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 2010  maggio 04 Martedì calendario

APPUNTI SULLE DIMISSIONI DEL MINISTRO SCAJOLA PRESI DAI SITI IL 4/5/2010


www.repubblica.it
ROMA - Claudio Scajola si dimette. Travolto dalla vicenda della compravendita, con presunti fondi neri, di una casa al Colosseo il ministro dello Sviluppo economico ha annunciato la rinuncia all’incarico di governo. "Per difendermi", ha detto in conferenza stampa, "non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni". In pole position per la successione, l’attuale viceministro con delega alle Comunicazioni Paolo Romani. Nel pomeriggio, poi, il faccia a faccia con Berlusconi a palazzo Grazioli. Poco prima il premier aveva commentato: "Oggi si è dimesso un ministro molto capace. Una decisione sofferta e dolorosa, che conferma la sua sensibilità istituzionale e il suo alto senso dello Stato, per poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti e fare chiarezza su quanto gli viene attribuito".

Scajola aveva resistito fino all’ultimo, ma alla fine la sua posizione è diventata insostenibile, costringendolo ad anticipare il rientro dalla Tunisia e a convocare i giornalisti per annunciare il passo indietro. "Da dieci giorni sono vittima di una campagna mediatica senza precedenti", ha detto ancora. "Vivo una grande sofferenza".

L’ex ministro ha ribadito la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati, in particolare l’aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell’inchiesta sugli appalti del G8 per l’acquisto di un appartamento con vista sul Colosseo: "Non potrei mai abitare in una casa comprata con i soldi di altri", ha affermato. Per la prima volta in dieci giorni, Scajola ha però preso in considerazione l’ipotesi che gli assegni che gli vengono contestati siano effettivamente stati versati: "Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l’annullamento del contratto", ha affermato. Il procuratore di Perugia, Federico Centrone, ha confermato che al momento Scajola non è indagato e che sarà ascoltato come persona informata dei fatti.

"Le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti", ha detto Scajola ringraziando Berlusconi e il Pdl per gli attestati di stima ricevuti. Prima della conferenza stampa, Scajola aveva parlato con il premier, che pochi giorni lo aveva incitato a resistere. Poi, soprattutto in seguito alle notizie che arrivavano dalla procura di Perugia, il clima è cambiato. Anche Il Giornale di Vittorio Feltri questa mattina era stato netto: "Le risposte che ha dato fin qui non bastano. Se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni". Anche Libero si era mosso sulla stessa linea: "Scajola - scrive il direttore Maurizo Belpietro - deve assolutamente uscire dall’angolo e combattere a viso aperto, tentando di smontare ad uno ad uno i dubbi che aleggiano da giorni sulle pagine dei giornali. Noi gli suggeriamo solo di non temporaggiare più perchè attendere i 10 giorni che mancano all’interrogatorio sarebbe troppo".

Il passo indietro era stato suggerito anche dal capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: "Su questa vicenda finora ha difeso il suo comportamento, se dovessero emergere altre cose vedremo. Io credo che debba riflettere sul modo nel quale la sua difesa possa essere condotta meglio, se con l’incarico di ministro o senza".

(04 maggio 2010) © Riproduzione riservata

www.repubblica.it secondo pezzo
ROMA - "Mi pare che le cose che Scajola ha detto fin qui non siano convincenti per nessuno. Se non ha nient’altro da aggiungere, le dimissioni sono inevitabili. Mi auguro che questo verminaio di appalti venga scavato fino in fondo perché questa vicenda è francamente intollerabile". E’ il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani, in studio a Repubblica tv, all’annuncio delle dimissioni del ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, travolto dalla vicenda di una compravendita, con presunti fondi neri, di una casa a due passi dal Colosseo.

