varie, 7 maggio 2010
LE ELEZIONI INGLESI 2010
Giovedì 6 maggio in Gran Bretagna si è votato per il rinnovo della Camera dei Comuni, il solo ramo del Parlamento eletto a suffragio universale e legato da rapporto fiduciario con il governo. L’altro ramo, la Camera dei Lord, è composta da 689 membri (di cui 92 ereditari, 545 a vita, 27 giudici dell’Alta Corte e 25 Vescovi) ed è sprovvista del potere di conferire la fiducia al governo.
I seggi in ballo in questa elezione sono 650, per ottenere il controllo di Westminster il vincitore deve conquistarne 326.
Il partito che otterrà la maggioranza assoluta dei seggi avrà il compito di formare il governo. Se in parlamento non ci sarà una maggioranza assoluta (hung parliament, parlamento impiccato) c’è la possibilità di formare un governo di coalizione o un esecutivo di minoranza che ottenga di volta in volta i voti per approvare le leggi (vedi sotto) (Francesca Paci, La Stampa 30/4; Il Sole 24 Ore 3/5).
In Gran Bretagna è in vigore un sistema elettorale maggioritario uninominale puro (unico caso in Europa). La formula elettorale è la cosiddetta «first past the post» per cui è sufficiente la maggioranza semplice dei voti nel singolo collegio uninominale. Si vota in un unico turno. Ogni seggio assegnato rappresenta una circoscrizione: 529 spettano all’Inghilterra, 59 alla Scozia, 40 al Galles, 18 all’Irlanda del Nord.
In realtà la ripartizione fra voti ottenuti e seggi conquistati non è proporzionale e può giungere al paradosso di consegnare la maggioranza parlamentare a un partito uscito sconfitto dalle urne in termini di percentuale nazionale dei suffragi. Esempio i Lib-Dem nel 2005 hanno ottenuto il 10% dei voti ma li hanno tradotti nel 5% dei seggi (Francesca Paci, La Stampa 30/4; Internazionale 6/5).
Le elezioni si tengono ogni 5 anni, ma possono essere anticipate in qualsiasi momento se il governo lo decide (in questo caso, il governo laburista di Brown ha terminato naturalmente la sua legislatura). Il diritto di voto spetta ai cittadini britannici che abbiano compiuto i 18 anni, compresi quelli degli Stati membri del Commonwealth e della Repubblica d’Irlanda con residenza nel Regno Unito. Secondo l’Electoral Commission si tratta di 48,9 milioni di persone che devono però prima iscriversi nel registro elettorale. Per queste votazioni gli iscritti sono stati 44 milioni 260.051. L’affluenza nel 2005 fu del 61,4% (Enrico Franceschini, la Repubblica 5/5; Corriere della Sera 6/5).
In Gran Bretagna i partiti registrati sono 398, ma non tutti si sono presentati a queste elezioni. Ecco chi lo ha fatto: il Labour Party, i Tory, i Libdem, gli indipendentisti dell’Ukip, i Verdi, il Democratic Unionist Party, la destra xenofoba del British National Party, il partito nazionale scozzese SNP, il partito gallese Plaid Cymru, gli unionisti irlandesi Ulster Unionist e i cattolici dello Sinn Fein, il Social Democratic and Labour Party, il partito musulmano Respect (Francesca Paci, La Stampa 30/4; Internazionale 6/5).
Nel Regno Unito storicamente si vota di giovedì perché il giorno prima della busta paga settimanale la tentazione d’andarsi a ubriacare al pub è minore. Sembra che l’unica eccezione sia stata nelle elezioni di martedì 27 ottobre 1931 (Francesca Paci, La Stampa 30/4).
L’ultima volta che il Regno Unito si trovò con un hung parliament, un parlamento senza maggioranza assoluta, fu nel 1974, quando Edward Heath, premier conservatore uscente, tentò di creare un governo, ma dopo tre giorni di insuccessi si dimise. Il rivale Wilson formò una maggioranza e il suo governo durò cinque mesi.
