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 2010  maggio 04 Martedì calendario

Negli anni trenta, a Roma, all’inizio di via Nazionale, quasi ad angolo con pazza Esedra, sullo stesso lato dell’Upim e del bar Camilloni apre il negozio di modelli Casa Line con le vetrine «basse, gremite di spettri in carta velina» (Irene Brin)

Negli anni trenta, a Roma, all’inizio di via Nazionale, quasi ad angolo con pazza Esedra, sullo stesso lato dell’Upim e del bar Camilloni apre il negozio di modelli Casa Line con le vetrine «basse, gremite di spettri in carta velina» (Irene Brin). Alle dieci del mattino- spiega Brin- le clienti si apprestano a fare il loro ingresso a Casa Line, curiose di mettere subito a confronto l’abito fantasticato durante la notte con le centinaia di metafisiche scomposizioni della silhouette su "manichini senza collo, coperti di drappeggi di carta, tutti lavorati a matita di lineette, rigoline, segni, punti, cerchietti». Le persone che frequentano il negozio secondo Irene Brin: ci sono «domestiche con la rete della spesa» desiderose «di abiti in stoffe a fiorami e drappeggi» e signorine col «cappello bigio» che chiedono «con accenti romaneschi, lo stampo di uno short, di un bain-de-soleil, di una jupe-culotte, di pantaloni jodhpur». Ci sono signore all’antica «di quelle che portano il nastrino di seta bianca al collo, e sonom per lo più baronesse, vedove di grand’ufficial, che purtroppo hanno perduto tutti i loro denari, ma rimangono molto, molto, molto distinte». Ci sono «ragazze un poco scialbe», che nell’acquisto dei nuovi modelli ripongono la speranza di «modernizzare la tecnica della sartina che viene in giornata, vecchissima, si capisce, e semicieca». A far girare il manichino sul perono è un «giovane raffinato» pronto ad assuemere il ruolo di «arbitro di eleganza» per amiche, sorelle e cugine. Ma a suscitare il biasimo dei presenti è la «signora nervosa» che, insoddisfatta per non aver trovato il modello per un ballo in costume, pensa di aggirare l’ostacolo chiedendo «un abito da sera un poco strano, originale, tipo cinematografico».