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 2010  maggio 04 Martedì calendario

SAUL BELLOW

Nei prossimi mesi uscirà negli Stati Uniti un epistolario di Saul Bellow autore di Herzog, premio Nobel per la letteratura e considerato tra i più grandi romanzieri della storia a cura di Benjamin Taylor. Nel numero uscito qualche giorno fa (ancora reperibile in edicole e librerie italiane) la rivista ”The New Yorker” ha pubblicato alcuni estratti dal mare magnum di lettere. In particolare, ha selezionato quelle inviate a colleghi illustri come Philip Roth, Bernard Malamud, Martin Amis, John Berryman, William Faulkner, John Cheever e altri.
Si tratta di testimonianze straordinarie, nelle quali Bellow commenta i suoi libri, per esempio Le avventure di Augie March, accetta le critiche (o i complimenti) degli amici e in alcuni casi discute furiosamente di questioni che gli stanno a cuore. Per esempio il ”caso Pound”. In una missiva datata 7 gennaio 1956, Saul scrive a Faulkner utilizzando toni piuttosto duri a proposito dell’autore dei Cantos, accusato sostanzialmente di essere un antisemita.
Assalto a Ezra
«Caro Sig. Faulkner», inizia Bellow, «... scrivo questa lettera per offrirle la mia opinione a proposito del consiglio da Lei fornito, credo dopo che me ne sono andato dalla riunione, che tutti noi chiediamo la liberazione di Ezra Pound. Lei dice: ”Mentre il Presidente di questo Comitato della (Gente per la Gente) ha ricevuto un premio dal governo svedese e una decorazione da quello francese, ecco che il governo americano fa rinchiudere uno dei suoi migliori poeti”».
Al grande William che difende Pound, Saul risponde per le rime: « un modo di ragionare che mi lascia davvero stupefatto: Lei, signor Faulkner è stato meritatamente omaggiato da questi governi. Ma, per quanto io ne sappia, non ha mai cercato di rovesciarli o di minarli alla base. Inoltre, Pound non è in carcere ma in un manicomio». Bellow forse non conosceva le condizioni terribili in cui versava il poeta in quel manicomio e prosegue alzando il tiro:
«Se fosse sano dovrebbe essere processato di nuovo come un traditore; se fosse matto non andrebbe rilasciato solo sulla base del presupposto che è un poeta. Nelle sue poesie e nelle sue trasmissioni Pound ha invocato la sciagura per gli Ebrei e ha predicato l’odio e l’assassinio. Lei pensa davvero che io possa unirmi a lei nel rendere onore a un uomo che ha invocato la distruzione del genere a cui appartengo? Non posso far parte di una cosa del genere nemmeno se si trasforma in un’efficace propaganda all’estero, cosa di cui dubito. Anzi, gli europei lo prenderebbero come un sintomo reazionario. In Francia Pound sarebbe stato fucilato. Liberarlo perché è un poeta? E perché Mai? Forse poeti migliori di lui sono stati sterminati. E non diciamo una parola per loro?».
Secondo Bellow, «l’America si è comportata in modo pietoso verso Pound nel riconoscergli l’insanità di mente e nel risparnmiargli la vita. Liberarlo è un’idea stupida e debole. Agli occhi del mondo apparirebbe come una giustificazione verso Hitler e Himmler e Mussolini. Ma non è la questione pratica che m’interessa, qui. Quello che mi sbalordisce è che lei e il signor Steinbeck, che per così tanti anni avete avuto a che fare con il mondo delle parole, non comprendiate il peso delle affermazioni (...) brutali di Ezra Pound (...). E sarebbe questa la materia della poesia, a partire dai Cantos Pisani? Ma questa è la giustificazione dell’omicidio. Se a dirlo fosse un contadino o un calzolaio gli daremmo del matto. Il mondo intero cospira nell’ignorare quello che è accaduto, le guerre gigantesche, gli odi colossali, gli assassinii inimmaginabili, la distruzione dell’immagine stessa dell’uomo. E noi un ”gruppo significativo di scrittori americani”, ce ne usciamo con una roba del genere? Un vero pasticcio!».
