Vittorio Buongiorno, Il Messaggero 6/5/2010, 6 maggio 2010
[2 Articoli] CIARRAPICO ”NULLATENENTE”, MA INTESTAVA BENI E YACHT AI DIPENDENTI DELL’OSPEDALE- FROSINONE - Angelo R
[2 Articoli] CIARRAPICO ”NULLATENENTE”, MA INTESTAVA BENI E YACHT AI DIPENDENTI DELL’OSPEDALE- FROSINONE - Angelo R. tirava a campare con lo stipendio di dipendente del Policlinico Casilino. L’inchiesta non dice se fosse portantino, infermiere o un amministrativo. Ma aveva un lavoro sicuro nell’ospedale di proprietà di Giuseppe Ciarrapico affittato alla Regione Lazio. Una vita dignitosa quella di Angelo, anche se arrivare alla fine del mese non era sempre agevole, ma soprattutto monotona: sveglia la mattina, via al lavoro, sera di nuovo a casa. Non sapeva, Angelo R., che avrebbe potuto spassarsela: l’inchiesta della Procura di Roma sul senatore del Pdl ha scoperto infatti che era titolare del 95% delle quote di una società, la Brezza Blu srl, armatrice di uno yacht da favola, del valore di un milione e seicentomila euro. L’imbarcazione che i militari della Guardia di Finanza hanno messo sotto sequestro l’altro giorno nel porto di Gaeta eseguendo l’ordinanza del gip romano Elvira Tamburelli che ha bloccato beni per 20 milioni all’imprenditore indagato per truffa ai danni dello Stato. Quando il signor Angelo lo ha scoperto era ormai in pensione. «Non so assolutamente nulla di questa società di cui apprendo l’esistenza oggi - disse - Non ho mai sottoscritto atti ad essa relativi, né direttamente né per delega». Salvo poi ricordarsi di quando veniva mandato nello studio di un notaio romano a firmare atti già predisposti». E’ una storia emblematica, così la definiscono gli investigatori del nucleo valutario della Finanza, guidato dal colonnello Leandro Cuzzocrea, scovata spulciando negli atti e nei conti di ben novanta società create dall’«editore, imprenditore ed editorialista» (come si definisce lo stesso Ciarrapico). Una girandola di sigle e di conti, molti dei quali alimentati dalle provvidenze per l’editoria che la Procura ritiene siano state percepite illegittimamente e illecitamente per una cifra che supera i 20 milioni di euro. Eppure Ciarrapico, in un documento del 2003 sequestrato dagli inquirenti si vantava di non temere richieste di risarcimento da un dipendente che gli aveva fatto causa: «Tanto sono nullatenente». Per molti anni gli unici redditi dichiarati sono da lavoro dipendente. In realtà per gli inquirenti «risultano ampiamente e univocamente provate la riconducibilità alla piena ed esclusiva proprietà di Ciarrapico Giuseppe e Ciarrapico Tullio dei beni», per i quali è stato chiesto e ottenuto il sequestro preventivo. Ovvero la Eurosanità spa e la controllata Romana Investimenti Immobiliari spa, il bar Rosati in piazza del Popolo a Roma, il centro stampa a Villa Santa Lucia, non lontano da Cassino, e lo yacht di lusso. Ma torniamo agli stipendi. Prendete il 2007. Gli inquirenti fanno notare come una delle srl paga a Ciarrapico redditi da lavoro autonomo per circa 600 mila euro, poco meno del suo volume d’affari. Lo stesso, ma con cifre molto più basse, era accaduto l’anno prima. «Ciò dimostra - sostiene l’accusa - che Ciarrapico è stato in sostanza l’unico fornitore della società, evidentemente utilizzata quale strumento di mero transito di ricchezza verso lo stesso Ciarrapico cui è direttamente riconducibile». «Prima di esprimere sentenze sommarie - ha tagliato corto ieri il legale di Ciarrapico, l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi - sarebbe bene verificare la normativa sull’editoria che si ritiene essere stata violata e che viceversa noi riteniamo sia stata correttamente seguita da Ciarrapico». Per questo l’avvocato annuncia che «si ricorrerà al Tribunale del Riesame per fare chiarezza sulla vicenda». Vittorio Buongiorno, Il Messaggero 6/5/2010 LO STIPENDIO DI TULLIO? ARRIVA DAL BAR ROSATI CHE PAGA ANCHE LE TAPPEZZERIE DI CASA ROMA - Ufficialmente