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 2010  maggio 04 Martedì calendario

Vogliamo un partito degli onesti, anche all’1% - Tra due litiganti, il terzo fa la scissione dell’atomo

Vogliamo un partito degli onesti, anche all’1% - Tra due litiganti, il terzo fa la scissione dell’atomo. quello che rischia di accadere nel centrodestra, dove Gianfranco Fini giura di non voler fare un PdL nel PdL. Mentre l’onorevole attore Luca Barbareschi farebbe un PdL nel PdL nel PdL. Il suo sogno nel cassetto è «un partito dell’1% fatto da persone pulite, non ricattabili». Peggio: lui non avrebbe mai fuso An con Forza Italia. Di più: fosse per lui, il bubbone lo avrebbe fatto scoppiare molto prima. Barbareschi non è più realista del re. Lui si sente "il" re, rivendicando il copyright delle idee del presidente della Camera. «Io sono uscito allo scoperto ancora prima di Fini, scontrandomi personalmente con Tremonti e Berlusconi. Nel film Il Trasformista criticavo il PdL due anni prima di entrare in politica». E quando scese in campo, profetizzò: «Preferirei essere nel PdL, ma non so se si farà, vedo parecchie nubi». Barbareschi, la "Cassandra" del centrodestra. «Se per questo, feci già la "Cassandra" quando dissi che An raccomandava le mignotte in Rai». Eppure lei è entrato in politica dalla porta di via della Scrofa facendo da sponsor per ben due volte a Gianni Alemanno in corsa per il Campidoglio. Oggi si sente più vicino a lui o a Fini? «Non credo che i due siano molto distanti, ci siano opportunità diverse che li dividono. Alemanno è costretto ad avere un buon rapporto con il governo e con il ministro Tremonti, perché se non gli dà i finanziamenti per Roma, dove va?». Veramente, Alemanno è agli antipodi da Fini e dalla posizione di rottura con il governo che ha assunto alla direzione del PdL. «Non è Fini a volere la rottura, ma chi non vuole accettare il contraddittorio». O chi vuole imporre a tutti i costi il proprio controcanto. «Fini voleva solo far valere le proprie idee». E serviva fare tutto sto casino? «Era l’unico modo per far sentire la sua voce nel partito. Il contraddittorio non deve essere vissuto per forza come un tradimento. Invece, alla direzione hanno tentato di cacciare Fini». Al contrario. Berlusconi gli ha detto che è pronto ad accoglierlo a braccia aperte, ma che sarebbe opportuno che lasciasse la presidenza della Camera se intende ricominciare a fare politica attiva. «Un presidente della Camera ha diritto di fare politica». Non dovrebbe essere super partes? « pur sempre un uomo politico». Che sensazione le ha fatto lo show down andato in scena in direzione? «Di grande piacere, perché finalmente il brufolone che montava è esploso». A giudicare dai sondaggi, gli elettori non hanno provato altrettanto piacere. I loro leader non hanno dato un grande spettacolo. «Ci ha regalato spettacoli ben peggiori Mon- tecitorio, dove ho visto l’ipocrisia di un intero Parlamento accusare Craxi di furto per poi chiedergli scusa dieci anni dopo. Quando sento Violante parlare bene di Bettino penso che questo sia un Paese con l’Alzheimer. Anzi, quella si chiama paraculaggine a casa mia». Non ha avuto la sensazione che Fini avesse perso il controllo quando si è scagliato contro Berlusconi brandendogli il dito sotto il naso? «Non eravamo mica in Parlamento». Ma lui è pur sempre il presidente della Camera. «A me è sembrata una reazione molto umana, soprattutto da parte di un uomo come Fini, abituato ad essere sempre così freddo». Condivide la campagna mediatica di Fini? «Sta semplicemente rispondendo al gioco al massacro scatenato contro di lui dal giornale di proprietà della famiglia Berlusconi».  