ARMANDO ZENI, La Stampa 7/5/2010, pagina 27, 7 maggio 2010
LA RETE A BANDA LARGA? FACCIAMOLA INSIEME
«Siamo sulla strada giusta della ripresa», ripete commentando i dati della trimestrale che fotografano la sua Telecom Italia con un utile in buona crescita, l’Ebitda stabilizzato, il debito in calo. E pazienza se i numeri migliori degli ultimi due anni - che adesso spiegano perché in assemblea, una settimana fa, contraddicendo lo stile low profile, gli avevano fatto dire che «Telecom è pronta ad allungare il passo» - arrivano proprio nel giorno nero di Piazza Affari contagiata dalla paura dell’effetto Grecia: «Reazione esagerata e ingiustificata», si ribella Franco Bernabè che vede, dice, «una situazione italiana solida, molto più solida di tanti altri Paesi e, in questo ambito, una Telecom Italia ancora più robusta e solida».
Certo, servono nervi saldi. Ma guai a drammatizzare, a perdere di vista dove si era, dove si è e soprattutto dove si vuole arrivare. Non lo dice, Franco Bernabè, dov’era Telecom Italia due anni e mezzo fa quando è tornato al vertice della società da amministratore delegato. Ma lo si capisce: in mezzo al guado, con poche certezze di recupero e il sospetto diffuso d’essere preda prima o poi di Telefonica. Non è successo. E due anni e mezzo dopo il peggio sembra alle spalle, tant’è che, capitomboli di Borsa permettendo, Bernabè ammette di sentirsi più tranquillo spiegando che i risultati cominciano a vedersi e che la reputazione di Telecom sta migliorando: «Ci siamo rimboccati le maniche - spiega - e abbiamo fatto le cose giuste».
Siamo pronti ad allungare il passo, ha detto in assemblea, per far cosa, dottor Bernabè, per andare dove?
«La nostra sfida è trasformarci da società che opera nel mondo delle telecomunicazioni a società del mondo della rete. In futuro non avremo più a che fare con concorrenti come gli attuali che offrono servizi, con Deutsche Telekom, con France Télécom per dirne un paio, ma con i Google, gli Apple, con i colossi della rete. Per questo dobbiamo cambiare pelle, modo di fare, per questo dobbiamo essere più flessibili e ci siamo impegnati ad alleggerire il gruppo, a semplificarlo, anche con qualche sacrificio».
Sacrifici duri, posti di lavoro in meno che i sindacati hanno denunciato: tagli in cambio di bonus e dividendi, hanno detto.
«Per liberalizzare il mercato, per fare spazio alla concorrenza, i regolatori ci hanno costretto a ridurre la nostra quota di mercato: questo ha portato enormi vantaggi ai consumatori che hanno visto scendere i prezzi del servizio. Ma è chiaro che, se offro condizioni vantaggiose, devo recuperarle a livello di costi. Purtroppo, il rilancio passa anche attraverso ristrutturazioni che noi abbiamo fatto e continueremo a fare in modo socialmente responsabile, negoziando sempre e tutto con il sindacato».
Ha accennato al recupero di reputazione, nonostante la vicenda Sparkle, estranea - è vero - alla sua gestione, ma la domanda che interessa adesso è: può garantire che non si ripetano casi simili?
«Posso garantire che in Telecom Italia, a livello di governance, sono stati messi in atto processi di controllo e di sanzioni adeguati a impedire che ci siano anomalie, processi adeguati alla complessità dell’azienda».
Il crollo della Borsa dimostra quanto possa pesare il rischio Grecia su Paesi con elevati livello di debito pubblico. Telecom ha un debito in calo ma ancora alto: non è preoccupato da una possibile evoluzione negativa dei mercati?
«Noi abbiamo abbassato con regolarità il nostro debito senza grandi operazioni straordinarie, che del resto non potevamo mettere in campo, ma con una sana gestione ordinaria. Per il futuro non sono preoccupato anche perché Telecom Italia mantiene una liquidità sufficiente a ripagare nei prossimi 24 mesi ogni scadenza del debito. Possiamo permetterci di stare fuori dal mercato fino a tutto il 2012 senza la minima preoccupazione».
Lei ha detto che una Telecom senza rete non ha futuro e ha annunciato nei prossimi tre anni investimenti per 7 miliardi nella rete. I concorrenti scalpitano, Vodafone, Fastweb, Wind, sono pronti a investire 2,5 miliardi nella fibra. Tutti contro tutti e ognuno per sé: questo lo scenario?
«L’Italia ha bisogno nel lungo periodo di una rete di nuova generazione che, se guardiamo a chi l’ha già realizzata - il Giappone - costa moltissimo, oltre 20 miliardi. E’ ragionevole sostenere un simile investimento in un breve periodo? Ovvio che no. Però ci si deve attrezzare. Noi abbiamo programmato 6,5 miliardi di investimenti aggiuntivi solo in fibra fino al 2016, leggo che i concorrenti hanno un progetto da 2,5 miliardi per la fibra nelle principali città. Benvenuti. Attenzione però, la loro non è la nuova rete, è un pezzo, e non si può lasciare senza rete nemmeno una parte del Paese. Comunque, Telecom è pronta a trovare soluzioni comuni, purché non impediscano la concorrenza».
C’è chi vorrebbe imbarcare nell’impresa investitori istituzionali, altri chiamano in causa la Cassa Depositi e Prestiti...
«Mi pare che le priorità del Tesoro e del governo sulla Cassa siano diverse, ma se c’è una disponibilità, ben venga».
D’accordo, ma intanto il tempo corre e di passi in avanti se ne vedono pochi.
«Vogliamo cominciare?».
Magari...
«Faccio una proposta concreta: Telecom Italia è pronta, in coordinamento con l’Authority, a studiare lo switch off della rete in rame a Milano in vista dell’Expo 2015. Anziché polemizzare su cifre e problemi teorici, cominciamo a eliminare a Milano la vecchia rete in rame sostituendola con la nuova in fibra. Noi siamo disponibili a fare tutto ciò che è necessario. Serve l’accordo di tutti, costruire il quadro regolatorio, definire ogni tipologia di infrastruttura, ma se il progetto funziona potremo ripeterlo altrove. E’ un passo in avanti?».
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