Nell’eventualità di uno hung Parliament il premier mantiene l’incarico ad interim fino alla formazione del nuovo esecutivo: non solo, se il partito al governo ritiene di avere la possibilità di dar vita ad un esecutivo (di minoranza o coalizione) avrebbe il diritto al primo tentativo, sottoponendosi poi al voto di fiducia del Queen’s Speech (il dibattito di presentazione del programma del nuovo governo); gli altri partiti non potrebbero cercare a loro volta di formare un esecutivo fino a quando il premier uscente non avrà rassegnato le dimissioni.
Infatti il leader del partito uscito dalle urne con la maggioranza relativa non è automaticamente incaricato di formare l’esecutivo: piuttosto, è il partito ritenuto maggiormente in grado di ottenere la fiducia del Parlamento a ricevere l’incarico. Quale sia questo partito è frutto di consultazioni tra le diverse formazioni, al termine delle quali il Primo ministro uscente consiglia la Regina in merito a chi affidare l’incarico.
Il test dell’effettiva fiducia avviene dopo qualche settimana, nel Queen’s Speech: se l’esecutivo venisse bocciato, si procederebbe a nuove elezioni se e solo se non vi fosse l’effettiva possibilità per un altro leader di formare un nuovo governo.
Nell’attuale situazione ciò significa che Gordon Brown manterrà la carica ad interim fino alla formazione del nuovo governo, e - se dovesse arrivare ad un accordo con i Liberal-Democratici e altri partiti minori - avrà inoltre la possibilità di varare un nuovo governo, nonostante la maggioranza relativa dei Conservatori di David Cameron; in caso contrario, spetterà a Cameron provare a governare, o in minoranza o in coalizione. Se l’esecutivo, qualunque sia, venisse bocciato nel Queen’s Speech si cercherà o una soluzione alternativa con un nuovo leader - e quindi una nuova fiducia - o, se l’alternativa non fosse praticabile, si andrà alle elezioni immediate. (Il Sole 24 Ore 6/5; Corriere.it 7/5)
Il ruolo dell Regina:
Oggi il Sovrano ha essenzialmente un ruolo cerimoniale, continua però ad esercitare tre diritti essenziali: il diritto ad essere consultato, il diritto di consigliare e il diritto di mettere in guardia. Il Primo Ministro tiene incontri settimanali confidenziali con il monarca.
In termini formali, la Corona in Parlamento indica il Sovrano mentre in termini pratici il capo politico del Regno Unito è il Primo Ministro.
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Risultati elezioni 2010
I Tory di David Cameron diventano il primo partito della Gran Bretagna, ma non ottengono la maggioranza assoluta del Parlamento. Con 35 seggi ancora da assegnare, falliscono l’obiettivo di raggiungere i 326 deputati necessari. Dopo lo scrutinio effettuato in 637 circoscrizioni su un totale di 650:
Partito conservatore: 301 seggi
Labour: 255
liberal-democratici: 55
Nella prima conferenza stampa post-elettorale Cameron ha detto: «Abbiamo avuto 2 milioni di voti in più dei laburisti. Abbiamo avuto un aumento di seggi superiore a quelli della Tatcher nel ”79 ma non abbiamo la maggioranza assoluta. La Gran Bretagna non ha più bisogno di litigi, dobbiamo risolvere i problemi. Inizieremo i negoziati con gli altri partiti, un opzione potrebbe essere quella di dare delle rassicurazioni in determinati ambiti per avere un governo di maggioranza. Però sto pensando anche ad altre possibilità: anche quella di un governo di minoranza. Vorrei aprirmi ai lib-dem. Ma non dobbiamo dare ulteriori poteri all’Ue e la difesa del Paese va mantenuta forte. Però in entrambi i programmi ci sono dei punti possibili d’intesa».
Gordon Brown è invece comparso brevemente in tv per dire che il Paese, in una congiuntura così difficile, ha bisogno di un governo «stabile». Successivamente ha spiegato che serve una riforma del sistema elettorale e spetta «al popolo britannico approvarla o meno con un referendum». «Se i negoziati tra David Cameron e Nick Clegg dovessero fallire, mi renderò subito disponibile a discutere con il leader dei Lib-Dem per cercare un punto d’intesa» (corriere.it 7/5)
Ultime elezioni del 2005: il Labour Party ottenne il 35,2% dei voti (355 seggi), i Tory il 32,4% (198 seggi), i Libdem il 22% (62 seggi) e tutti gli altri 10,4% (54 seggi).