normale che la terza carica dello Stato faccia politica in tv? «Ripeto, il presidente della Camera può fare politica. Anzi, deve. A me è sembrato molto super partes: né di destra, né di sinistra». Dalla parte di Fini. «No, Fini è dalla parte del libero pensiero». Il finiano Amedeo Laboccetta ha detto a Franco Bechis che Fini è in preda a un «cupio dissolvi» da quando si è affidato a Italo Bocchino, che sta diventando «un soggetto politicamente pericoloso». Condivide? «Il mondo si divide in uomini che e hanno le palle e uomini che non le hanno. C’è chi condivide da anni quello che dice Fini, ma quando si tratta di metterci la faccia si tira indietro perché ha paura di perdere lo scranno. Mentre io sono uscito allo scoperto ancora prima di Fini, scontrandomi personalmente con Tremonti, Berlusconi e Romani e facendomi dare del rompicoglioni». Anche lei ritiene che Bocchino sia «un soggetto politicamente pericoloso»? «Non ho mai avuto grandi rapporti con lui. In questi due anni non ho avuto rapporti quasi solo con Fini». Allora è vero che è uno snob. «No, è la politica che è una bestiaccia. E quando sei un novello, ti chiami Luca Barbareschi, sei alto e novanta, hai avuto un sacco di donne, produci film, hai un successo internazionale, ti detestano appena entri». Sarà per via della sua ”umiltà”. «No, produco fastidio fisico perché sono un ”animale” diverso. Ma qualche amico ce l’ho». Tipo? «Ho ottimi rapporti con Brunetta, Sacconi, la Gelmini, la Prestigiacomo». Parla tanto male di FI e del governo, ma ha solo amici ministri e tutti azzurri. «Sono tutti compagni socialisti, è diverso». La Gelmini andava alle elementari ai tempi di Craxi e la Prestigiacomo al liceo. «Ma sono brave persone». Non ha risposto su Bocchino. Che idea si è fatto delle sue dimissioni? «Le ho trovate una scelta coerente». Le sembra coerente uno che si dimette da vice per candidarsi a capogruppo? « stata una provocazione». Il 16 aprile lei ha espresso un altro presagio che si è avverato alla direzione del PdL: «Se deve essere strappo, strappo sia. Ma per raccogliere il 20% non il 5%». «No, una cinquantina ci sono». E com’è che hanno firmato solo in 11 la mozione di Fini? «Molti hanno fifa di essere epurati». Quando Fini le ha chiesto «sei pronto?», lei cosa gli ha risposto? «Io ero pronto a scelte anche più drastiche». Anche a fare la scissione? «Fosse per me, io farei un altro partito, anche dell’1%, di grande etica, di meritocrazia, di squadra, fatto da persone pulite, non ricattabili. Mi fanno ridere i leader di partiti minori che dicono "noi, noi, noi", e poi le loro liste sono composte al 90% da gente inquisita». Fini non ha commesso nessun errore? «Forse l’aver agito solo adesso. Io mi sarei mosso prima». Quando? «Due mesi dopo la nascita del PdL. Ma io sono un impulsivo, Fini invece è un politico di razza». Un modo diplomatico per dire che Fini ha abbozzato troppo? «Io non avrei neanche sciolto An in Forza Italia. Avrei confederato il partito nel PdL, come ha fatto la Lega, perché sapevo che nel PdL sarebbe andata così, ancora prima che nascesse. Forse perché conosco bene Berlusconi, molto meglio di Fini e di tanti servi sfegatati che circondano il premier, e so che l’unico modo per trattare con lui è mantenere il punto e rivendicare il peso del proprio elettorato». Che altri consigli darebbe a Fini? «Continuare per questa strada di assoluta coerenza con il suo pensiero, senza dare neanche la vaga impressione di una marcia indietro». In che rapporti è lei con Berlusconi? «L’ultima volta che l’ho visto mi ha detto "vediamoci, parliamo". Ho provato a chiamarlo, ma non mi risponde». Quindi, per farsi sentire, lei si è messo a fare il ribelle. «Ma no. Mi spiace per Silvio, perché io gli voglio bene, da prima che entrasse in politica. Gli ho scritto un sacco di lettere negli anni in cui era un