Diego Gabutti, Italia Oggi 24/4/2010, 24 aprile 2010
TUTTO BUONO PUR DI IMBASTIRE RISSE SUL NIENTE
Anziché litigare sulle scelte politiche da fare si tirano fuori argomenti-polverone
Libero è una di quelle gazzette, tipo il Giornale o la Repubblica, che si può fare a meno di leggere senza per questo rinunciare a sapere come la pensa a proposito di qualsiasi argomento, dalle tempeste nel bicchier d’acqua della politica italiana alle crisi planetarie. Per conoscere l’opinione di Libero non serve un lettore. Basta e avanza uno qualunque. Purché sia disposto a chiedersi cosa conviene di più, di volta in volta, a Silvio Berlusconi. Ciascuno, mettendoci tempo e pazienza, può scriversi l’intera pagina dei commenti di Libero da sé, anche a occhi chiusi e in piedi su una gamba sola.
Questo genere di gazzette si segnala anche perché ama attaccare briga con le gazzette concorrenti. Eppure nessuno avrebbe mai immaginato che alla redazione di Libero sarebbe saltata la mosca al naso perché l’Unità, quotidiano a sua volta prevedibile come le torte in faccia nelle comiche finali, si sarebbe schierata con Ipazia, filosofa pagana del IV secolo, e contro i suoi assassini, i cristiani d’Alessandria. roba di tanto tempo fa, dirà qualcuno. Secoli, millenni. Che senso ha parlarne oggi sul giornale con titoloni strillati da cronaca nera tipo delitto di Cogne? Sembra effettivamente un po’ assurdo. Ma anche i nostri leader politici sono tutti, dal primo all’ultimo, roba di tanto tempo fa; tutti vecchi come Matusalemme, compresi (anzi, specie) i giovani e i giovanissimi. Dunque non è così strano che, in quest’Italia archeologica, cadente e anche un po’ grinzosa, due importanti quotidiani di parte, e anche un po’ di partito, per chiamare così il Popolo della libertà, si prendano a cornate, un millennio e mezzo dopo il linciaggio d’Ipazia da parte dei fondamentalisti cristiani, per decidere chi aveva ragione tra lei e il vescovo Cirillo, il capo degli invasati, specie adesso che esce un film che ricostruisce tutta la storia.
A raccontare la vita d’Ipazia e la sua morte per mano di paleocristiani fanatici è, infatti, un film appena uscito, Agorà, del regista cileno-spagnolo Alejandro Amenábar. Libero, letta una recensione favorevole al film sul giornale nemico, ne ha subito concluso, alla bergamasca, vale a dire con un ruggito, che il film e la recensione sono subdoli attacchi a «Papa Ratzinger», di cui il quotidiano di Maurizio Belpietro, direttore pio e gran seguace di «Cirillo Berlusconi», si è autoproclamato, sa Iddio perché, difensore d’ufficio. Recensione vigliacca e film «brutto, che va male» (e se lo merita). Libero non ha dubbi e, come il bilioso padre della chiesa Tertulliano quando parlava d’eretici o come il suo amico e compaesano Vittorio Feltri quando parla di Gianfranco Fini o di Italo Bocchino, non le manda a dire a nessuno. Né a Concita De Gregorio, direttrice mangiapreti dell’Unità, colpevole di aver pompato il film «sull’onda della polemica contro il Vaticano e contro il cristianesimo», né all’infame regista, senza dubbio un «laicista» anche lui, del «noioso colossino da cinquanta milioni di euro».
Amenábar e l’Unità, assicura Libero, non sanno nulla d’Ipazia, un «personaggio» chimerico, «del quale anche la storia sa veramente poco». Solo Libero, le cui firme sono praticamente onniscienti, sanno che Ipazia, in realtà, fu «un’incendiaria, una strega». E aggiungono, da quei sapientoni che sono, che «forse Ipazia non era neppure pagana ma si era convertita al cristianesimo» e che, se «fece una fine orribile», è perché in fondo se la meritava. Libero conosce anche l’identità dei suoi assassini, che non furono, badate, i seguaci del vescovo Cirillo e tanto meno Cirillo in persona, vescovo notoriamente pieno di virtù. A fare il colpo, assicura Libero, fu «probabilmente una setta, i Parabolani, che d’un cristianesimo giovane e appena uscito dalla persecuzione e dalle catacombe erano una delle avanguardie più estreme e fanatiche». Bisogna capirli, via, certi fanatici, quando perdono la pazienza: li hanno perseguitati, messi in croce, dati in pasto ai leoni, accusati d’aver incendiato Roma e adesso, secoli dopo, li accusano anche di incaprettare i bambini. Agorà, un film ispirato da Satanasso in persona, è con piena evidenza «un pretesto dell’Unità per screditare Ratzinger» (e per diffamare quei poveri Parabolani). Un altro «pretesto», sembra di capire, è la pedofilia, parolone inventato dai laicisti al servizio di Concita De Gregorio, per esagerare le colpe dei preti pedofili.