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 2010  maggio 04 Martedì calendario

DURO COLPO PER IL RILANCIO BP TARGATO HAYWARD

«Che diavolo abbiamo fatto per meritarci tutto questo?». Domanda senza risposta quella che Tony Hayward, 53 anni, ceo di Bp si è posto e ha posto ai suoi colleghi riuniti d’urgenza all’ultimo piano del palazzo di Saint James’s. Era il 21 aprile e le dimensioni esatte di un incidente avvenuto poche ore prima non erano immaginabili. Andy Inglis, responsabile delle esplorazioni e della produzione di Bp, lo aveva chiamato alle prime ore del mattino annunciandogli un brutto guaio per Deepwater Horizon. Oggi il "guaio" ha i contorni del peggior disastro naturale dell’industria petrolifera, forse superiore a Exxon Valdez.
Tony Hayward in questi giorni avrebbe dovuto celebrare il terzo anniversario alla guida del colosso petrolifero britannico, un compleanno da festeggiare con champagne d’annata per i risultati che sta imprimendo a un’impresa che dal 2005 in poi ha vissuto una fase quanto mai difficile. Hayward è in Bp da molti anni, è stato a lungo l’assistente di Lord Browne,lo storico ceo che si dimise nel 2007. Lasciò un gruppo che, alla fine del suo mandato, aveva inanellato troppi incidenti e una brutta fama: eccessiva attenzione ai risparmi, poca alla sicurezza.L’esplosione della raffineria Bp in Texas nel 2005 aveva provocato 15 morti e gettato un’ombra pesante sulle operazioni del gruppo negli Usa. Le perdite dalle pipeline di Prudhoe Bay nel 2006 e nel 2007 avevano fatto il resto. Episodi che, insieme alle difficoltà in Russia della partecipata Tnk-Bp, avevano fiaccato l’immagine e la solidità del gruppo.
Tony Hayward ha cercato di razionalizzare il business, innalzando gli standard di sicurezza. In due anni è stato ridotto del 10% il personale e i numeri sono stati riportati in linea con quelli di un’industria che aveva goduto del grande boom dei prezzi del barile. La cura del nuovo ceo ha dato i primi risultati qualche mese fa, quando Bp ha superato Shell nella capitalizzazione di Borsa e fatto segnare utili miliardari ben oltre le previsioni. Ma il cambio culturale, nelle intenzioni di Hayward, doveva andare oltre i conti e la sicurezza. Bp ha cercato di posizionarsi come società attenta alle esigenze dell’ambiente e impegnata, dietro lo slogan «oltre il petrolio», nella ricerca di energie alternative.
Tutto questo, a cominciare dalla migliorata sicurezza, torna ora, almeno in parte, in discussione. Già si moltiplicano le voci di un warning che Bp avrebbe lanciato dieci anni fa alle società partner per i materiali usati nella piattaforma di trivellazione esplosa. In qualche modo confermate dalle dichiarazioni rilasciate ieri da Hayward alla tv Usa Nbc: «La piattaforma era di Transocean ed erano loro anche l’attrezzatura che si è guastata e i sistemi che la facevano funzionare».
Sull’aura di impresa "verde" pesa, quindi, la marea nera diretta verso le coste degli Stati Uniti. Danni d’immagine difficilmente calcolabili. Sono invece più immediatamente quantificabili altri prezzi che Bp dovrà pagare. Il titolo continua a calare. La piazza di Londra ieri, giorno festivo in Gran Bretagna, era chiusa, ma a New York Bp ha perso il 3,8 per cento. Numeri che si aggiungono ai 25 miliardi di capitalizzazione evaporati fra il 20 aprile a venerdì scorso.
Più complesso è invece immaginare quale sarà il prezzo finale che Bp dovrà pagare. La lista è lunga e spazia dai pescatori della Louisiana - dove si lavora il 40% di gamberi, granchi e ostriche americani - che chiederanno indennizzi non inferiori a 2,5 miliardi di dollari, all’industria del turismo della Florida, in linea per raccogliere almeno 3 miliardi. Per le operazioni in corso ora, Bp stacca ogni giorno un assegno da 6,5 milioni di dollari, comprese le spese per i 2.500 uomini, i cinque aerei le 76 imbarcazioni impegnati.
Il conto finale, secondo le stime più pessimistiche, potrebbe raggiungere i 14 miliardi di dollari. Un calcolo che Goldman Sachs contesta suggerendo ai propri clienti di comprare titoli Bp che ritiene eccessivamente penalizzati.