Bersani si è poi lasciato sfuggire una battuta, in risposta alle affermazioni del ministro dimissionario, che ha ammesso che la sua casa possa essere stata pagata in parte da altri, ma a sua insaputa: "Ne abbiamo viste tante, può darsi che siamo davanti a benefattori sconosciuti...". Per il segretario Pd si tratta di "uno scossone piuttosto forte in una fase di impasse politica della maggioranza. Siamo tra la palude delle decisioni del governo e il rischio di precipitare della situazione politica. E’ un passaggio complicato, la situazione si sta facendo complicata e paludosa".

"Prima ancora che la vicenda giudiziaria, di cui seguiremo gli sviluppi - ha detto Antonio Borghesi, vice capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera - a travolgerlo in una situazione irrimediabile sono state le sue stesse dichiarazioni sicuramente non veritiere rispetto a fatti accertati. Sicuramente Scajola ha mentito al Paese e tanto bastava perché se ne andasse. Non aveva altra scelta". "Le dimissioni di Scajola sono tardive, ma rappresentano comunque una vittoria delle opposizioni ed una lezione per la Casta: nessuno è intoccabile", ha aggiunto il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi.

’’Dopo la scandalosa gestione del G8 di Genova del 2001, il caso Marco Biagi e gli appartamenti con vista sul Colosseo ci permettiamo di suggerire a Scajola di ritirarsi dalla vita politica. Le sue dimissioni sono comunque una bella notizia: la cultura dell’arroganza e della prepotenza, propria del belusconismo, riceve finalmente un durissimo colpo’’, ha affermato Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI.

Solidarietà a Scajola invece dai compagni di partito. "Esprimo tutta la mia solidarietà al ministro Scajola che, con il suo gesto, ha mostrato un grandissimo senso di responsabilità. Gli siamo grati per il lavoro fatto in questi anni dal suo dicastero per modernizzare il Paese.", ha detto il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi. Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè "Le dimissioni presentate oggi dal ministro Scajola evidenziano la serietà dell’uomo e del politico". Mentre per l’esponente finiano del Pdl Italo Bocchino "Non c’è alcuna ragione per cui le dimissioni di Scajola debbano aprire una crisi di governo". Anche il ministro dei Trasporti Altero Matteoli ha definito le dimissioni di Scajola "un gesto responsabile nei confronti del governo".

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ROMA - Non si può dire che Claudio Scajola sia un ministro su cui puntare nel medio termine. Per la seconda volta in meno di otto anni, la sua avventura dentro il governo si è conclusa malamente con dimissioni anticipate. Oggi è per l’acquisto della casa con vista sul Colosseo, la prima volta invece fu nel 2002 quando Scajola ricopriva la carica di titolare del Viminale. A costargli il posto, però, allora non furono le polemiche seguite al dramma del G8 e alla disastrosa gestione dell’ordine pubblico in occasione del summit di Genova.

Il ministro forzista dell’Interno del governo Berlusconi cadde per le esternazioni su Marco Biagi, il consulente del ministero del Lavoro ucciso dai terroristi quello stesso anno, alle quali si era lasciato andare con alcuni giornalisti durante una visita istituzionale a Cipro: "Biagi era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza". Era il 29 giugno 2002. La frase di Scajola, riportata il giorno dopo dal Corriere della Sera e dal Sole 24 ore, provocò un uragano di proteste e reazioni imbarazzate che alla fine, il 4 luglio, costrinsero Scajola a dare le dimissioni da ministro.

L’esilio in realtà durò molto poco. Il 28 agosto dell’anno dopo, Scajola rientrò in consiglio dei ministri come titolare della delega per l’attuazione del programma. A imporlo ancora una volta è il premier Berlusconi che lo ha sempre considerato concreto e fedele al punto da affidargli prima la carica di responsabile nazionale dell’organizzazione del partito e in seguito anche la presidenza della commissione per la scelta dei candidati alle elezioni del 2002.

