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 2010  maggio 09 Domenica calendario

LA SINISTRA, L’ASSESSORE, LA CULTURA


Conosco abbastanza Bologna e l’Emilia-Romagna, considerate le zone più ”rosse” d’Italia, e vi ho visto in passato le forti ambiguità nella condotta politica del Pci. Prima della caduta dei muri, chiamavo quella parte di mondo una via di mezzo tra Cecoslovacchia e Svizzera - la prima per la pesantezza del controllo sociale e culturale che il Pci vi esercitava e la seconda per i modelli dominanti della ricchezza e della gestione sociale (dello sviluppo) che vi si proponevano, e per la sostanziale stabilità che ne conseguiva. Non mi pareva che questi modelli avessero molto di diverso da quelli di altre parti del Nord e del Centro, ma mi pareva che, al positivo, vi fosse un ceto di amministratori pubblici di livello superiore al resto del paese.
Oggi alcune cose sembra che non siano cambiate per niente, se si leggono o ascoltano, che so, i dirigenti delle Coop o dell’Arci, che parlano tale e quale come parlavano venti, trent’anni fa, che sembrano non i figli ma i cloni dei loro genitori. Non sono migliori di loro, anche se dicono le stesse formule, ma sono molto più preparati di loro a mimetizzarsi nel nuovo ordine. accaduto infatti che lì come altrove - e forse non poteva essere altrimenti anche se ce ne sorprendiamo di più - la grande mutazione degli ultimi decenni ha inciso in
profondità sia sul popolo che sulla dirigenza che esso ha espresso o che ha lo guidato e influenzato, è accaduto che la diversità, pur con tutti i suoi limiti, è scomparsa. E per capirlo basta pensare alle brutte storie dei sindaci del capoluogo, da prima di Cofferati fino alla degenerazione. Eppure qualche scampolo di diversità, e dunque di speranza, rimaneva.
Uno dei pochi e degli ultimi è stato abbattuto, per me, da un notizia recente: l’assessore alla cultura della regione Alberto Ronchi, che consideravo il migliore tra quelli di cui, per un verso o per l’altro mi era capitato di imbattermi indirettamente (non ci ho mai parlato, gli
ho solo stretto la mano una o due volte in festival o convegni) non è stato riconfermato, e ciò che resta del Grande Partito gli ha preferito un giovane ”in quota” di Sinistra e Libertà - a riprova che anche quel gruppo è sottoposto agli stessi rischi e alle stesse logiche degli altri, e che dunque merita di essere sì apprezzato e sostenuto, ma con il beneficio del dubbio.
Ronchi infatti viene dai Verdi, e i Verdi, per loro miseria non hanno più molto potere da nessuna parte; e inoltre, nell’attribuzione delle cariche pubbliche regionali, secondo i nuovi
’manuali Cencelli” contano anche le origini comunali. Francamente, le dichiarazioni del nuovo assessore S&L non lasciano sperare in nulla di buono, ma probabilmente andrà d’accordo con l’ex-assessore alla cultura di Bologna, prima del commissariamento, che non sembrava avere molti meriti oltre a quello di essere vedova di un tenore di fama mondiale. Insieme e con tanti assessori alla cultura provinciali e comunali della stessa stoffa, ce ne faranno vedere delle simili, secondo il modello dominante in tutt’Italia della cultura intesa come intrattenimento e tempo libero, come motore economico, come procacciatrice di consenso, come calmiere di tensioni giovanili. E cioè - l’ho detto altre volte - come miele e colla invece che come sale.
Ma c’è un paradosso che nel caso Ronchi va evidenziato. Avendo Ronchi ben meritato, essendo stato apprezzato il suo operato dalla stragrande maggioranza di chi fa cultura in Emilia-Romagna, alla notizia che l’ufficialità di sinistra lo avrebbe silurato c’è stata una sollevazione generale, in appelli e firme e riunioni, che ha coinvolto un mucchio di insegnanti, bibliotecari, teatranti, cinematografari, fumettisti, scrittori, editori, iniziative locali e centri culturali e sociali, giovani, associazioni di immigrati, credenti, non credenti, ”comunisti” e non, che potevano tradursi in voti sicuri, quei voti di cui proprio in Emilia-Romagna, di fronte all’offensiva leghista e della destra, la sinistra avrebbe oggi un estremo bisogno.
Di nuova cultura, di nuovi soggetti della politica! Ma no, la politica della sinistra è ridotta a
quella cosa che guarda alle spartizioni e se ne frega ormai perfino del consenso. La sua voluttà suicida la conosciamo, ma questo tipo di masochismo sembra superare ogni più comica o più cupa immaginazione. Con Ronchi ci sarebbe stato da litigare su molte cose, ma avendo di fronte un amministratore che aveva ragionato sul senso della parola cultura in questi tempi e luoghi e che sapeva interloquire con gli artisti e gli operatori.
Avanti così, cara sinistra! In attesa di vedere sventolare anche in Piazza Maggiore i vessilli della Grande Lega e della sua cultura.