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Negli ultimi due anni i sondaggi sulle intenzioni di voto degli inglesi collocavano i Tory nettamente in testa, con un divario arrivato fino a 15 punti tra Cameron e Brown. Poi, grazie alle buona gestione della crisi da parte del governo il divario è sceso: a marzo i sondaggi davano due soli punti di differenza tra i due partiti (36% Tory, 34% Labour). I Lib-dem erano dati sotto la 18%. Con la firma del Budget, ovvero della finanziaria inglese, il 24 marzo scorso, il Labour è tornato a perdere consensi (Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore 6/5).
La campagna elettorale è stata segnata da tre dibattiti televisivi tra i candidati dei tre partiti principali: David Cameron per i Tory, Gordon Brown, primo ministro uscente, per il Labour e Nick Clegg per i Liberaldemocratici. Trasmessi dalla rete privata Itv, i confronti hanno avuto la durata di 90 minuti ciascuno, i candidati si sono trovati in piedi uno accanto all’altro a rispondere a domande del pubblico in sala e a controbattersi a vicenda. la prima volta che nella storia della politica britannica che si ha un dibattito televisivo tra i candidati premier. In passato non si è mai fatto perché si riteneva fosse sufficiente il dibattito settimanale in parlamento, teletrasmesso in diretta, tra il premier e i leader dell’opposizione. In totale gli spettatori che hanno seguito i dibattiti sono stati di circa 23 milioni. (Enrico Franceschini, la Repubblica 16/5; 23/5; 30/5; Bernardo Valli, la Repubblica 6/5).
Il 16 aprile, nel primo dei tre confronti, a sorpresa Clegg è apparso al pubblico britannico come il più convincente, ottenendo il 61% dei gradimenti. La tradizionale corsa a due si è trasformata così in una corsa a tre e nel paese si è aperto una discussione politica sulla riforma del sistema elettorale per introdurre il proporzionale (come auspicato dai Libdem). I sondaggi del giorno dopo davano addirittura i LibDem in testa, con il 33% dei voti, un balzo di 13 punti percentuali in quattro giorni, davanti ai Tory con il 32 e al Labour con il 26.
Il 23 aprile il secondo dibattito tv che ha registrato un maggiore gradimento per Cameron e l’apertura di Brown a Clegg per creare un governo di coalizione.
Poi Brown si sarebbe giocato le ultime chance con una gaffe captata il 28 aprile dal microfono di Sky acceso sulla sua giacca: incontrata una sua elettrice di Rochdale, la 66enne pensionata Gillian Duffy, dopo averne ascoltato le lamentele per l’esigua pensione e contro gli immigrati («brava gente ma sono troppi») l’ha liquidata dandole della «fanatica e scocciatrice». A poco sarebbero servite le successive scuse.
Il 30 aprile l’ultimo confronto tv tra i tre sfidanti, con Brown che ha cercato di recuperare dopo la gaffe («Sarò poco telegenico e non molto carismatico, faccio le gaffe ma m’intendo di economia e l’ho dimostrato, prima con un boom durato un decennio, poi con le misure giuste per uscire dalla crisi»), e i sondaggi che davano Cameron in vantaggio su Clegg e sul primo ministro uscente. (Enrico Franceschini, la Repubblica 16/4; 23/4; 30/4; Fabio Cavalera, Corriere della Sera 30/4;).
Un analisi dell’elettore fluttuante in queste elezioni del 2010: « stato identificato in una nuova entità socio-economica: Motorway Man, l’uomo dell’autostrada. Lui/lei vive in una delle aree residenziali costruite negli ultimi cinque anni lungo le autostrade, perché è un tecnico o un junior manager che viaggia per ore, mangia e naviga in rete nei caffè delle aree di servizio e sogna di possedere una casa più grande - e magari mandare i figli a una scuola privata diventando senior manager. L’ultima volta ha votato per Blair, ma ora non pensa più che i conservatori, e soprattutto Dave Cameron, siano estranei rispetto alla sua realtà e alle sue aspirazioni, mentre è preoccupato che la sua casa ora valga meno del mutuo» (Rivchrad Newbury, La Stampa 7/5).