Classe 1948, Scajola è un ex democristiano con un potere fortemente radicato sul "suo" territorio elettorale (Oneglia e la provincia di Imperia); tanto influente che, quando sedette al Viminale, prima Alitalia e poi AirOne istituirono un volo diretto Roma-Albenga. Claudio Scajola era già passato per l’esperienza delle dimissioni prima di approdare in Forza Italia. Il 12 dicembre 1983 era sindaco dc di Imperia - ruolo che già era stato ricoperto da suo padre - quando fu arrestato dai carabinieri per concussione. In quell’occasione, alla fine fu prosciolto dalle accuse.

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ROMA - Sull’onda del caso Scajola, i finiani chiedono, con un articolo di Italo Bocchino su Generazione Italia, l’immediata approvazione del dl anticorruzione. Bocchino propone "una moratoria legislativa di una settimana che il Pdl deve proporre a maggioranza e opposizione per accantonare tutti i provvedimenti in esame e approvare con consenso bipartisan il disegno di legge". L’esponente del Pdl fa anche un accenno personale al ministro dimissionario: "Siamo sicuri che saprà dimostrare davanti alla magistratura l’innocenza che reclama".

"Il Pdl, essendo il più grande partito italiano -continua Bocchino- ha anche il dovere di dare una risposta all’opinione pubblica sul tema della corruzione e ha le carte in regola per farlo. Il primo marzo scorso, su proposta di Berlusconi, il governo ha approvato il ddl anticorruzione che dà importanti risposte sull’argomento, punendo chi sbaglia con la più dura delle sanzioni, che è l’espulsione dalla politica".

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ROMA - In Italia "abbiamo fin troppa libertà di stampa". Lo ha detto Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Un’affermazione, questa del premier, subito contestata dalle opposizioni. E pronunciata in occasione della presentazione del rapporto Ocse sulla capacità di risposta alle catastrofi naturali, in cui c’è una valutazione favorevole del nostro Paese.

Riferendosi ad altri rapporti internazionali, in cui il grado di libertà di stampa italiana era giudicato assai basso, il capo del governo - alla presenza del segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria - ha dichiarato: "Ci siamo visti mettere in situazioni di grande distanza dai primi ma se c’è una cosa in Italia su cui c’è la sicurezza di tutti è che ce n’è fin troppa di libertà di stampa. Questo non è discutibile".
(prosegue sul caso Sabina Guzzanti)

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ROMA - «Mi devo difendere, per difendermi non posso fare il ministro come ho fatto in questi due anni». Claudio Scajola si dimette. Sotto pressione per il coinvolgimento nelle indagini di Perugia sugli appalti per le Grandi Opere, il ministro per lo Sviluppo economico ha annunciato l’addio al governo in un incontro con i giornalisti. «Sto vivendo da dieci giorni una situazione di grande sofferenza. Sono al centro di una campagna mediatica senza precedenti e non sono indagato (particolare quest’ultimo confermato dal procuratore di Perugia, Federico Centrone, ndr). Mi ritrovo la notte e la mattina ad inseguire rassegne stampa per capire di cosa si parla» ha detto Scajola, finito al centro di polemiche per aver acquistato un appartamento a Roma, pagato in parte, secondo quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Perugia, con 900mila euro versati dal costruttore Diego Anemone.

VERTICE COL PREMIER - «Ho avuto attestati di stima da Berlusconi, da colleghi di governo e da tutta la maggioranza» ha affermato Scajola, ricevuto poi nel pomeriggio a Palazzo Chigi. Nessun alt alle dimissioni da parte del presidente del Consiglio, secondo il quale «Scajola ha assunto una decisione sofferta e dolorosa, che conferma la sua sensibilità istituzionale e il suo alto senso dello Stato, per poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti e fare chiarezza su quanto gli viene attribuito». «Al ministro Scajola - ha aggiunto il premier - va l’apprezzamento mio e di tutto il governo per come ha interpretato il ruolo di ministro dello Sviluppo economico in una fase difficile e delicata che, anche grazie al suo contributo, l’Italia sta superando meglio di altri Paesi». In precedenza, incontrando il presidente del Ppe Joseph Daul, il Cavaliere aveva espresso «forte solidarietà» a Scajola: «Oggi si è dimesso un ministro très capable (molto capace, ndr)», aveva detto. Il ministro dimissionario ha anche chiamato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per illustrargli le motivazioni della sua decisione e gli ha annunciato l’invio, per conoscenza, della lettera con cui ha spiegato il suo gesto al premier. La lettera è stata recapitata al Quirinale mentre il capo dello Stato si recava al Teatro Carlo Felice di Genova per assistere a un concerto.

Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto» Scajola: «Sto soffrendo, mi dimetto»

«LA MIA CASA PAGATA IN PARTE DA ALTRI, NON POTEVO SOSPETTARLO» - «Un ministro non può sospettare di abitare in una casa pagata in parte da altri». questa la «motivazione più forte» che ha indotto Scajola a fare un passo indietro. «Sono convinto - ha aggiunto durante la conferenza stampa al ministero - di essere estraneo alla vicenda e la mia estraneità sarà dimostrata. Ma è altrettanto certo che, siccome considero la politica un’arte nobile, con la ’P’ maiuscola, per esercitarla bisogna avere le carte in regole e non avere sospetti». «Se dovessi acclarare - ha promesso poi Scajola - che la mia abitazione fosse stata in parte pagata da altri senza saperne il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l’annullamento del contratto di compravendita». Ma «per esercitare l’arte nobile della politica - ha concluso il ministro - non ci devono essere sospetti, le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti con l’importante lavoro da svolgere per il Paese al quale fino ad oggi anch’io ho contribuito».

GIORNALISTI - «Mi trovo esposto ogni giorno - ha detto Scajola - a ricostruzioni giornalistiche contraddittorie. In questa situazione che non auguro a nessuno io mi devo difendere. E per difendermi non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni, senza mai risparmiarmi. Ne siete testimoni, ho dedicato tutte le mie energie e il mio tempo commettendo sbagli ma pensando di fare il bene». Scajola ha ricordato di aver ricoperto l’incarico ministeriale «dedicando tutte le mie energie, tutto il mio tempo, commettendo anche sbagli, ma sicuramente pensando di fare il bene». Poi Scajola ha aggiunto: «In questi due anni ho avviato dei dossier importanti, fondamentali per la crescita dell’Italia: nel campo energetico, la liberalizzazione del mercato del gas, le grandi progettazioni di infrastrutturazione per far pagare l’energia di meno, il ritorno al nucleare nel nostro Paese; abbiamo - ha continuato - appena definito il Piano Berlusconi per il Sud; abbiamo impegnato ogni risorsa possibile per la riforma degli incentivi per dare innovazioni ai prodotti italiani al fine di farli competere nel mondo; ci siamo impegnati - ha aggiunto Scajola - con grande dedizione alla gestione di tavoli difficili per le crisi industriali, più di centocinquanta, con l’obiettivo di risolvere ciò che era possibile nella riorganizzazione industriale per mantenere il nostro paese all’avanguardia».

IL GOVERNO - Poi ha concluso: «Sono certo che le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti con il lavoro che anche io ho contribuito». Finita la sua dichiarazione Claudio Scajola saluta i giornalisti e se ne va. A questo punto i cronisti protestano rumorosamente perché non hanno avuto modo di fare nemmeno una domanda.

REAZIONI - Immediate le reazioni del mondo politico alle dimissioni. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta si è allontanato dalla sala stampa, senza voler aggiungere alcun commento, salutando i giornalisti con una battuta: «Parliamo dell’Aquila». All’attacco il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha definito «una scelta giusta» quella di Scajola, perché «quello che ha detto non è mai stato convincente».