editore, perché mi piace la sua passione. Ma un partito non è Publitalia. E poi il PdL doveva nascere tenendo conto delle eccellenze del partito, e questo non è avvenuto». Il nodo è arrivato al pettine: lei si è messo a fare casino perché non ha ottenuto nessuno dei posti che le avevano promesso? «Mi fa davvero così coglione?». Coglione, no: deluso. Le avevano detto che avrebbe fatto il ministro dei Beni Culturali, poi il sottosegretario, l’assessore alla Cultura di Roma. Alla fine è sfumata pure la presidenza della commissione Cultura. E si è dovuto accontentare della vicepresidenza della commissione Trasporti. «Non li ho voluti io quegli incarichi perché non ho tempo. In commissione ho vissuto la frustrazione di non contare nulla perché, se non vieni da Forza Italia, sei figlio di un dio minore». Tanto adesso diventerà direttore del teatro di Roma. No? «Se me lo offriranno, prenderò in considerazione la possibilità». L’ultima volta che è stato con Berlusconi? «Tre anni fa. Cenammo assieme al ”Garibaldi”, a Milano. Rimanemmo a parlare della vita fino alle tre mattino e poi mi accompagnò a casa. Berlusconi va preso per quello che è. Io avevo un padre così». Così come? «Mio padre era campione italiano di corsa ad ostacoli, parlava quattro lingue, suonava il pianoforte, la chitarra, la fisarmonica e la tromba. Era ingegnere e pure industriale. Mi faceva due palle così, fin quando Edipo non mi ha dato il coraggio di mandarlo a quel paese. Non ci parlammo per anni». Dove ha conosciuto Berlusconi? «Nel 1976 a New York, dove lui venne con un’amica perché voleva fare la tv via cavo e volle conoscere John Sanfratello, il fondatore della prima home box tv. Mi era simpatico perché tutti i radical-chic legati al clan Agnelli lo snobbavano. Ma lui se n’è fottuto alla grande e ha costruito un impero. La tv in Italia hanno provato a farla tutti ma c’è riuscito solo lui». Del Cav nel 2008 lei disse che era «un genio», l’anno dopo ha bollato la sua leadership come «inaccettabile». Oggi su che posizioni è? «Lui è un fuoriclasse, un genio. Ma se vuole passare alla storia deve staccare la politica dai suoi interessi. Se fare le riforme significa creare qualche danno a Mediaset, se ne deve fregare. un problema dei suoi figli». Lei è un attore affermato, cosa l’ha spinta a scendere in campo? «La storia della mia famiglia. Il papà di mia nonna, Saverio Fino, fondò il Parlamento italiano a Torino e formò i codici della Siae: era un grande clarinettista e un avvocato. Mia nonna, Maria Antonietta Barbareschi Fino, fondò le cooperazioni femminili nel 1925, lavorò anche con Alcide De Gasperi, è stata la prima donna economista italiana, ed era pianista e scrittrice. Mio padre era un partigiano bianco. Mi chiamo Luca perché era il suo nome da partigiano. Ha combattuto fino al 1947 per difendere l’Italia dal tentato colpo di Stato dei comunisti della Brigata Garibaldi». Come mai è nato a Montevideo? «Perché mio padre era un ingegnere civile, costruiva dighe e altiforni, e andava dove c’era lavoro. Rimasi lì fino a sei anni». Cosa ricorda della sua infanzia in Uruguay? «Mia madre, e i mobili, che venivano cambiati spesso perché erano di un antiquario ebreo che ce li prestava». Lei è ebreo per parte di madre. Che rapporto ha con l’ebraismo? «Molto intenso, perché non è una religione, è una filosofia». Quando tornò a Milano subì abusi sessuali tra i 9 e i 12 anni. Quanto l’ha cambiata quell’esperienza? «Mi ha segnato per sempre. Domani all’Ara Pacis, si celebra la giornata nazionale contro la pedofilia, alla presenza del presidente della Camera e dei ministri Sacconi e Meloni. Molte cose cambieranno in Italia grazie alla mia legge contro la pedofilia approvata l’anno scorso». Che effetto le ha fatto quando il suo amico