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 2010  maggio 05 Mercoledì calendario

L’ARCHITETTO CHE FA SCRICCHIOLARE IL PALAZZO

Ancora una volta è un architetto a far scricchiolare il Palazzo. Nella Prima Repubblica era stato Silvano Larini, con il suo dettagliato racconto sulle mazzette milanesi e il conto Protezione a far dimettere il ministro Claudio Martelli. Stavolta è stato Angelo Zampolini, con i suoi verbali sulle triangolazioni tra Diego Anemone e il ministro Claudio Scajola, a dare la prima vera scossa al governo Berlusconi. lo strano destino di una professione votata a costruire che nella politica italiana si ritrova a distruggere. Se Larini, con la sua latitanza dorata nell’atollo di Rangiroa, resa celebre dall’imita - zione della banda Guzzanti in Avanzi, è rimasto il simbolo di Tangentopoli, così Zampolini con il suo aspetto curiale, la carnagione lattea e la sua timidezza resterà l’em - blema della cricca romana del Terzo millennio: ben inserita nei Palazzi della Protezione civile e tra i Gentiluomini di Sua Santità. Prima della sua sparizione nel nulla per evitare le telecamere, Zampolini ci ha ricevuti nel suo ufficio di Corso Vittorio, a due passi da Castel Sant’A n ge l o . Zampo, come lo chiamava affettuosamente Anemone, è molto lontano dall’iconografia del faccendiere. L’uomo che ha portato gli assegni a Scajola nell’ufficio di via della Mercede in quel giorno del luglio del 2004 nel quale il ministro ha innescato una bomba a orologeria (scoppiata per la verità con sei anni di ritardo) sotto la sua poltrona, si presenta come un architetto perbene. Sulla porta dell’androne del suo studio fa bella mostra uno schizzo di una chiesa antica. Nella sua stanza, piena di gigantografie di opere da lui progettate si resta avvolti in un prodi sacrestia e sobrietà. L’arc hitetto al quale Anemone consegnava milioni di euro in contanti senza battere ciglio è la classica persona dalla quale compreresti un’automobile , anche se non ti regalasse lui gli assegni per pagarla. Niente a che vedere con quel tipaccio dell’autista tunisino sparito al primo litigio con 200 mila euro. Con quella faccia da Luciano Rispoli giovane, Zampolini carpirebbe la fiducia di chiunque. A confrontare i progetti e le pubblicazioni sparse sulla sua scrivania antica con i circolari delle avventurose compravendite ministeriali, si vede una traiettoria che incarna una metafora del destino delle professioni nell’Italia berlusconiana. Angelo Zampolini prima di diventare un porteur degli assegni per la cricca, era per tutti un progettista vero. Dopo gli inizi con lo studio Di Grazia, Zampo si mette in società con il collega Bruno Agates e disegna i restauri delle massime istituzioni: dalle facciate del Quirinale alla biblioteca della Banca d’Italia. Poi tra i due soci nel 2002 qualcosa si rompe. Zampolini si lega a doppio filo con Angelo Balducci, allora potente Provveditore delle Opere del Lazio e Gentiluomo di Sua Santità. Grazie a Balducci, Zampolini entra in contatto con Diego Anemone e con il grande giro. Progetta il circolo simbolo della cricca, il Salaria Village, anche se lui oggi con Il Fatto minimizza: ”Volevano solo un nome ma io lì non ho mai lavorato”. Poi comincia a fare da schermo per le operazioni più spericolate. L’autista tunisino di Balducci gli consegna i contanti e lui li trasforma in assegni circolari nella filiale della Deutsche Bank vicina al suo studio, pronti per essere consegnati per l’acquisto delle case dei potenti. Quando il ministro Scajola cerca casa, Zampolini si fa agente immobiliare e cerca una sistemazione adeguata dal Gianicolo al Celio. Quando il generale responsabile della logistica dei servizi segreti, Francesco Pittorru dell’Aisi, compra all’Esquilino due appartamenti, è sempre Zampolini a occuparsene. ”Nel caso di Scajola ero presente all’atto, mentre Pittorru non l’ho mai visto”, precisa lui e aggiunge: ”Facevo questi piaceri ad Anemone e Balducci perché erano persone molto importanti che potevano farmi avere lavoro”. Effettivamente il lavoro arrivava. Nei Mondiali di nuoto 2009, gestiti dalla struttura dei Grandi eventi di Bertolaso, Zampolini progetta il polo natatorio di Ostia. Magari non per colpa sua ma quella piscina è diventata celebre perché era più lunga di un metro e mezzo rispetto a quelle regolamentari e non è stata utilizzata per le progare. Quando il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi ha un problema con il passo carrabile del palazzo di via dei Prefetti, Balducci gli invia il suo architetto. La metamorfosi di Zampolini in Zampo prosegue inesorabile. E così quando la Guardia di finanza lo chiama per avere spiegazioni su quei 2,8 milioni transitati sui suoi conti e che poi si scoprirà essere stati usati per pagare le case dei politici e dei funzionari amici di Anemone, lui, con quella faccia da cardinale comincia a raccontare serissimo: ”Sono i primi ricavi di praticante allo studio del famoso architetto Portoghesi”. Ma allo studio Portoghesi non se lo ricorda nessuno. Allora aggiunge: ”Era un lascito di mio padre” ma i finanzieri verificano che il genitore era un coltivatore diretto. Gli chiedono dove li aveva presi papà, e a quel punto Zampo dà il meglio di sé: ”Aveva ricevuto molti lingotti d’oro da un signore iraniano”. Come si chiama? Gli chiedono. E Zampo serio: ”Non lo so”.