ANTHONY GIDDENS, la Repubblica 8/5/2010, 8 maggio 2010
LA FINE DEL NEW LABOUR
L´era dell´egemonia del New Labour è finita. Come valutarne l´eredità? In questi giorni ci sarà la tendenza a screditare il bilancio dei tredici anni al potere del partito laburista.
Per alcuni, i suoi critici da sinistra, è stato una delusione sul piano del rispetto dei diritti civili, degli ideali genuinamente socialdemocratici, della lotta all´ineguaglianza, oltre che per esseri imbarcato nella calamità della guerra in Iraq. Per altri, i suoi critici da destra, è stato un disastro sul piano economico e sociale. Personalmente, condivido alcune delle critiche, ma credo che vi siano anche buone ragioni per difendere ciò che il New Labour ha fatto. Un modo realistico di giudicarlo è confrontarlo con quanto ottenuto dai partiti progressisti in altri paesi più o meno nello stesso periodo, come Bill Clinton e il partito democratico in America, i socialisti di Lionel Jospin in Francia, la Spd di Schroeder in Germania.
Innanzitutto, il Labour è riuscito a rimanere al potere più a lungo di tutti questi partiti, in effetti più a lungo di qualsiasi altro partito di centro-sinistra in tempi recenti, inclusi quelli scandinavi. I cambiamenti ideologici associati con l´adozione del termine "New Labour" sono stati una ragione di tale successo: non si è trattato di una vuota etichetta, usata per coprire un vuoto ideologico, bensì di un mutamento innovativo, con conseguenze pratiche. I valori tradizionali della sinistra, la solidarietà, la riduzione delle ineguaglianze, la protezione dei più vulnerabili, insieme alla convinzione che il governo e lo Stato debbano svolgere un ruolo attivo in tutto questo, sono rimasti intatti. Ma i programmi per perseguire simili obiettivi sono cambiati radicalmente, riflettendo i radicali cambiamenti avvenuti nella società occidentale post-industriale, quali la globalizzazione economica, l´era informatica, l´avvento di Internet, per citarne alcuni.
L´era dell´intervento keynesiano dello Stato nella gestione dell´economia si era conclusa. Una diversa relazione tra governo e business era diventata necessaria, riconoscendo il ruolo chiave dell´impresa nella creazione di ricchezza e i limiti del potere statale. Se a ciò si aggiunge la riduzione della classe operaia, che una volta era il bastione del sostegno laburista, era chiaro che per conquistare il potere occorreva raggiungere un più ampio bacino di consensi, compresi quelli che in passato il Labour non aveva mai conquistato.
Così la prosperità economica è diventata la precondizione di un´efficace politica sociale, in grado di generare risorse per investimenti pubblici senza fare ricorso ad aumenti delle tasse. La prudenza fiscale ha potuto permettere al New Labour di aumentare la spesa per il welfare e i livelli di giustizi sociale, due campi in cui aveva ricevuto un lascito disastroso dagli anni della Thatcher. Complessivamente l´ineguaglianza economica non è stata significativamente ridotta negli anni del New Labour, ma è stato contenuto, e la posizione dei poveri è sostanzialmente migliorata. Il Regno Unito ha goduto dieci anni di ininterrotta crescita economica, che non si può liquidare semplicemente come una bolla speculativa basata su proprietà immobiliari e credito.
Altri significativi successi includono la devolution dei poteri autonomi regionali in Scozia e in Galles, la pace in Irlanda del Nord, la legge sul partneriato civile per le coppie gay. Sempre sul piano sociale, il New Labour è stato capace di non concedere all´opposizione di appropriarsi dei suoi tradizionali cavalli di battaglia: ha saputo invece rappresentare i bisogni e le preoccupazioni della popolazione in materia di sicurezza, crimine, immigrazione. Anche in politica estera non si possono dimenticare le iniziative prese contro regimi illiberali e autoritari, come gli interventi militari in Bosnia, Kosovo e Sierra Leone. Se soltanto Blair si fosse fermato lì! Niente ha corroso la sua immagine più della decisione di unirsi a Bush nell´invasione dell´Iraq, offrendo come ragione per la guerra il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein, poi risultata un´accusa falsa.
Ci sono stati altri errori. L´eccesso di "spin", di manipolazione del messaggio mediatico, ha dato la fuorviante impressione che il New Labour fosse più forma che sostanza. Blair, inoltre, non è riuscito a mantenere l´impegno a una maggiore integrazione della Gran Bretagna in Europa. Alcune delle sue strette relazioni con alleati europei, in particolare con Silvio Berlusconi, sono apparse a dir poco stravaganti. E´ stato sbagliato trasformare il Regno Unito in una sorta di paradiso fiscale. E l´idea che il Labour non trovasse nulla da obiettare al fatto che la gente diventasse «schifosamente ricca», come disse uno dei suoi alti esponenti, ha aiutato a creare una cultura di irresponsabilità finanziaria.
Ma il New Labour non è stato una continuazione del Thatcherismo sotto diverse spoglie, come sostiene qualcuno. Ha avuto una sincera determinazione ad aumentare la giustizia sociale. Ora, che rimanga in qualche modo al potere o meno, il partito necessita un ripensamento fondamentale e ha bisogno di creare una nuova politica. Si può dire che il New Labour è morto perché ha assolto il suo compito ed è ora di abbandonare quel termine. La sfida del futuro mantenere la flessibilità e creatività del mercato, ma usare tali qualità verso obiettivi a lungo termine socialmente apprezzabili, riducendo il predominio del settore finanziario e tornando, in campo internazionale, a un multilateralismo di cui il presidente Obama ha fatto per primo la sua bandiera.