Filippo Facci, Libero 6/5/2010, 6 maggio 2010
I PERSEGUITATI DEL VOLANTE
Poi, però, non devono avventurarsi in complicate indagini sociologiche sul voto di astensione e sulla perenne incazzatura del celebre cittadino. Sono certe leggi e leggine approvate o annunciate a carico degli automobilisti, per esempio, a pesare sul cittadino medesimo e a farlo incazzare assai più di altre notizie che riempiono le prime pagine di questi giorni. Perché milioni di italiani, inscatolati nelle loro auto, ci vivono. Ci lavorano. Spesso ci campano. Da immaginarsi le loro reazioni anche protratte nel tempo, quindi, dopo questa micidiale sequenza: 1) Annuncio di una patente differenziata per gli autisti delle auto blu, ai quali non verranno tolti i punti in caso di infrazioni: 2) Sono stati giudicati legittimi i famigerati impianti semaforici T-red quelli col giallo che dura pochi secondi secondi e sono in arrivo multe per 60 milioni di euro; 3) Niente 150 all’ora in alcuni tratti autostradali, come pure era stato annunciato; 4) Non è ancora tramontata la sciocchezza di non poter neppure fumare una sigaretta nella propria auto, mentre il casco per i ciclisti sarà obbligatorio solo per i minori di 14 anni.
Retromarcia
Cominciamo dalla patente speciale per auto blu, quella che resiste al taglio dei punti: l’emendamento è stato ritirato in extremis, insomma non se ne farà niente, ma quanti lo sanno? La notizia si è affacciata per quel tanto che è bastato a imbestialire un po’ tutti, e molti probabilmente seguiteranno a credere che questa norma classicamente vergognosa entrerà in vigore. Davide Giacalone, su Libero di martedì, ha già detto tutto: nel paese del record mondiale delle auto blu (Italia 627mila, Regno Unito 55mila, Germania 54mila, Francia 51mila) pare che a lavorare sulle quattro ruote siano solo i politici perennemente di fretta, e non anche milioni di trasportatori, agenti di commercio, rappresentanti, camionisti eccetera. Rinnovati complimenti al senatore Cosimo Gallo (Pdl) che aveva ideato l’emendamento, ora ritirato ma pronto a rientrare dalla finestra: la commissione Lavoro di Montecitorio dovrà presto discutere una nuova legge che appunto disciplina «la professione di autista di rappresentanza». Chi vivrà vedrà.
Ed eccoci al T-red della discordia, la diavoleria semaforocomputer-telecamera che fotografa la targa dello sconsiderato che passi col rosso. Non sono servite a niente le inchieste veronesi e milanesi sull’omologazione fraudolenta di questo apparecchio, e tantomeno la lagnanze per quei gialli semaforici che duravano tre secondi e obbligavano a frenate che causavano gli incidenti anziché prevenirli. Gli automobilisti, nel caso, potranno seguitare ad affidarsi alla lotteria del giudice di pace: sarà lui a stabilire se la taratura semaforica del T-red di turno sia qualcosa di serio o soltanto una macchina mangiasoldi: le inchieste milanesi hanno calcolato che, solo innalzando da un decimo a mezzo secondo il tempo di latenza tra il giallo e il rosso, il 60 per cento delle multe non sarebbero state rilevate. L’arretrato di 60 milioni di euro in ammende, congelato, dalle inchieste, ora ripartirà per i destinatari.
Il discorso sui limiti di velocità autostradali, poi, riporta a polemiche mai sopite: anche perché essere cauti e rispettare le regole non sempre è sufficiente. Chiunque possegga un’auto vive ormai nel terrore, essendo ormai diventato la gallina dalle uova d’oro delle amministrazioni grandi e piccole di tutto Paese: in 23 città italiane la somma delle multe supera persino il valore delle imposte, e questo senza contare le entrate di Polizia Stradale e Carabinieri e Guardia di Finanza. Da qui una crescente passione delle amministrazioni per ogni sistema di rilevamento elettronico: piccoli comuni che imboscano autovelox in tratte dove il limite è di 50 all’ora, cartelli che di converso annunciano rilevamenti elettronici che non ci sono mai stati, telecamere poste sopra a semafori solitari in mezzo alla campagna. Di fronte a qualche scandaluccio, ora, pare che si siano finalmente messi d’accordo: visto che lo Stato accusava i comuni di voler soltanto spillare soldi ai cittadini di passaggio, ora, perlomeno, l’ente che gestisce la strada e il singolo comune si divideranno i soldi fruttati dagli autovelox-trappola. Questo ha deciso, nei giorni scorsi, la Commissione lavori pubblici del Senato. In autostrada, invece, la proposta leghista di poter guidare sino a 150 all’ora rimarrà sicuramente lettera morta: l’emendamento a suo tempo presentato è divenuto un ordine del giorno che necessiterebbe, per passare, dell’assenso di tutti i partiti: esattamente come la norma dell’Italia dei Valori che pretendeva di vietare il fumo in tutte le auto.
Brama di denaro
Il tutto, va da sé, in nome della sicurezza, questo santino dietro il quale si cela un’autentica brama di denaro. Passa quindi in secondo piano che un terzo degli incidenti, in Italia, resta dovuto alle condizioni delle strade; e così pure che, a partire dal 2006, le infrazioni per eccesso di velocità sono semplicemente aumentate. Lo sono opinione di chi scrive anche perché i limiti di velocità italiani restano perlopiù assurdi soprattutto nelle statali e nelle provinciali: ci sono auto-
strade che non meriterebbero un limite superiore a 100 e altre in cui si potrebbe tranquillamente andare a 180. In Germania ci sono delle tratte dove non esistono limiti di velocità, e dove tuttavia il tasso di mortalità è inferiore al nostro (dati Irtad) mentre Spagna e Portogallo hanno limiti più bassi dei nostri ma con il triplo dei morti. Questo senza contare che molti guidatori non credono neppure che gli autovelox siano effettivamente in funzione (ciò ha rilevato l’Asaps) giacché il Paese ridonda di cartelli che paventano un «controllo elettronico della velocità» che spesso non è mai esistito, e il cui fantasma è però considerato un utile deterrente: lo Stato ci fa da madre e racconta bugie per il nostro bene, sinché, classico, non gli crediamo più. Ogni volta che appare il cartello dell’autovelox la scena è la stessa: uno rallenta, l’altro accelera, c’è, non c’è: siamo all’indovinello di Stato.