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 2010  maggio 06 Giovedì calendario

RITRATTO DI CELINE CON LE SVASTICHE

Sull’antisemitismo di Louis-Ferdinand Céline, illustrato esplicitamente soprattutto nei tre pamphlet, Bagatelles pour un massacre, L’cole des cadavres e Les Beaux Draps scritti tra il 1937 e il 1941, si è discusso a lungo, anche perché migliaia di copie dei libretti hanno continuato a circolare negli ambienti dell’estrema destra antisemita e xenofoba, anche dopo che lo scrittore li aveva rinnegati vietandone la ripubblicazione. Certo, il suo nichilismo, lontano dalla retorica nazista, non faceva di lui un autore organico al regime collaborazionista di Vichy e alla Germania, tuttavia le sue posizioni nazionaliste, che auspicavano una rigenerazione razziale della Francia, lo avvicinarono molto ai movimenti fascisti dell’epoca e gli costarono le accuse di collaborazionismo. «Gli ebrei dovrebbero farmi un monumento per il male che non ho fatto loro e che avrei potuto fargli» si difese dall’esilio danese in un’intervista a Robert Massin ora raccolta nel volume Polemiche 1947-1961 (Guanda).
Oggi emerge una foto finora inedita, datata 5 maggio 1938, che ritrae l’autore del Viaggio al termine della notte sotto delle svastiche a Montréal. L’immagine è pubblicata in una biografia del leader fascista canadese Adrien Arcand scritta dallo storico Jean-François Nadeau e ora pubblicata dalle edizioni Lux. Céline è tra i partecipanti a una riunione del Partito nazional-sociale cristiano canadese, fondato appunto da Arcand, autoproclamatosi il «Führer canadese», che si rifaceva alla dottrina sociale della Chiesa cattolica del pauperismo, in contrapposizione alla visione economicista ebraica a cui imputava la crisi del ”29. La notizia esce sul numero di giugno del «Bulletin Célinien», il periodico che registra tutto ciò che viene pubblicato riguardo allo scrittore di Morte a credito. Un’immagine che forse non aggiunge nulla di più a quello che già si sapeva sul «Grande Reprobo», ma che contribuisce a definire il ritratto di uno scrittore che credette (così almeno si giustificò) al «pacifismo degli hitleriani».
Cristina Taglietti