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 2010  maggio 06 Giovedì calendario

LAVORO DURISSIMO, STIPENDI BUONI. E LA PAURA DI UN INCIDENTE COME QUELLO DEL GOLFO DEL MESSICO. COS SI VIVE NEGLI IMPIANTI IN MEZZO AL MARE

Ravenna. «Il momento più bello della giornata? il dopocena. Adesso c´è luce fino a tardi e io allora vado sulla pedana di atterraggio dell´elicottero, nel punto più alto della piattaforma. Faccio una passeggiata, facendo finta di essere nella strada sotto casa mia. In pratica giro intorno a me stesso, faccio un girotondo, ma l´aria è buona, il mare ha un odore buono…». Carlo D., 35 anni, dieci dei quali su una piattaforma, è uno di quegli uomini di cui ci si accorge solo quando succedono le disgrazie. Si spezza la piattaforma che estrae petrolio davanti alla Louisiana e si scopre che anche nel nostro Adriatico ci sono le piattaforme che estraggono il metano che arriva nelle cucine e nelle caldaie di casa nostra. «La cosa brutta - dice Carlo D. - è che questi disastri mettono paura alle nostre famiglie. Mia moglie mi manda messaggini per sapere se tutto è a posto, racconta che i figli sono preoccupati. Anch´io all´inizio avevo dentro una certa preoccupazione. Da una piattaforma in mezzo al mare non puoi certo scappare a piedi. Ma dopo dieci anni mi sento al sicuro. Con il mestiere che faccio, sempre in mezzo al metano o al petrolio, per trovare la terra sotto i piedi dovrei andare in Iran o in Iraq. Non credo siano più sicuri della nostra casa di ferro sulle onde».
Carlo D. è al bar Sport di Porto Corsini. appena sceso da una piattaforma dell´Eni. Tornerà in mare fra dodici giorni. «Lo sa che sulla piattaforma abbiamo anche il cameriere? E si mette in divisa, camicia bianca e pantaloni scuri, anche per servirci la colazione. Caffè o cappuccino, su un tavolo buffet con miele, marmellate, biscotti. La nostra giornata comincia così». Si chiamano Garibaldi A, Garibaldi B, Garibaldi C e poi Barbara A, Barbara B…, Cervia, Giovanna, Luna… le piattaforme davanti a Ravenna. «Non posso dire dove lavoro, dovrei chiedere l´autorizzazione all´Eni. Ma oramai le ho fatte tutte, le piattaforme. E in tutte, quando inizi il turno, la musica è la stessa: sai che per quindici giorni dovrai restare lì e lavorare 12 ore al giorno, dalle sette del mattino alle sette di sera. All´inizio ti senti in galera, ma poi pensi al privilegio di lavorare in un posto dove ti servono a tavola, ti pagano bene e dopo 15 giornate di lavoro sei a casa per 13 giorni. Per capire cosa sia il nostro mestiere, basta dire che appena si sa di un posto libero, la notizia si diffonde più veloce del vento».
Si arriva con piccoli rimorchiatori, quando il mare è buono. «Noi saliamo le scale di ferro e i bagagli vengono messi in quella che chiamiamo la gabbia, che è un elevatore. Se il mare è grosso si viaggia in elicottero. Già al primo viaggio capisci che con la sicurezza non si può scherzare. Il pilota atterra solo se le luci di allarme che segnalano la presenza di incendi o una fuga di gas sono spente. A riceverci ci sono i compagni dell´altra squadra, quella in partenza, e uno di loro indossa la tuta ignifuga». Una punta di angoscia resta sempre. Il 25 novembre 1990 un elicottero Sa 330 Puma che portava i tecnici su una piattaforma precipitò nel mare ravennate: morirono dieci lavoratori dell´Agip e tre membri dell´equipaggio.
«Da allora quel tipo di elicottero non è più stato usato. Il turno inizia come se andassimo in vacanza. Si va in stanza, come quando si arriva in una pensione. Camerette (con bagno) tre metri per tre, con due letti a castello, una scrivania e una sola seggiola perché per due non c´è posto. Quando è possibile si sta uno per stanza, così c´è più privacy, ma succede raramente. Altrimenti si cerca un amico con cui si vada d´accordo».
