MAURILIO ORBECCHI, La Stampa 5/5/2010, pagina 21, 5 maggio 2010
LA FILOSOFIA DEL MARTELLO CONTRO FREUD
La pubblicazione dell’ultimo libro di Michel Onfray su Freud, «Le crépuscule d’une idole», ha innescato un dibattito che ha avuto una grande risonanza in Francia ed è rapidamente giunto fino a noi. Il libro ha ottenuto le prime pagine delle principali riviste francesi e articoli su tutti i quotidiani.
«Le Point» ha parlato di «filosofia del martello» e di «carica di violenza inaudita contro Freud e la psicoanalisi che (l’autore) considera come una nuova religione... un’impostura». Onfray, del resto, non usa mezzi termini: la psicoanalisi è «la rapina ideologica più impressionante del XX secolo... un’allucinazione collettiva basata su una serie di leggende».
Onfray, come altri autori, è convinto che Freud mirasse a costruire una nuova scienza. Tuttavia non ci riuscì, finendo per edificare una sorta di religione pseudoscientifica. A suo avviso Freud era soprattutto un avventuriero della cultura, con una passione personale per l’incesto, che ha proiettato nel cuore del suo sistema. Freud rivendicava esplicitamente e ossessivamente per sé una gloria planetaria alla pari di Galileo e Darwin, nascondendo però il suo uso giovanile della cocaina e i suoi debiti nei confronti di Nietzsche e Schopenhauer. Una sorta di antifilosofo reazionario, misogino e omofobo, che dedicava persino uno dei suoi libri a Mussolini, definito «eroe della cultura».
Un seduttore dell’umanità che si è presentato come un Messia, creando una religione oscurantista, dando in questo modo forma al suo delirio personale. Freud esce dalle pagine del libro come un non-scienziato, che ha esaltato il determinismo psichico ambientale, che Onfray chiama «la causalità magica», negando l’importanza dell’innato nell’uomo. In questo contesto i freudiani sarebbero una specie di corte dei miracoli: «preti» che riciclano il vecchio dualismo della filosofia occidentale sotto forma di «psiche» e «soma», riproponendo null’altro che le vecchie cure sciamaniche di stregoni, maghi, guaritori e esorcisti.
Naturalmente i freudiani francesi hanno reagito al libro schierandosi a difesa della psicoanalisi: Elisabeth Roudinesco e Alain de Mijolla accusano Onfray di rimettere banalmente in circolazione notizie note da decenni, già pubblicate tra l’altro nel «Libro nero della psicoanalisi». «L’Express» in un editoriale si domanda, un po’ ingenuamente, come si potrebbe spiegare il successo più che secolare della psicoanalisi, se tutto questo fosse vero. Come se il fatto di durare fosse una dimostrazione di validità.
Il «Corriere della Sera» ha portato la polemica in Italia con un’invettiva di Bernard-Henri Lévy, che accusa Onfray di banalità, puerilità, pedanteria al limite del ridicolo; per Lévy il libro sarebbe animato da ipotesi complottistiche che adottano «il punto di vista della cameriera».
Onfray avrebbe, in effetti, fatto meglio a non utilizzare anche le memorie della cameriera di Freud, ma le repliche dei freudiani non sembrano, nel complesso, convincenti. Alcune critiche di Lévy riguardo agli eccessi dell’autore, come l’accenno all’onanismo di Freud, sono senz’altro condivisibili. Ma resta la sensazione che i freudiani si trovino in difficoltà e ricorrano ad attacchi, anche personali, perché non riescono a difendere la psicoanalisi sul tema centrale che ha colpito la teoria in questi ultimi decenni di rivoluzione neuroscientifica ed evoluzionistica. La psicoanalisi, infatti, è basata su congetture che non trovano riscontro nelle ricerche. Freud attribuiva all’inconscio proprietà, propositi e scopi del tutto immaginari. Il complesso di Edipo, la pulsione di morte, l’omosessualità come narcisismo, l’invidia del pene da parte delle donne, la paura di castrazione maschile, per non dire della memoria filogenetica e del lamarckismo ingenuo - questi ultimi l’intelaiatura della sua opera - sono concetti che non hanno nulla a che fare con quanto è emerso in campo scientifico. Fa riflettere, d’altro canto, che quasi tutti i freudiani che prendono parte al dibattito siano di formazione umanistica: come se la psicoanalisi, che Freud tanto rivendicava come scientifica, sia davvero diventata tutt’altro.