Marco Lillo e Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 8/5/2010;, 8 maggio 2010
GLI AFFARI MIRACOLOSI DI ”MONSIGNOR CRICCA”
Monsignor Franco Camaldo non è solo l’alto prelato che incontrava Diego Anemone, come avrebbe raccontato ai pm Hidri Fati l’autista tunisino dell’im - prenditore agli arresti per corruzione. anche il beneficiario di un pagamento anomalo per 280 o 380 mila euro (a seconda delle versioni offerte al pm) da parte di Angelo Balducci. Monsignor Camaldo, cerimoniere del Papa e protagonista della vita mondana capitolina, ha un legame molto stretto con il sistema Anemone-Balducci almeno dal 2006. In quel periodo alcune conversazioni del prelato con entrambi gli arrestati dell’inchiesta sui Grandi eventi erano state intercettate da Henry John Woodcock. Il pm di Potenza indagava su uno strano affare immobiliare che coinvolgeva massoni internazionali, servizi segreti e che si concluse con un versamento proveniente da un conto di Balducci presso lo Ior (che oggi attira l’atten - zione degli investigatori). Secondo il pm di Potenza questa storia ”assume connotazioni ancora più misteriose per il coinvolgimento e il ruolo di intermediario - per la verità non ben definito - assunto da un noto prelato, monsignor Francesco Camaldo”. Il pm potentino, pur non ravvisando reati inviò le carte a Roma e ora la Procura di Perugia le ha acquisite e le sta studiando attentamente. Woodcock si era imbattuto in monsignor Camaldo intercettando un faccendiere con importanti legami nei servizi italiani e americani: Massimo Pizza, fratello di Giuseppe, sottosegretario del Governo Berlusconi. Tra le presunte truffe di Massimo Pizza, c’era l’acquisto di villa Loren: 50 stanze con piscina hollywoodiana sulla collina di Marino, vicino a Roma dove nel 1964 L i fe immor talò l’abbraccio tra l’anziano produttore Carlo Ponti e la giovanissima diva. Woodcock, ascoltando per mesi le telefonate di monsignore Camaldo (con Pizza ma anche con politici, massoni, reali e alti prelati, fino al massimo vertice della Chiesa) scoprì che Angelo Balducci, Gentiluomo di Sua Santità, aveva pagato senza battere ciglio 380 mila euro per coprire i debiti insorti per l’acquisizione della villa (poi saltata) da parte degli amici di Camaldo. A rendere ancora più oscuro l’affare c’era la destinazione della villa: l’acquisto era finalizzato a farne la sede prestigiosa di una nuova loggia della massoneria. Anche il fondatore della loggia era un personaggio da film: Giacomo Maria Ugolini, il decano degli ambasciatori italiani (deceduto durante le indagini) così descritto da uno degli indagati di Woodcock: ”Ugolini era un signore che a casa sua, aveva, a sinistra, il tempio della chiesa e a destra il tempio massonico”. Secondo le testimonianze dei faccendieri che si erano occupati di questo affare, Ugolini, massone importante di San Marino, aveva costituito una fondazione a Nizza e intendeva coinvolgere personaggi di altissimo livello delle forze armate. Quando l’affare salta e monsignor Camaldo è costretto a coprire l’ammanco entra in campo Angelo Balducci con due assegni e una valanga di contante. Il pm non vede chiaro e convoca Camaldo due volte. Gli interrogatori del cerimoniere del Papa sono drammatici e contraddittori. A quel punto il pm di Potenza convoca Angelo Balducci. Il funzionario dei lavori pubblici legato al Vaticano entra in fibrillazione, vuole saperne di più e immediatamente mette in pista Diego Anemone. Il 24 febbraio, 4 giorni prima dell’audizione Anemone chiama Camaldo. Il tono è davvero intimo: ”senti Franchì, ho sentito il capo (Balducci Ndr), lui è andato fuori con Bertolaso, mi ha detto di chiamarti e mettermi a disposizione perchè sta preoccupato di una determinata situazione. Dice: ”Chiama Franco, vedetevi un attimo, perchè... lui torna domani, che comunque ti voleva vedere, per vederti dice domani pomer iggio’”. Quando si trova di fronte Woodcock, Angelo Balducci racconta così quel pagamento: ”erano 280 mila euro e non 380 mila. Conosco monsignor Camaldo dal 1988, quando lui era il Segretario del cardinale Poletti e io nella funzione allora di Provveditore alle Opere Pubbliche di Roma, avevo un rapporto con il Vicariato. Essendo io, tra l’altro, un gentiluomo del Papa. Nella fattispecie, in relazione anche ad un rapporto personale, familiare che si è creato in questi anni ... lui mi ha parlato in maniera molto preoccupata di dover risolvere un problema che lo angustiava moltissimo. .. E quando lui mi ha detto: ”Guar - da, ho bisogno di questa cifra e ti assicuro che con questa io risolvo un problema che umana mente per me significa il senso di una vita”... e così Balducci tirò fuori 280 mila euro. Balducci nella sua testimonianza precisa anche ”non conosco Ugolini né Pizza né nessuno dei nomi che lei mi ha fatto e non so nulla della loggia massonica né della villa”. Woodcock è scettico: ”a me sembrava fossero 380 mila comunque 280 mila euro sono tanti, perdoni il mio scettici smo. Ma come glieli ha dati? Due assegni da 50 mila ciascuno ”dai miei conti, uno