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 2010  maggio 04 Martedì calendario

QUANDO E CON QUALI MEZZI CELEBRARE L’UNITA’ D’ITALIA

Si continua in ogni sede e ai più alti livelli a sollecitare l’impegno del governo e delle autorità regionali e locali coinvolte, perché venga definito degnamente il programma delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Le recenti dimissioni del Presidente Ciampi dal comitato dei garanti, anche se con una motivazione credibile data l’età dell’interessato, verranno con ogni probabilità strumentalizzate ai fini di politica interna. Nessuno però ci spiega la ragione della scelta della data. Il 1861 non ha, in termini di unità della Nazione, un gran significato, in assenza non solo di Venezia, Trento e Trieste, ma specialmente di Roma. Sempre che non si intenda celebrare la disfatta dei Regno dei Borboni e
Gli annunci della Lega
Caro Romano, la Lega ha proposto di proibire scritte e insegne commerciali non in italiano, già una volta in passato venne proibito l’uso di termini non italiani con risultati spesso ridicoli. Vorrei sapere come verranno tradotti, ad esempio, sushi bar o kebab. Il problema però è anche sapere dove ci si fermerà o se non arriveremo al punto di fare indossare agli extracomunitari, specie africani o asiatici, una stella (camuna?) verde.
Adriano Marcolin, Milano
Esiste la politica dei fatti e quella degli annunci. La Lega può essere molto attiva e concreta, soprattutto nelle amministrazioni locali. Ma cede spesso alla tentazioni di annunciare ciò che, per fortuna, ha scarse possibilità di essere realizzato.
I lavori rifiutati
Da oltre un anno si continua a parlare di forte aumento l’unione dei relativi territori con quelli del Regno dei Savoia o, se ricordo bene, più appropriatamente dei Carignano. Ma non credo che questo sia il caso. E la proclamazione del Regno d’Italia che ne seguì, non certifica certo il raggiungimento dell’Unità.
Giovanni Castellani Pastoris
g.castellanipastoris@tin.it
Caro Castellani Pastoris, come ho risposto a un altro lettore, ciò che dobbiamo principalmente ricordare è la nascita dello Stato unitario. Fu quello l’evento che permise all’Italia di uscire dallo stato di soggezione internazionale in cui aveva vissuto sino ad allora. Anche se gli italiani d’oggi non sembrano rendersene conto, finì nel marzo 1861 l’epoca in cui la scelta del granduca di Toscana e del duca di Modena, se le loro rispettive dinastie si fossero estinte, sarebbe stata fatta a Vienna o nel corso di una conferenza delle grandi potenze. Non è tutto. La nascita del Regno, come quella dei Reich tedesco dieci anni dopo, chiuse il lungo capitolo della restaurazione postnapoleonica e cambiò radicalmente la carta politica dell’Europa. Non possiamo ignorare la nascita del Regno e limitarci a celebrare tappe importanti (il Veneto, Roma, il Trentino) che soltanto lo Stato unitario rese possibili.
 interessante osservare, tuttavia, che il primo governo unitario, quando dovette scegliere la data della festa nazionale, preferì anticipare l’Unità, simbolicamente, alla proclamazione dello Statuto albertino nel 1848. Con una circolare del maggio 1861, indirizzata a tutti i comuni del Regno, il ministro degli Interni Marco Minghetti annunciò che il Parlamento e il re avevano approvato una sua proposta diretta a stabilire per la prima domenica giugno la «Festa dello Statuto e dell’Unità nazionale». Minghetti esortò i Comuni a organizzare feste dignitose, accompagnate se possibile da una celebrazione religiosa nel corso della quale sarebbe stato intonato l’Inno ambrosiano. Se le autorità ecclesiastiche non avessero aderito all’invito del Comune, il governo avrebbe deplorato il loro atteggiamento ma avrebbe rispettato la loro decisione. Minghetti aggiunse tuttavia che «ove fosse nel territorio del Comune qualche Chiesa di patronato municipale e alcun sacerdote disposto a celebrare la presente solennità», il sindaco avrebbe potuto «supplire in tal guisa».
Nella circolare vi erano anche raccomandazioni e consigli sul programma delle manifestazioni: mostre di belle arti e d’industria, esercizi letterari e drammatici, rassegna delle truppe o della Guardia nazionale, opere di beneficenza «per la consolazione dei poveri e degli afflitti». Le spese sarebbero state a carico dei comuni, ma il governo li esortava a essere parsimoniosi, «massime in questi tempi nei quali i bisogni della popolazione esigono molti sacrifizi».
Dedico queste ultime parole, caro Castellani Pastoris, ai membri del Comitato nazionale per le celebrazione del 150° anniversario dell’Unità.
Sergio Romano