GIULIO GELUARDI, La Stampa 5/5/2010, pagina 5, 5 maggio 2010
PARLA LA MOGLIE DI SCAJOLA
Maria Teresa Verda, moglie del ministro, pantaloni blu e camicia bianca, ci aspetta sulla porta della villa in via Diano Calderina, da dove si domina tutta Imperia, in particolare Oneglia, la città simbolo di Claudio Scajola. Sul volto della donna che tutti conoscono per le sue incessanti attività culturali pubbliche, nonostante il sorriso di cortesia si leggono preoccupazione e tristezza. Spesso la commozione ha il sopravvento. E’ di poche ore prima la notizia delle dimissioni del marito. Una notizia che, per quanto nell’aria, ieri mattina ha colto di sorpresa quasi tutti. Ma non lei.
Signora, questa mattina (ieri, ndr) suo marito a Roma, ha annunciato la decisione di lasciare: si è dimesso dall’incarico di ministro. Lei era a conoscenza di questa decisione così grave?
«Certo. Ma non soltanto lo sapevo, la decisione è stata presa in famiglia, questa notte da Claudio, i nostri due figli ed io. Quattro pilastri. Dimissioni date persino in maniera inaspettata dallo stesso Berlusconi che è stato informato a cose già stabilite. Ma è stato in seno alla famiglia che è forte, unita e compatta, che è maturata la decisione di lasciare. Ci siamo consultati e poi siamo andati avanti».
Nessuna pressione politica, quindi.
«Nessuna. Mio marito è una persona tutta di un pezzo e sapeva che quella era la strada giusta da percorrere. Si deve salvare l’onore per se stessi e per i propri figli. Se avesse potuto dimettersi anche prima lo avrebbe fatto senza esitazione. Ha rimandato solamente per un problema di equilibrio etico e politico: non avrebbe potuto lasciare improvvisamente, mettendo tutto il governo in difficoltà. Ha aspettato il momento che appariva più giusto. E comunque io stessa ero d’accordo sulle dimissioni fin dal primo momento».
Perché?
«Vede, come può mio marito difendersi da accuse tanto infamanti quanto false, dovendo anche pensare alle incombenze di governo che gli imponeva il suo incarico? Il suo dicastero non era semplice: nucleare, incentivi, programmazione per il Sud, problemi occupazionali nelle fabbriche, i quotidiani impegni nazionali e internazionali. Deve avere la mente sgombra per fare chiarezza su questa vicenda».
Ecco parliamo di questo. L’inchiesta giudiziaria della procura di Perugia che coinvolge suo marito è appena agli inizi. Che ne pensa?
Guardi, io non posso pensare proprio nulla. Perché non so nulla della indagine. Pronunciare qualche cosa sarebbe una sorta di millantato credito. Quello che posso dire su quell’appartamento è che è stato comprato esclusivamente per il lavoro di mio marito, risponde alle sue esigenze, è propedeutico ai suoi impegni di governo. E sgombriamo il campo da soldi ricevuti da altri: la nostra famiglia è solida anche dal punto di vista economico e non avremmo avuto bisogno dell’aiuto di nessuno. E poi c’è un’altra cosa che ci infastidisce».
Quale?
«Ogni volta, anche in televisione, si parla di attico. Ma quale attico: è un ammezzato sotto il quale passa addirittura la metropolitana. E poi è stata tirata in ballo mia figlia: lei non c’entra proprio nulla con quell’alloggio».
Senta, potrà sembrare una domanda banale: ma come ci si sente in questa situazione? Purtroppo non è la prima volta che suo marito è costretto a dimettersi
«E sì, viviamo una sorta di déja vu. Era già successo con il caso Biagi, ma in quel caso avevamo avuto meno solidarietà. Oggi invece è molto diverso anche perché i suoi colleghi hanno capito di che pasta è fatto Claudio: è un uomo eccezionale che crede veramente in ciò che fa, nel bene pubblico e che è incappato in una vicenda più grande di lui. E’ una sorta di assurdo fatalismo: tutte le volte che mio marito è in ascesa qualcosa lo ferma. In ogni caso sono serena perché tutto si risolverà. Resta l’amarezza. Ma passerà. Vorrei che qui accanto ci fosse ancora mio padre, splendida figura umana e professionale».