Gli errori in pagina
Le altre lettere riportate dal New Yorker riguardano soprattutto questioni letterarie. Con lo scrittore Bernard Malamud (recentemente riscoperto in Italia grazie a minimum fax), in una missiva del 1953, Bellow discute del romanzo Le avventure di Augie March. «Ho pensato che la tua lettera fosse una delle migliori, una critica davvero penetrante. E non ho nessuna intenzione di ribattere alle tue critiche. Anche tu sei uno scrittore, e uno scrittore vero. Sai benissimo che non dovremmo preoccuparci della difesa personale. Io ho commesso molti errori. Devo dichiararmi colpevole di fronte a molte delle tue accuse. vero, forse Augie è troppo passivo. E sì, i vari episodi non contengono troppe variazioni. Il peso della lingua è troppo costante e uniforme. Sul fatto che sia troppo aulico potrei anche discutere. Perlomeno ho sentito in modo acuto la sua sofferenza, anche se forse non l’ho descritta in modo completo. (...) Un romanzo, come una lettera, dovrebbe essere libero, coprire molto terreno, correre in lungo e in largo, assumersi il rischio della mortalità e della decomposizione. Io ho preso le distanze da Flaubert a favore di Walter Scott, Balzac e Dickens. Mi sono impegnato al massimo e adesso ne devo pagare il prezzo. Lasciare che ci siano degli errori. Lasciare che rimangano nel libro come i peccati rimangono nelle nostre vite. Spero che qualcuno possa essere perdonato. Farò quel che potrò, il resto è nelle mani di Dio».
Con l’amico Philip Roth, invece, Saul critica i giornalisti. Nella lettera datata 7 gennaio 1984 scrive: «Caro Philip, pensavo che avrei fatto una buona cosa nel dare un’intervista a ”People”, ma mi sono sopravvalutato (...). La giovane intervistatrice ha rovesciato le mie opinioni, tagliato gli elogi che avevo espresso e fatto sembrare tutto come una sconfessione, una denuncia e una scomunica. (...) Ho paura che non possiamo fare niente per difenderci dai giornalisti; possiamo solo sperare che muoiano come i tafani verso la fine di agosto».
Intima e affettuosa è la corrispondenza con il narratore inglese Martin Amis. 13 marzo
A VENEZIA NEL 2011
1996 Bellow gli scrive: «So benissimo di essere diventato un pessimo corrispondente. Non è che non pensi a te. Anzi, capiti spesso fra i miei pensieri. Ma quando succede, mi sembra chiaro che io ti debbo una lettera speciale e grandiosa. E perciò vai a finire nel ”magazzino delle buone intenzioni”. (...) Posso immaginare come si sia sentito tuo padre alla macchina da scrivere, dovendo finire un libro. Quanto a me, mi accontento di roba più corta, che può essere finita in fretta. Mi sono arrangiato così per un po’. come imparare di nuovo a camminare. Però che gusto c’è, se poi quello che uno vuole veramente è di mettersi a correre? (...) Mi assumo volentirei e con faccia tosta il ruolo di padre adottivo. Provo per te sentimenti paterni. Non è solo la lingua a unirci, o lo ”stile”. Condividiamo anche valori più remoti, ma perfino più importanti».
Anche con John Cheever Saul si dimostra molto affettuoso («c’è un legame particolare fra noi», gli scrive nel dicembre 1981). E gli dice alcune parole che ben esprimono la sua concezione della letteratura: «Tu sei impegnato, come uno scrittore dovrebbe essere, nel trasformare te stesso. Quando ho letto i tuoi racconti, ho visto la trasformazione avvenire sulla pagina. Non c’è nulla che conti davvero a eccezione di questa trasformazione dell’anima. Ti ho amato per questo. Ti ho amato comunque, ma soprattutto per questo».