I GIORNALI DEL CENTRODESTRA - La posizione del ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola si era fatta sempre più delicata e il pressing non veniva più solo dal centrosinistra. Anche il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, intervenendo a «La Telefonata», su Canale 5 aveva preso le distanze. «Scajola credo che debba riflettere sul modo nel quale la sua difesa possa essere condotta meglio, se con l’incarico di ministro o senza». Sulla vicenda Scajola, ha detto Gasparri, «c’è una grande libertà di stampa, anche i giornali di centrodestra indagano su questa vicenda, non so se quelli vicini alla sinistra farebbero lo stesso a parti invertite». Gasparri si riferiva ai due editoriali dei direttori de «Il Giornale» e «Libero» che lo invitavano a chiarire la sua posizione. Vittorio Feltri chiedeva al ministro di «fugare ogni sospetto» subito «o finirà male».

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«Cerchi casa? Chiedi a Scajola»: lo striscione è stato srotolato lunedì dal ponte pedonale che collega via del Fagutale, dove al primo piano si trova l’appartamento al centro delle polemiche, e via Vittorino da Feltre. Proprio di fronte al Colosseo, da una parte la vista sull’anfiteatro, dall’altra quella sullo storico rione Monti. Sul lenzuolo bianco, scomparso in tarda serata, portato via non si sa da chi, anche una firma, Semplicerivoluzione.com. Sul sito, assieme alle foto dello striscione, e della sua sistemazione da parte di una persona di spalle, la spiegazione della scritta: « il consiglio di Semplice Rivoluzione alle tante famiglie che attendono un alloggio, più volte promesso dal governo Berlusconi. Ora Scajola può anche dimettersi. Potrà sempre aprire con successo un’agenzia immobiliare. Prezzi modici, ovviamente». Quanto alla formazione, «è un modo di fare politica – si legge ”. Quello giusto, semplicemente». «Vicini» vengono definiti «l’Unità», «il Fatto Quotidiano», «Radio popolare Roma», «Micromega», il sito http://diegobianchi.com e il Pd.

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MILANO - Il Parlamento approvi subito, «con consenso bipartisan», il ddl anti-corruzione varato il primo marzo scorso dal Consiglio dei ministri. questo l’appello che dal sito di Generazione Italia, il neo-movimento vicino a Gianfranco Fini, lancia Italo Bocchino. Il parlamentare del Pdl, uno dei fedelissimi del presidente della Camera, fa esplicito riferimento al caso Scajola. La sua vicenda, secondo il deputato, «ripropone la questione della trasparenza di chi amministra la cosa pubblica». «Il ministro dello Sviluppo economico è persona capace e navigata e saprà dimostrare dinanzi alla magistratura l’innocenza che reclama» scrive Bocchino. Sottolineando tuttavia che «il Pdl, essendo il più grande partito italiano, ha anche il dovere di dare una risposta all’opinione pubblica sul tema della corruzione e ha le carte in regola per farlo».

NO DEL DIRETTIVO PDL - L’appello di Bocchino è destinato però a restare lettera morta, visto il no dei vertici del Pdl all’iter veloce per il ddl anti-corruzione. Il direttivo del gruppo alla Camera ha infatti bocciato l’ipotesi di una «corsia preferenziale» al disegno di legge. « un errore politico», ha replicato il finiano Carmelo Briguglio ricordando che «il ddl è un atto proprio del governo» e non «un’iniziativa della minoranza finiana».

«APPROVARE SUBITO IL DDL» - «Il primo marzo scorso - ha ricordato Bocchino sul sito di Generazione Italia -, su proposta di Berlusconi, il governo ha approvato il ddl anticorruzione che dà importanti risposte sull’argomento, punendo chi sbaglia con la più dura delle sanzioni, che è l’espulsione dalla politica. Adesso è il momento giusto affinchè l’idea di Berlusconi diventi patrimonio di tutti e Generazione Italia propone al Pdl di farsi promotore di una battaglia parlamentare per approvare subito questo provvedimento, che è stato firmato dal presidente Napolitano e inviato alle Camere».