è solo un superconsulente molto ben pagato. Lo è per il fisco, per la Camera di Commercio e per il Dipartimento informazione ed editoria della Presidenza del consiglio dei ministri che tra il 2003 e il 2009 ha elargito oltre 20 milioni di euro di contributi pubblici. Sulla carta Giuseppe Ciarrapico, ex presidente della Roma Calcio, imprenditore e senatore del Pdl, è un nullatenente. Al massimo un proprietario terreriero di 1.400 metri quadri a Tivoli. Ma ”i fatti”, quelli ricostruiti nei dettagli dalla Nucleo valutario della Guardia di Finanza e dai Pm, dicono che l’impero Ciarrapico esiste eccome. E che si regge su una continua caccia a prestanomi «liberi da altri ruoli societari» per far girare un meccanismo di «costante indebita appropriazione di denaro a favore del patrimonio personale». Certo, bisogna passare da decine di mosse per interposta persona, e altrettante scatole societarie. Passare al setaccio ”satelliti di comodo”, in Italia o in Lussemburgo e Gran Bretagna. E mettere insieme nomi di sconosciuti (a volte sempre gli stessi), di segretarie ”di fiducia”, amministratori inconsapevoli che non prendono decisioni, prima di arrivare a lui, all’’uomo ombra” (come lo definisce suo figlio Tullio). Ciarrapico è il dominus di una galassia che conta ben 90 società e che muove i fili di dodici testate editoriali locali (attraverso Nuova Editoria Oggi srl e Editoriale Ciociaria Oggi srl), del policlinico Casilino, della blasonata Villa Stuart, e della clinica Quisisana (attraverso le azioni della Eurosanità spa), del centro Stampa «Rotocentrosud» di Villa Santa Lucia, del famoso Bar Rosati di Piazza del Popolo (Piazza del Popolo srl) e dello Yacht Fly Dixie. L’elenco dettagliato delle scatole cinesi di Ciarrapico risulta da uno dei file recuperati nel corso delle ripetute perquisizioni della Guardia di Finanza. Ma sono i documenti «riservatissimi», i conti correnti, le conversazioni telefoniche, la mole di fax e file custoditi nelle ”pen drive” a provare come funzionava il modello Ciarrapico. Era come avere sul tavolo un sistema a vasi comunicanti. In cui, a volte, il fatturato delle attività commerciali serviva interamente a pagare le fatture di consulenza di Ciarrapico, o lo stipendio del figlio Tullio. Insomma, per dirla con le parole dell’ordinanza di sequestro, «lo schema ricorrente era quello di garantire al proprio patrimonio gli introiti dell’attività commerciale e, al contempo, la salvaguardia dei propri interessi economici, senza mai apparire in prima persona». In questo senso, lo storico Bar Rosari ha un ruolo tutt’altro che marginale. Succede infatti, che Tullio riceva lo stipendio dal Bar Rosati, nonostante fosse amministratore delegato della 3C spa, e cioè del gruppo sanitario, dicono gli inquirenti. Capita che l’ex presidente della Roma utilizzi la contabilità dello stesso Bar romano per pagare i lavori di tappezzeria di casa, o le salate fatture da consulente per rimpinguare i suoi conti correnti. Una «gestione unitaria» del gruppo in cui in cui servizi di catering prestati a terzi venivano fatturati, solo a posteriori, ora a una società ora all’altra dello stesso gruppo, comprese le società editoriali. Pur di ottenere i contributi pubblici previsti dalla legge per le società editoriali, poi, il ”dominus” del gruppo ha mette in campo tutti gli ”artifizi” del caso per simulare una separazione societaria tra le due holding editoriali, creando dal nulla due società cooperative a controllare le dodici testate locali. Tutto come richiesto dalla legge, all’apparenza. In realtà, la ”promiscuità” tra le due società è palese, secondo gli inquirenti. I soldi passano da una parte all’altra. E la distrazione di risorse verso conti correnti personali, finanziamento di eventi, yacht e automobili è all’ordine del giorno. Così finivano oltre 20 milioni di soldi pubblici. E così si spiega il sequestro preventivo. Roberta Amoruso, Il Messagero 6/5/2010