alla Bnl e uno alla Banca delle Marche”. E gli altri?. Balducci replica: ”Sa io ho il conto alla Banca del Vaticano e lì ci sono delle procedure particolari, abbiamo fatto 180 mila euro di mo vimentazione da un conto all’altro davanti a me” Ora i pm perugini si stanno interessando proprio alle modalità di quel vecchio pagamento. Da un lato perché alla Banca delle Marche c’era anche il conto di Anemone. E dall’altro perché il conto allo IOR, dichiarato dallo stesso Balducci a Woodcock, ancora non è stato avvistato dai pm di Perugia. E, se mai si riuscirà a bucare l’immu - nità e il segreto che lo avvolgono, chissà che proprio dallo Ior e dalle finanze vaticane non debba arrivare la svolta più clamorosa di questa inchiesta nelle tante transazioni messe nel mirino, è un filone tutto da esplorare. Marco Lillo e Antonio Massari • QUEGLI ASSEGNI CON ROTTA BOLZANO - U n filone d’indagine porta dritto a Bolzano. Alla ricerca di una verità su due assegni. Il primo valeva 350mila euro e fu versato il 25 novembre 2003. Il secondo valeva 1,1 milioni di euro e fu versato il 22 dicembre. Entrambi li portò il "solito" architetto: Angelo Zampolini. A un’immobiliarista di Merano, Peter Paul Pohl, che in quell’occasione conobbe Diego Anemone. Ed è proprio Pohl a confermare ciò che Il Fatto Quotidiano ha rivelato, una settimana fa, sulla compravendita di alcuni appartamenti tra via e piazza della Pigna a Roma. Le attenzioni della procura perugina continuano a rivolgersi alle operazioni immobiliari della cricca: due sere fa la Finanza ha sequestrato una serie di rogiti presso lo studio del notaio Gianluca Napoleone - l’uomo a cui tra gli altri si rivolgevano Scajola, Lunardi e Balducci. "Anemone l’ho incontrato soltanto una volta", fa sapere Pohl attraverso il suo avvocato Michael Gruner, che spiega: "Il dottor Pohl ha incontrato il signor Anemone solamente in occasione della firma del contratto di acquisto. Non l’ha visto e non ha avuto contatti con lui né prima, né dopo, dal momento che il disbrigo della pratica è avvenuto tramite l’agenzia di Roma". Su questi fatti Pohl, che non risulta indagato, è stato ascoltato sia dal Nucleo speciale della Guardia di Finanza, nel 2008, sia dalla procura di Perugia. L’affare immobiliare ruota ancora una volta intorno ad Angelo Balducci e Diego Anemone. Da tempo, ormai, la procura perugina sta mettendo a fuoco il ruolo dell’architetto Angelo Zampolini, indagato per riciclaggio. Parliamo dell’uomo che consegnò 900 mila euro, in 80 assegni circolari, per la casa con vista sul Colosseo acquistata dall´ex ministro Claudio Scajola. Soldi che secondo l’accusa provenivano Anemone che, però, ha sempre negato. Zampolini spunta nuovamente nella vicenda che riguarda Pohl. Pochi giorni fa Il Fatto Quotidiano ha scoperto che in via della Pigna, a pochi isolati dal Pantheon, Anemone e i due Balducci - Lorenzo e suo figlio Filippo - si occupano della compravendita di un intero palazzo del XV secolo. Un palazzo costituito da 8 immobili, in una zona dove, la maggioranza delle abitazioni, appartiene al Vaticano. Nella compravendita, l’acquiren - te è la società Icr Immobiliare, il venditore è invece la Immobilpigna, i cui documenti sono stati acquisti, dalla procura di Perugia, negli uffici delle società Stube e Fidear. E la Stube e la Fidear sono state definite, dall´accusa, società fiduciarie riconducibili proprio ad Anemone: avrebbero "schermato" le operazioni dell’imprendito - re . E Pohl adesso fa sapere: "Il 25 novembre del 2003", spiga il suo avvocato, "una società venditrice, il cui legale è il dottor Pohl, ha stipulato un preliminare con l’archi - tetto Angelo Zampolini come acquirente (per sé o per una persona fisica o giuridica da individuare) per alcuni immobili a Roma in piazza della Pigna, pagando una caparra di 350mila euro con un assegno. Un successivo pagamento di 1 milione e 100mila euro venne effettuato, il 22 dicembre, sempre a mezzo assegno. Il contratto con il notaio venne stipulato successivamente, l’8 aprile 2004, con la Immobilpigna srl, il cui legale rappresentante era Diego Anemone". Pohl si dice completamente estraneo ai fatti. E le sue dichiarazioni - che si riferiscono non all’in - tero palazzo, ma ad alcuni appartamenti acquistati dalla Immobilpigna - confermano un primo passaggio: la vendita alla Immobilpigna. Con un dettaglio in più: questa volta Zampolini non si presenta soltanto per versare degli assegni ma, come dice Pohl, direttamente per acquistare. Almeno in un primo momento, quello della caparra da 350 mila euro, versata per stipulare il preliminare di vendita, stando alla versione sostenuta da Pohl, che però non sa dire se Zampolini abbia acquistato "per sé", oppure per "una persona da identificare". Sei mesi dopo, però, il contratto stipulato viene stipulato con la Immobilpigna legata, come dice lo stesso Pohl, proprio ad Anemone. Sembra solo il primo passaggio di un grosso affare, visto che di lì a poco, la stessa Immobilpigna, venderà un intero palazzo del XV secolo alla Icr immobiliare. M. L. e A. M.