«CONSENSO BIPARTISAN» - Bocchino ha anche spiegato che «serve una moratoria legislativa di una settimana che il Pdl deve proporre a maggioranza e opposizione per accantonare tutti i provvedimenti in esame e approvare con consenso bipartisan il ddl anticorruzione. Basterebbe dedicare la prossima settimana a questa legge, tre giorni alla Camera e tre al Senato, magari lavorando anche il sabato e la domenica per far comprendere ai cittadini quanto ci teniamo a garantire più trasparenza. E sarebbe difficile per l’opposizione sottrarsi, dopo aver commentato favorevolmente - conclude il parlamentare finiano - quello che da tutti viene definito un passo in avanti sull’argomento».

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MILANO – «Scajola, chiarisci o dimettiti». Stamattina, in testa all’editoriale del direttore, i lettori del Giornale leggeranno questo titolo. Ieri Vittorio Feltri l’ha mandato in stampa e poi si è concesso una serata a teatro, spiegando – un attimo prima di entrare in sala – che «al ministro per lo Sviluppo economico non ci crede nessuno».

Dalla prima pagina del suo quotidiano, Feltri indirizza una lettera aperta all’interessato che al Corriere sintetizza così: «Caro ministro, fai bene a indignarti per essere stato messo alla sbarra senza neanche risultare indagato. Nessuno può darti torto per questo. Ma nelle tue risposte sul caso ci sono punti di un’evidenza spiazzante che andrebbero chiariti. Numero uno: il prezzo di questo tuo appartamento al Colosseo non è di mercato, e se tu ne avessi denunciato solo il valore catastale faresti bene a dirlo. Numero due: questi assegni circolari ci sono, vogliamo spiegare la questione? Numero tre: come la mettiamo con le testimonianze delle due proprietarie dell’immobile e con quella dell’architetto Zampolini?». La conclusione non può che essere una sola: «O chiarisci questi punti importanti che hanno lasciato perplessa l’opinione pubblica o rassegnati all’evidenza e, visto che ci sei, rassegna anche le tue dimissioni».

Ad essere giudicate insufficienti sono state proprio le risposte che lo stesso ministro aveva rilasciato al Giornale. Del resto, il vicedirettore Nicola Porro, che sabato primo maggio aveva firmato l’intervista, già domenica pomeriggio postava sul suo blog un commento dal titolo eloquente – «Non credo a Scajola» – stigmatizzando l’evolversi del caso: «Di questi assegni si sa che esistono davvero, sono stati in effetti incassati dalle signore, sono di taglio piccolo e dunque sotto la soglia della segnalazione alla Banca d’Italia». Porro si concentra sul prezzo dell’appartamento: «Dico subito che non credo al ministro che ho intervistato ”scrive ”. Non dico che debba andare in galera. Non dico che debba essere indagato. Dico una cosa banale: 610 mila euro per 180 metri quadri nel centro di Roma non sono il prezzo di mercato. Ho forse delle prove? Nessuna. Ma il punto è che il ministro continua a dire che il prezzo giusto di quell’appartamento è quello ridicolmente fissato a 3.400 euro a metro quadro. un insulto alla nostra intelligenza. Poi, se avesse detto "L’ho pagata 610 mila euro e il resto li ho dati in nero", sarebbe stato ammettere un’evasione fiscale che in molti fanno. Non un bel gesto da parte di un ministro della Repubblica. Ma prenderci per i fondelli è peggio». Queste argomentazioni – sostiene adesso il vicedirettore – sono state anche espresse nelle successive riunioni di redazione dove hanno trovato coincidenza con la linea del giornale. In più, ai lettori che sul blog gli chiedevano come mai non le avesse riportate direttamente a Scajola, Porro ha risposto secco: «Un’intervista è un’intervista. Un’opinione è un’opinione, espressa, tra l’altro, dal fondo che quel giorno il direttore ha pubblicato accanto al mio pezzo».

Se il primo maggio Feltri scriveva di non essere ancora in grado di giudicare, oggi qualche elemento in più sostiene di averlo: «Il ministro non ha chiarito in modo persuasivo. Tra l’altro, so che si trova in Tunisia. Ecco, forse gli conviene restare ad Hammamet».

Elsa Muschella