regista Roman Polanski è stato arrestato per pedofilia? «Mi è spiaciuto molto, anche perché quella non è pedofilia ma accanimento giudiziario nei suoi confronti. Per altro quella donna l’ha perdonato». Come fa a difendere la categoria lei che ha subìto abusi? «Polanski sarà stato in parte colpevole, ma trovo più vergognosa la volontà dei giudici di farsi pubblicità con una storia che risale a trent’anni fa». Lei mosse i primi passi in teatro a Chicago. «Grazie a un grande maestro, Virginio Puecher, che mi portò lì dopo aver fatto l’Enrico V a Verona. Feci tre mesi a Chicago con Placido Domingo e poi mi trasferii a New York, dove facevo il cameriere mentre lavoravo al Metropolitan con Frank Corsaro e all’Actor’s Studio con Lee Strasberg, Nicholas Ray, Al Pacino e Robert De Niro, che venne sul mio set a benedire il film Summertime mentre lui faceva Toro Scatenato». A quei tempi lei flirtava con Isabella Rossellini. «Durò una sera, le diedi un bacio e le tenni la mano. Io ero già invaghito, era la figlia di Ingrid Bergman. Ma lei mi disse che non amava il cinema. L’indomani, però, andò a fare un’intervista a Martin Scorsese e tre giorni dopo si mise con lui». Ma lei poi si è rifatto alla grande. Quante donne ha avuto nella sua vita? «Ho perso il conto». Il film di cui va più fiero? «Summertime. E mi sono molto divertito a fare l’omosessuale in Via Montenapoleone». circolata più volte la voce che lei fosse bisessuale. mai stato con un uomo? «Di questo non parlo». Lei si sente più un "animale" da teatro, da cinema o da tv? «Da teatro, non potrei rinunciarci mai. Questo mese parto in tournée per una settimana all’estero dove porterò una commedia di Giorgio Gaber, "Il caso di Alessandro e Maria": farò Manchester, Londra, New York, San Paolo, Buenos Aires e finirò nella mia città: Montevideo». Lei ha detto: «In teatro non mi batte nessuno». Modesto. «Sono in pochi ad avere la mia esperienza, è un segno di vecchiaia». Il critico Morando Morandini, però, ha detto che lei «ha sbagliato mestiere». «Morandini è la massima espressione dell’imbecillità della critica radical-chic, che non mi ha mai considerato». Per questo, pur essendo socialista, si è buttato a destra? «An ha una grande anima sociale. Non a caso viene dal Msi e Mussolini era un socialista». Ma lei resta di sinistra: ha difeso il diritto dei gay alle nozze e all’adozione e voleva staccare la spina a Eluana Englaro. «Sono posizioni di buon senso, non di sinistra». Due omosessuali sono più adatti di un padre e una madre ad educare un bambino? «Se gli vogliono bene, meglio due uomini che una coppia di imbecilli. Ho visto ragazzi rovinati da genitori cocainomani e single tirare su figli meravigliosi». Lo stabilisce lei il grado di imbecillità di una coppia? «I matrimoni felici esistono solo nel mondo di Walt Disney. Certo, l’affidamento di un figlio va fatto cum grano salis». Lei è separato figlio di separati. Ma sta da un anno con Elena Monorchio, che sta per darle una figlia. Che effetto fa diventare padre per la quarta volta a 54 anni? «Mi dà un’energia pazzesca, ne voglio fare un altro dopo questa, che si chiamerà Maddalena, perché vorrei darle un fratellino». Lei si è un po’ rotto della politica. «Non è vero». E allora perché è tra i più assenteisti del Parlamento? «Ma se in qualche settimana la mia presenza è stata del 97%!». Ma non c’era quando la maggioranza è andata sotto sul decreto salva liste. «Qualche volta non ci sono perché ho altro da fare». Tipo il suo programma su La7 ”Sciock”, che ha fatto l’1,56% ed è costato 5 milioni per 12 puntate? « stato dello 0,7% sotto la media di rete, ed è costato meno del programma di Crozza e di altri».  vero che farà ”Domenica In” con Lorella Cuccarini? «Balle. Io non andrò mai in Rai».