubblica. Insomma, per non trovarsi più di fronte ad un altro caso Grecia nel quale i dubbi di Berlino sul suo salvataggio hanno quadruplicato i costi dell’operazione. A quel punto è stato tirato in ballo il presidente dell Bce, Jean Claude Trichet: dovrà essere l’Eurotower ad attivarsi comprando i titoli dei paesi a rischio default con una garanzia economica dei governi. Ma per non mettere a repentaglio l’indipendenza della Bce, i leader si sono limitati ad accogliere "gli interventi" dell’istituto con sede a Francoforte. Sarà Trichet, insieme al board dei governatori centrali, a muoversi autonomamente. Ma non basta: i leader hanno poi attivato l’articolo 122 del Trattato Ue. Quello scritto per fronteggiare il fondo previsto per le catastrofi naturali come terremoti o inondazioni. Il che rende l’idea della portata della crisi. Sono 65-70 miliardi di euro che Bruxelles potrà usare per salvare i governi a rischio. Una misura che affiancherà gli interventi della Bce. Queste le decisioni immediate, da prendere prima della riapertura dei mercati di lunedì sperando di evitare il crollo. Tanto che domani pomeriggio a Bruxelles voleranno i ministri delle Finanze che dovranno concretizzare e rendere attivi i due meccanismi. Poi si pensa al futuro, agli interventi di medio termine, come la revisione delle agenzie di rating, il rafforzamento delle governance economica in seno all’Eurogruppo, ovvero un più stretto coordinamento e controllo delle politiche economico- finanziarie dei governi. E poi l’accelerazione dell’abbattimento di deficit e debito pubblico. Quei piani di rientro di due o tre anni che erano stati concordati tra le capitali fuori dai parametri di Maastricht - come Roma, Parigi e Berlini - dovranno essere accelerati. Di quanto sarà deciso nelle prossime settimane E infine un irrigidimento del Patto di stabilità per sanzionare e sorvegliare più rigidamente i paesi indisciplinati. E anche per rendere vincolanti le politiche che aumentino la competitività delle capitali. Misure drastiche che i leader hanno preso solo ieri, quando, racconta un diplomatico presente alle riunioni, "finalmente hanno capito che eravamo di fronte alla fine di tutto ". A testimonianza del dramma emotivo che si è consumato nella stanza dei bottoni alcuni partecipanti hanno svelato i retroscena degli ultimi giorni. Una sfuriata del presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ad Angela Merkel per convincerla ad agire, subito. E intanto - raccontano i suoi collaboratori - il commissario europeo alle Finanze, il finlandese Olli Rehn, che si aggirava "disperato" per le riunioni di Bruxelles.