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David Cameron
Londra (Gran Bretagna) 9 ottobre 1966. Politico. Da fine 2005 leader dei conservatori (Tory). Figlio di un ricco broker della City, Ian Donald, e di Samantha, figlia di un baronetto, ha studiato prima a Eton e poi a Oxford, dove s’è laureato a pieni voti in Filosofia, Politica ed Economia. entrato nel partito conservatore a 25 anni, è stato il consigliere principale per l’opt out, il ”chiamarsi fuori” da Maastricht nel ”92, poi diresse la Carlton TV e alla fine nel 2001 entrò nella Camera dei Comuni. stato capo dello staff di Howard e ha steso il manifesto elettorale Tory del 2005, anno in cui è stato eletto leader del partito. Ha trasformato i Tories promuovendo temi alieni ai conservatori come l’ambiente, i diritti degli omosessuali, la tutela del servizio nazionale, pur mantenendo princìpi chiave come il rifiuto dello statalismo e la tutela della famiglia. Va in Parlamento in bicicletta e si fa fotografare spesso in maniche di camicia. Sposato con Samantha, nel febbraio 2009 perse Ivan, il figlio disabile di sette anni. Suscitò clamore quando, sempre nel 2005, durante un programma tv, alla domanda «Ha mai preso droghe pesanti, tipo eroina o cocaina?», rispose: «Come tanti, all’università ho avuto i miei eccessi. Ma non ho intenzione di rispondere a questa domanda. Anche gli uomini politici hanno diritto a una vita privata».
Gordon Brown
Glasgow (Gran Bretagna) 20 febbraio 1951. Politico. Dal 1983 parlamentare laburista, dal 1997 al 2007 cancelliere dello Scacchiere (equivalente al ministero del Tesoro e delle Finanze), è subentrato nel 2007 al dimissionario Tony Blair come leader del partito laburista e primo ministro. Negli anni Ottanta, insieme a Blair e Peter Mandelson, aveva creato il ”New Labour” per rilanciare un partito in difficoltà, vincitore grazie a loro delle elezioni del 2007. Dopo un dottorato in storia e una brillante carriera accademica, Brown ha seguito il curriculum del laburista doc. stato il cancelliere dello Scacchiere più longevo degli ultimi due secoli’ neppure Lloyd George e Gladstone resistettero dieci anni consecutivi alla guida dell’Economia britannica’ e il premier più disastroso: mai nessuno aveva portato il suo partito sotto il 30%. Riservato, spesso nervoso e intimidito davanti alle telecamere, è figlio di un pastore della Chiesa presbiteriana scozzese. Appassionato sportivo, a 16 anni ha perso in una partita di rugby l’occhio sinistro. Sposato con Sarah, ex pierre a capo del progetto per rendere più presentabile il marito e perciò detta «Signora Goebbels».
Nick Clegg
Chalfont St Giles (Gran Bretagna) 7 gennaio 1967. Politico. Leader dei Liberaldemocratici dal 2007. Ha studiato antropologia e archeologia, ha fatto esperienza giornalistica al The Nation e al Financial Times, è stato anche istruttore di sci in Austria e stagista a Bruxelles. Nel 1999 è stato eletto deputato liberaldemocratico all’Europarlamento. Europeista convinto, è sostenitore dell’ingresso della Gran Bretagna nell’euro. Altra sua battaglia è la riforma del sistema politico britannico verso un sistema proporzionale più rappresentativo.
Figlio d’un banchiere russo, parla olandese, francese, spagnolo, tedesco. Sposato con l’avvocatessa spagnola Miriam González Durántez, ha tre figli. Clegg è anche il primo importante leader britannico a dichiararsi ateo (in Gran Bretagna il premier interviene nella scelta dei vescovi anglicani).