Marco Ferrando, Il Sole-24 Ore 6/5/2010;, 6 maggio 2010
LO PSICODRAMMA DEL «MODELLO TORINO» - A
Torino piove da una settimana e si prevede acqua fino a metà mese, poi il maltempo darà una tregua. Stesse previsioni in Intesa Sanpaolo, e negli uffici del suo principale azionista: comunque vadano le cose ai vertici della banca e della Compagnia, tempo una decina di giorni e dovrebbe tornare un po’ di sereno. Ma chi conosce a fondo come funziona il clima subalpino sa che la vera tempesta arriverà l’anno prossimo, quando in città si correrà per la successione a Sergio Chiamparino, «perché è allora che la crisi emergerà in tutta la sua portata. Al di là dei nomi, qui si sta celebrando il funerale a un progetto di sviluppo per la città. Ma senza averne un altro in tasca». Così la pensa Valentino Castellani, sindaco di Torino dal 1993 al 2001 e poi presidente del Comitato organizzatore delle Olimpiadi del 2006; da quando si è spento il braciere a cinque cerchi si è ritirato a vita privata, ma davanti allo scontro di tutti contro tutti degli ultimi giorni non riesce a tacere: «Quello che sta succedendo mi trasmette una profonda malinconia. Perché manca un nuovo progetto per la città e intanto non si esita a sparare a zero contro chi prima ha ispirato e poi si è fatto garante della grande trasformazione degli ultimi vent’anni, della metamorfosi che ci ha consentito di reggere l’urto del ridimensionamento della grande industria senza traumi».
Valentino Castellani non esita a fare nomi, e il primo è quello di Enrico Salza. E con lui, pensa al progetto che il banchiere, bersaglio delle ultime settimane, ha lanciato a inizio anni ’90 con Alleanza per Torino, quell’intesa tra la sinistrariformista e la borghesia liberale che nel 1993 consentiva proprio al professore del Politecnico di insediarsi a Palazzo Civico, superando la Lega (allora partito di maggioranza relativa in Consiglio comunale), ma anche un ex di prestigio come Diego Novelli, sponsorizzato dalla sinistra. allora che sotto la Mole prendeva forma un progetto che oltre a ispirare l’Ulivo avrebbe governato la città per 15 anni, una fase delicata scandita dalle crisi Fiat e da una pianificazione strategica che avrebbe assegnato alla politica e al modello basato sull’economia della conoscenza il compito di traghettare la città verso la sua primavera postfordista.
Un progetto forte, che ha guidato l’evolulzione della metropoli e retto fino a qualche settimana fa grazie a quella che Sergio Chiamparino ama chiamare «coalizione urbana ». «Per anni Torino è stata la città dove la classe politica sapeva fare sistema al di là degli schieramenti e delle appartenenze – ricorda non a caso Marcello Sorgi, direttore de La Stampa proprio in quegli anni, dal 1998 al 2005 ”, dove impresa e sindacato riuscivano a parlarsi, dove il confronto era la regola. La coesione istituzionale è stato uno dei grandi valori che hanno consentito alla città di raggiungere traguardi importanti, penso ad esempio al vertice italo-francese del 2001, o alle Olimpiadi del 2006. Ora tutto questo mi sembra finito».
Il prossimo traguardo in agenda è la celebrazione del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia, e «forse non è un caso che si tratti di una ricorrenza che celebra il passato e non più il futuro», come sottolinea Guido Bodrato. Dopo una vita da uomo forte della Democrazia Cristiana, da sei anni ha abbandonato la politica attiva ma non si è distratto. Anzi: «Torino ha perso questa battaglia perché, a differenza di Milano, si è trovata improvvisamente priva di una solida classe dirigente forte di una strategia condivisa». Parole, e concetti, che ritornano: «Nel giro di pochi anni siamo passati da un equilibrio dinamico a uno statico, che ormai vede la classe dirigente impegnata solo a reggersi in piedi, vicendevolmente. Ma una città non può vivere di se stessa, delle sue sole energie, dei suoi poteri forti: ci vorrebbe una strategia improntata all’apertura internazionale, allo sviluppo, alla produzione di ricchezza, alla collaborazione con tutti i territorio che compongono il Piemonte, tutti valori che hanno sempre fatto parte del dna di questo territorio».