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 2010  maggio 06 Giovedì calendario

BOMBER CHE BUSINESS


Il calcio è fatto di episodi. Se a Bobo Vieri non avessero sifonato due milioni e mezzo in una truffa immobiliare, forse oggi Paolo Maldini non sarebbe indagato per corruzione e, nientemeno, spionaggio. I due sono soci. Insieme hanno fondato Sweet Years, il marchio di abbigliamento con il cuoricino rosso esportato fino in Cina. Qualche anno fa un tale Bruno Bartoli da Siena aveva convinto Vieri e una seleção di imprenditori in surplus di liquidi a consegnargli i sudati risparmi. Perché lui, il Bartoli, si diceva capace di pilotare le aste della fallimentare a Roma e prometteva ritorni annuali pari a dieci volte la somma investita. Per convincere le prede, Bartoli ha simulato di essere un magistrato fiorentino, il capitano Ultimo e, in un crescendo trionfale, Sua Eminenza Camillo Ruini. Bobo ha ceduto alla lusinga come quella sera in cui un finto posteggiatore gli aveva chiesto le chiavi del Cayenne davanti all’hotel Diana di Milano e se l’era svignata. Totale: 130 mila euro di Suv più 2 milioni e mezzo persi con il falso cardinale.

Così, quando a Maldini è stato proposto un affare immobiliare in Toscana, l’ex capitano del Milan si è ricordato delle disavventure dell’amico e ha chiesto informazioni approfondite sul promotore. Peccato che gli accertamenti siano stati condotti con un’intrusione illegale nei sistemi dell’Agenzia delle Entrate. A parere dei magistrati, Maldini avrebbe riservato al suo aspirante socio un trattamento simile a quello subito dallo stesso Vieri ai tempi dell’Inter su ordine del presidente nerazzurro Massimo Moratti, che Bobo ha citato in giudizio. Spionaggio o eccesso di prudenza? Il confine è labile. Di sicuro, i divi degli stadi hanno vita dura a proteggere il loro patrimonio e a farlo fruttare in vista del ritiro dalle scene. I calciatori di livello internazionale hanno ormai il rango di piccola industria. I loro volti sono marchi globalizzati e i loro conti in banca sono fiumi in piena. I primi tre nella classifica dei guadagni 2009 (Leo Messi, David Beckham e Cristiano Ronaldo) hanno incassato oltre 30 milioni di euro. E l’effetto-campione dura ormai ben oltre la fine della carriera agonistica.

Non molti anni fa il centrattacco in pensione si accontentava di aprire un’agenzia assicurativa, una boutique con la moglie dietro il banco o, al massimo, una concessionaria d’auto. Sono passate ere geologiche. I campioni di oggi, ritirati da poco o a fine carriera, sono gli imprenditori di domani. Le loro scelte di investimento possono essere sorprendenti. Cristiano Lucarelli ha fondato un quotidiano, il "Corriere di Livorno", e ci ha rimesso. Rino Gattuso ha un’azienda ittica in Calabria e una pescheria a Gallarate. Andrea Pirlo è figlio di imprenditori siderurgici bresciani e industriale del ferro a sua volta. L’altro campione del mondo Andrea Barzagli ha acquistato un pezzo di Bioera, cosmetici quotati in Borsa. Altri hanno comprato società finanziarie. E c’è chi scommette sulla ricerca. Pochi mesi fa Francesco Totti è diventato azionista del Campus Bio-Medico, l’università privata romana costruita sui terreni di Trigoria donati da Alberto Sordi e non molto distanti dal centro sportivo dell’As Roma. Il Pupone si trova in società con la crema del sistema bancario nazionale e una lista di Vip politicamente assortita come il senatore Pdl Giampiero Cantoni, il banchiere Corrado Passera, i costruttori fratelli Toti e Luisa Todini, l’avvocato di area Opus Dei Vittorio Caporale e l’onorevole-rampollo Matteo Colaninno del Pd. Nel frattempo, il cannoniere giallorosso insiste con la sua attività principale che è lo sfruttamento dei diritti di immagine. Della sua, ovviamente, diffusa in modo ossessivo negli spot della televisione. A gestire i guadagni è la Numberten, controllata dal capitano romanista con il fratello-procuratore Riccardo. Con la moglie Ilary Blasi, il giocatore ha lanciato la linea Never without you, un marchio definito nel sito Web "Young Sporty Fashion fieramente ancorato alle sue radici italiane".

Sulle orme di Totti, Vieri e Maldini, l’idea che un calciatore possa far vendere vestiti diversi dal completo sociale di pantaloncini e maglietta è stata ripresa da Alessandro Del Piero. Lo juventino ha creato la Cashus insieme allo stilista torinese Fabrizio Danna per distribuire i jeans del marchio Jaggy. Il resto delle sue risorse, cioè diversi milioni di euro, è impegnato in immobili e terreni divisi fra Torino e la zona d’origine dell’attaccante, nella campagna trevigiana fra San Vendemiano e Conegliano Veneto.

Un altro vecchio cavallo di battaglia del calciatore vicino ad appendere le scarpe al chiodo è la ristorazione. Ma le cifre degli ingaggi hanno stravolto le dimensioni dell’attività. Dove una volta c’era la trattoria con il proprietario pronto a raccontare l’ennesima versione di una partita epica, ora ci sono le catene in franchising come quella di Fabio Cannavaro. Il capitano della Nazionale ha cominciato nel 1999, quando giocava nel Parma di Calisto Tanzi. Un po’ per la vicinanza con il re dell’alimentare non ancora in bancarotta, un po’ per nostalgia dell’abbinata pizza e mandolino, il difensore napoletano ha fondato Rosso Pomodoro. Poi ha venduto le sue quote ed è ripartito con l’attuale gruppo Regina Margherita. La holding di Cannavaro ha 11 ristoranti gestiti assieme a Massimiliano e Carmine Iorio. Quattro sono a Napoli, due a Salerno, uno a Caserta, Bologna, Torino, Genova e l’undicesimo a Miami Beach, dove il calcio non è precisamente lo sport più in voga. La scelta di comprare soltanto in location di livello, dalla Riviera di Chiaia a Napoli a via Santo Stefano a Bologna, ha procurato qualche impiccio al giocatore, come quando la Soprintendenza alle Belle Arti ha bocciato l’investimento di 120 mila euro in dehors, le verandine per mangiare all’aperto giudicate troppo invasive. Anche se non raggiungerà le dimensioni della Parmalat, Cannavaro è un industriale caseario in proprio con La Fattoria Gaia, che produce mozzarelle di bufala aversana per circa 5 milioni di euro all’anno.

Il quieto invecchiamento del nostro parco giocatori fa sì che alcuni di loro non solo esercitino tuttora l’attività agonistica ma siano destinati a vestire la maglia azzurra ai prossimi Mondiali in Sudafrica. Se dovessero essere travolti da un’insolita eliminazione al primo turno, potranno andare all’immeritato riposo in spiaggia. Il commissario tecnico Marcello Lippi farà lo stesso. I bagni-discoteca Twiga a Marina di Pietrasanta sono suoi, in partnership con Flavio Briatore, riabilitato alla Formula uno, Paolo Brosio, corrispondente da Medjugorje, e Daniela Santanchè, neo-sottosegretario all’Attuazione del programma. Una squadra fortissima.