Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 6/5/2010;, 6 maggio 2010
UNA GEMMA DI EVASORE
Mettereste la volpe a guardia del pollaio? Al comune di Roma l’audace esperimento è stato fatto nel settore delle tasse con la società Gemma. Ora si tirano le somme e ovviamente non sono entusiasmanti. Istituita nel 1999 per fornire un ”supporto all’a m m i n i s t ra - zione del Campidoglio nell’analisi e gestione di pratiche amministrative, con particolare riferimento alle imposte di competenza degli enti locali”, Gemma nove anni dopo aveva accumulato con l’erario un debito di quasi 2 milioni di euro. Detto in altro modo: nata per far il cane da guardia contro gli evasori e far pagare le imposte, lei per prima non le pagava. Non è una barzelletta e nemmeno un mistero: nell’ambiente comunale e in quello romano del fisco erano in diversi a conoscere questa imbarazzante verità, anche se a livello ufficiale non risulta che qualcuno abbia preso provvedimenti conseguenti. Non può quindi considerarsi un fulmine a ciel sereno, anzi, l’inchiesta della magistratura che oltre ai vertici di Gemma, coinvolge l’assessore all’Urbanistica del Campidoglio, Marco Corsini (Pdl), e il suo predecessore, Roberto Morassut (Pd). La meraviglia, casomai, sta nel fatto che altri prima dei magistrati non siano intervenuti tempestivamente per fare chiarezza su un sistema chiacchierato che faceva acqua da tutte le parti. L’unica decisione nota e di un certo rilievo presa dal Campidoglio per modificare il ruolo di Gemma nel settore dei tributi risale al marzo 2006. In quella data il comune decise di rilevare dalla società un ramo di attività costituendo Roma Entrate, senza però recidere il rapporto con la stessa Gemma. Anzi, a Laura, Carla e Renzo Rubeo, titolari della società attraverso una ragnatela di aziende (Servizi territoriali, Italeco, Edh Italia), l’amministrazione capitolina riconobbe un canone di affitto di 10 mila euro al mese. I pubblici ministeri romani Sergio Colaiocco e Delia Cardia ora accusano i dirigenti di Gemma di non essere riusciti a raggiungere i risultati prefissati per lo smaltimento delle pratiche dei condoni pur ricevendo ”significativi emolumenti”, e gli amministratori capitolini di aver chiuso un occhio in cambio di favori. Sulla base della documentazione raccolta i pm sostengono che rispetto all’obiettivo di 60 mila pratiche in 4 anni, ne siano state esaminate solo 11602 dal 2006 al 2009, cioè meno di quelle che dovevano essere evase in un solo anno. Lo svolgimento delle indagini farà chiarezza, ma indipendentemente dai risultati ispettivi c’è da chiedersi come sia stato possibile che il comune di Roma abbia rinnovato di recente i contratti per la riscossione dei tributi con una società notoriamente assai poco propensa a rispettare i suoi doveri di contribuente. La posizione fiscale e la relativa evasione di Gemma sono note da almeno 2 anni, pubblicate dal settimanale Panora ma , ricavate da un elenco riservato di 5 mila grandi contribuenti della Capitale, ognuno di essi moroso per somme superiori ai 250 mila euro. Tutti insieme questi soggetti (privati, aziende pubbliche, società e anche partiti politici), a metà 2008 avevano accumulato un debito con l’Erario di circa 16 miliardi di euro, un sesto circa di tutta l’evasione nazionale di un anno che ammonterebbe a circa 100 miliardi secondo le stime dell’Istat prese per buone anche dall’Agenzia delle Entrate guidata da Attilio Befera. L’elenco dei grandi evasori capitolini comprende le figure più diverse, dal famoso attore al manager del porno, dal politico alle Aziende sanitarie all’industrialotto, con in più una spruzzata di società statali. E infine i partiti politici, sia quelli protagonisti della Prima Repubblica, in pratica falliti e finiti nelle sabbie mobili delle liquidazioni, sia i più recenti come Alleanza nazionale, Ds, Forza Italia, organizzazioni che successivamente hanno cambiato nome, in alcuni casi tramite fusione. In questo listone, la posizione di Gemma risalta per la sua ragione sociale di società antievasor i. Al vertice c’è Renzo Rubeo, un imprenditore non proprio sconosciuto a Roma, anzi. Il suo ufficio è in uno dei palazzi più noti del potere capitolino, in piazza San Lorenzo in Lucina, proprio sopra l’appartamento di rappresentanza occupato per decenni da Giulio A n d re o t t i . Rubeo, inoltre, si è fatto una certa fama come stampatore di centinaia di milioni di bollette Telecom ai tempi in cui l’azienda era in mano a Francesco Chirichigno e poi come ideatore e realizzatore con lavoratori socialmente utili attraverso la società Mp Mirabilia, sovvenzionata dal ministero dei Beni culturali, di quei cartelli in rame ad uso dei turisti installati in varie parti della città con la descrizione dei monumenti. Rubeo, infine, si è fatto conoscere anche come editore nel ramo delle pubblicazioni specializzate in telecomunicazioni. Fino al 2004 fece uscire il Corriere delle Telecomunicazioni, settimanale poi chiuso perché afflitto dai debiti. Dopo essersi rifiutato di pagare per quattro mesi lo stipendio al direttore, Gildo Campesato, e per sei mesi ai sette redattori, da un giorno all’a l t ro , senza salutare, sprangò la porta della redazione a largo Toniolo.