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 2010  maggio 08 Sabato calendario

ASSEDIO A GOLDMAN SACHS «MA IO NON MI DIMETTO»

«No Evelyn, ti deludo, non ho in programma di dimettermi lunedì». Lloyd Blankfein risponde senza astio all’ attacco di Evelyn Davis, appena intervenuta all’ assemblea della Goldman Sachs per chiedere la testa del suo capo e dichiarare tutta la sua nostalgia per la gestione precedente: «Se alla guida della nostra banca ci fosse ancora Hank Paulson, oggi non saremmo in mezzo a tutti questi guai». Quella della Davis è una voce isolata e il capo di Goldman appare rinfrancato. Dopo i giorni difficilissimi dell’ incriminazione da parte della Sec, la Consob americana, e del «processo» politico e mediatico subito davanti a una commissione del Congresso di Washington, Blankfein supera senza danni la scadenza del confronto con gli azionisti, anche se ora lo aspetta la battaglia più dura: risolvere le pendenze civili, e ormai anche penali, che condizionano la banca e danneggiano la sua immagine. Dal giorno della formalizzazione del procedimento della Sec, la banca ha perso 20 miliardi di dollari di capitalizzazione, circa un quinto del suo valore. un’ emorragia che deve finire, altrimenti il vertice della banca rischia davvero di essere spazzato via. Su questo fronte giovedì gli avvocati della Goldman si sono fatti avanti con l’ Authority della Borsa: una mossa che spinge gli analisti a ipotizzare che l’ istituto si accinga ad abbandonare la sua posizione rigida e stia pensando ad un patteggiamento. Ieri mattina Blankfein era arrivato al meeting annuale dell’ istituto nella sua nuova sede a Manhattan come un leader in bilico. Il Wall Street Journal raccontava che i suoi dipendenti già discutevano di come sarebbe stato il loro futuro senza di lui, mentre molti si attendevano aspre contestazioni, dentro e fuori la sala dell’ assemblea. In effetti il clima non è stato quello festoso degli anni precedenti, quando Goldman celebrava profitti e successi crescenti. Ma alla fine davanti alla sede c’ erano più poliziotti che contestatori, poche decine, civilmente intenti a sventolare cartelli nei quali si chiede più trasparenza. Anche in assemblea i contestatori non hanno avuto grande spazio: nei giorni scorsi era stato ipotizzato un ritorno di Paulson a fianco di Blankfein, come presidente «di garanzia». Un ritorno al quale lo stesso Paulson ha fatto sapere di non essere interessato, ma che non è nemmeno stato discusso, visto che l’ assemblea ha subito bocciato, con una maggioranza dell’ 80 per cento, l’ ipotesi di separare la carica di presidente da quella di amministratore delegato (oggi cumulate da Blankfein). Subito dopo l’ attuale vertice della banca è stato riconfermato col 95% dei voti. Tutte le proposte dei dissidenti sono state bocciate a larga maggioranza. Per un giorno Blankfein si è ritrovato a giocare in casa, è stato applaudito da gran parte dei presenti quando un socio ha elogiato la sua gestione e si è perfino permesso il lusso di rimbrottare un supporter troppo focoso che si è detto disgustato dagli attacchi portati alla Goldman dalla sinistra liberal e dalla Chiesa e ha menzionato lo scandalo della pedofilia: «Usando questi argomenti lei non ci aiuta di certo». E ha dichiarato di accogliere l’ invito del reverendo Jesse Jackson a essere un po’ meno uomo di Wall Street e un po’ più attento ai bisogni di Main Street, l’ America della gente comune che vive e lavora. Sarà questa, probabilmente, la chiave della correzione di rotta di Goldman. A chi gli ha chiesto se la società va verso un patteggiamento con la Sec, Blankfein ha risposto: «no comment». In realtà sembra che gli avvocati del gruppo spingano in questa direzione, ma ci sono due problemi. La recente apertura di un procedimento penale a fianco a quello civile promosso dalla Sec complica tutto, vista la difficoltà di condurre una procedura concorsuale su due binari. E poi, mentre la Sec vuole un riconoscimento di colpa, la banca cerca di cavarsela con una sanzione pecuniaria che non comporti un esplicito giudizio di condanna. Goldman continua a dirsi convinta di non aver commesso alcun reato, di non aver raggirato i suoi clienti, ma al tempo stesso Blankfein ha annunciato l’ avvio di una profonda riflessione destinata a sfociare in una revisione di molti comportamenti. Un modo di ammettere che alcune scelte fatte in passato non verranno più ripetute: non perché fossero illegali, ma perché (solo ora) l’ istituto si rende conto che sono percepite dall’ opinione pubblica come contrarie agli interessi del Paese.
Massimo Gaggi