Sveglia alle 6 del mattino, chi prende solo un caffè può alzarsi alle 6,30. «Alle sette devi essere al lavoro. Ci sono l´operaio, il saldatore, il chimico, il meccanico, il geologo… Si sta nella piattaforma "madre" o in quelle collegate via mare. Sosta pranzo alle 12. Il cuoco, ovviamente abbiamo anche quello, prepara due primi e due secondi e non ha bisogno di chiederci cosa preferiamo. Ormai ci conosce da tanti anni, sa quante bistecche deve preparare o quanti filetti di pesce. Una merenda al pomeriggio e cena alle 19. E qui inizia la parte più difficile perché puoi girare dove vuoi ma sei sempre nello stesso posto. C´è chi prende una canna e si mette a pescare, anche se non si potrebbe, e poi porta i cefali al cuoco. C´è chi va nel "posto fumo" che è una tettoia dall´altra parte della piattaforma, rispetto ai tubi del metano. Ti fumi una sigaretta poi entri nella sala ricreativa, dove c´è la televisione. Se lavori a terra, se hai qualcosa da dire con un collega, a fine turno stacchi e torni a casa, stai con la moglie e i figli e il giorno dopo nemmeno ricordi perché hai litigato. Qui è tutto concentrato. Basta un nulla per accendere una scintilla. Anche i piccoli problemi, vivendo gomito a gomito, possono diventare grandi problemi. Le relazioni diventano una partita a scacchi. Fai una mossa, aspetti la contro mossa, sperando in bene. Ma cerchiamo di essere persone civili e quasi sempre ci riusciamo. In sala tv si decide a maggioranza cosa vedere. Tanto bisogna andare a letto presto, perché le ore 6 arrivano in un attimo».
Il "girotondo" sull´eliporto è utile anche per una telefonata a casa. «Per fortuna, qui in Adriatico, i cellulari "prendono". Prima non sentivi la voce di tua moglie per due settimane». A migliorare la vita anche i computer portatili. «Mandi le e-mail, cerchi le notizie. E puoi vederti anche i film che vuoi. In una comunità di giovani maschi che non sono monaci l´assenza delle donne pesa. In passato c´era chi voleva mettere certi film nel video registratore o nel dvd della sala ricreazione ma la proposta non è mai passata. Puoi offendere certe sensibilità. E poi due settimane passano abbastanza bene. Certo, se tu cerchi di non contare i giorni, c´è il collega che dice: " passata una settimana, adesso è tutta una discesa", e anche tu ti metti a contare. Ma pensi anche allo stipendio che ti aspetta. Duemila trecento euro metti in busta paga per 15 giorni di lavoro e 13 giorni liberi da ogni impegno. Se lavorassi a terra, prenderei fra i 1.200 e i 1.400 euro e anche lì dovrei alzarmi alle 7 del mattino per andare in azienda. Sì, ho sentito parlare di 5.000 euro al mese ma credo che questi stipendi si prendano solo nelle piattaforme oceaniche, lontanissimo dall´Italia, e con qualifiche ben più alte di quelle di meccanico o saldatore».
Anche in Adriatico, quando si fecero le prime perforazioni, arrivarono quei "mercenari" che anche ora continuano a girare il mondo perforando un pozzo in Congo per lavorare un mese dopo in Alaska o in Cile. «Al tempo dei pionieri, nei primi Anni ´60 - racconta Renzo Fabbri, segretario della Filctem Cgil - anche qui gli stipendi erano più alti perché non si contavano le ore di straordinario. Ora abbiamo soltanto piattaforme di estrazione e sono come fabbriche che producono in mezzo al mare. I lavoratori sono sindacalizzati e attenti alla sicurezza. Il problema, anche per noi, è il rischio di "esternalizzazione". L´Eni, qui a Ravenna, ha costruito una società che si chiama Padana gas, e dentro ci ha messo dei propri dipendenti che lavorano sulle piattaforme. Ora può venderla ai privati. Lavoreremo perché la sicurezza resti comunque il primo impegno».
C´è un passato che non si può dimenticare. A 12 miglia dalla costa, davanti alla foce dei Fiumi Uniti, il 28 dicembre 1965 la piattaforma mobile Paguro fu distrutta da un incendio. Tre operai morirono annegati. Ora Paguro è il nome di una «zona di tutela biologica» e Sic - Sito importanza comunitaria - perché i rottami si sono trasformati in una "casa" per pesci e molluschi e in un "paradiso" per i subacquei. C´è già chi pensa all´utilizzo delle piattaforme - vita media fra i dieci e i trent´anni - nel momento in cui diventano obsolete. L´Eni ha dato incarico al Design Studio di Ronen Joseph di preparare un progetto per trasformarle in piccoli hotel, vista mare di 360 gradi garantita. Per ora, sulle scalette di ferro, salgono le scarpe anti-infortunio degli operai, che dopo 12 ore di fatica fanno il "girotondo" sulla pedana dell´elicottero. «Alla sera puoi sentire il profumo del mare».