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 2009  dicembre 04 Venerdì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 26 APRILE 2010

«Perché convivono due partiti, il Pdl e il Pdl Sicilia?» ha chiesto giovedì con tono di rimprovero Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi. Il premier gli ha risposto con una chiamata in correità, ricordando che a sostenere quella frattura e il governo guidato dal leader del Movimento per l’autonomia Raffaele Lombardo ci sono tanti finiani. Il presidente della Camera ha controreplicato facendo notare che Gianfrancò Micciché, fondatore di Forza Italia in Sicilia e fondatore anche della sua antitesi, il Pdl-Sicilia, «è un uomo tuo». Il deputato regionale Emilio Marrocco (finiano): «La verità è che in Sicilia non esiste un coordinamento regionale. Siamo allo sbando». Berlusconi ha promesso che dopo l’incontro di domani con Micciché le cose cambieranno. [1]

Pur essendo stato eletto nel 2008 con oltre il 65 per cento dei voti, Lombardo non è mai riuscito a governare tranquillamente. Marcello Sorgi: «Il primo governo del nuovo governatore è durato sì e no un anno. Ma le fibrillazioni si sono sentite quasi subito, quando Lombardo ha deciso di mettere mano al comparto della Sanità, da sempre feudo del suo predecessore Totò Cuffaro. Discussioni, scambi di avvertimenti con interviste, poi d’improvviso una spaccatura profonda, all’interno del Pdl, tra il sottosegretario Gianfranco Micciche schierato con il governatore, da un lato, e il ministro di Giustizia Angelino Alfano e il presidente del Senato Renato Schifani dall’altro». [2]

A un certo punto Micciché, che è da sempre il più sulfureo degli amici di Berlusconi nell’isola, ed ha con il Cavaliere una confidenza personale molto invidiata, annuncia che sta per costituire un nuovo partito del Sud. Sorgi: « la crisi. I due tronconi del Pdl si confrontano alle elezioni europee. I seguaci di Micciché fanno la campagna elettorale da appestati, con una minaccia di radiazione dal partito che pende sulle loro teste. Perdono le europee, ma il loro candidato più esposto, il giovane assessore Michele Cimino, prende da solo 125.000 preferenze. Alla resa dei conti, Micciché e Lombardo sfidano il Pdl e formano un governo senza l’Udc (stretto alleato di Alfano e Schifani), con il via libera, non si sa come, di Berlusconi». [2]

Formalmente, il Lombardo-bis ha l’appoggio del Pdl. Sorgi: «Il nuovo coordinatore siciliano del partito, Castiglione, sta con Alfano e Schifani, dichiara di non riconoscersi nella nuova formula, e invoca il ritorno all’alleanza con Cuffaro. Quanto a Micciché, che ha dovuto rinunciare, per espressa richiesta del Cavaliere, a fondare il suo nuovo partito, risulta essere il vero perno della nuova alleanza e l’alleato strategico di Lombardo». La principale novità del nuovo governo regionale sta in due tecnici, voluti direttamente dal governatore, graditi al Pd e alla Confindustria siciliana (Caterina Chinnici, magistrata e figlia del giudice Rocco Chinnici, ucciso con un’autobomba all’inizio della stagione stragista di Cosa Nostra, e l’imprenditore Marco Venturi). [2]

Già alle prime votazioni all’Assemblea regionale e in commissione, è evidente che la maggioranza non marcia. Sorgi: «Micciché sceglie di distinguersi e forma un gruppo parlamentare a parte, il Pdl’Sicilia, con i suoi quindici fedelissimi deputati. La scissione nel Pdl fa crescere la tensione». [2] Lo scorso 2 dicembre Lombardo dichiara «dissolta» la maggioranza politica uscita dalle urne, una maggioranza «troppo litigiosa», che, tra le altre cose, ha votato contro il suo Dpef. Dopo aver detto che i siciliani non vogliono elezioni anticipate, elenca dieci punti per risanare la regione «con chi ci sta». [3]

La mossa di Lombardo sembra far partire in Sicilia qualcosa di nuovo. Sorgi: «Forse il dopo Berlusconi, o la Terza Repubblica oppure, indietro nel futuro, l’eterno ritorno del milazzismo, la formula politica che portò nel ”59 al governo un’alleanza di tutti contro la Dc». [2] Il 28 dicembre nasce il Lombardo-ter, con cui viene ufficialmente inaugurata la stagione del sostegno esterno del Pd. Viene varato un governo di minoranza di cui fanno parte Mpa, Pdl-Sicilia e l’unico deputato rutelliano: in tutto 31 parlamentari su 90. Alfio Sciacca: «Per andare avanti ci sarà dunque bisogno del sostegno del Pd». [4]

Adesso si dice che la Sicilia ha fatto da apripista al divorzio che si sta consumando nel Pdl tra Fini e Berlusconi. Il deputato regionale Pippo Scalia, ex An: «Siamo ancora in attesa che qualcuno da Roma ci convochi per mettere pace nel partito». Giuseppe Oddo: «Ma è un’attesa vana. Il Pdl ha continuato a frantumarsi in vari comuni della Sicilia, a partire da Palermo. E anche se Micciché e i finiani hanno sempre respinto l’accusa di scissionismo, dichiarandosi leali a Berlusconi, non si è mai capito se il Pdl Sicilia debba considerarsi l’articolazione regionale di un partito nazionale o un nuovo soggetto politico locale». [5]

Dopo che giovedì Fini ha osato evocare la Sicilia, «tabù proibitissimo,
specie se accompagnato dal nome ”Micciché”» (Marco Travaglio) [6],
il caso Sicilia non è più tollerabile. Alessia Bivona: «Da settembre ad oggi in Sicilia ci sono stati due Popoli delle libertà. Entrambi hanno esibito praticamente uguali muscoli e schierato in campo forze equivalenti. Da un lato c’erano i cosiddetti lealisti di Alfano e Schifani in opposizione alla giunta regionale dell’Mpa Raffaele Lombardo, dall’altro i cosiddetti ribelli di Micciché che con Lombardo governano. Finora è andata così. Ma dopo la chiosa perentoria di Berlusconi, gli scenari potrebbero cambiare». [7]

La scissione del Pdl siciliano ha creato scompiglio, è stata considerata come una rottura di scatole, ma fino a giovedì non era entrata con troppa prepotenza nell’agenda politica nazionale. Bivona: «Per dirla tutta nessuno aveva mai preso il toro per le corna». [7] Adesso ci si accorge che la Sicilia sta vivendo l’esperienza «eretica» di un governo regionale basato su un’alleanza e mezza di un pezzo del Pdl siculo: alleanza piena con il Movimento per l’autonomia, a metà col Pd. Chi l’ha voluta? Gli ex aennini o gli ex forzisti o tutt’e due? [8]

Nel Parlamento siciliano l’ex An è divisa a metà: sei ”lealisti” hanno sottoscritto un documento nel quale si dissociano apertamente da Fini, altri sei sono con il presidente della Camera. L’ex missino Salvino Caputo, in passato vicino a Fini ma ora fedele al Pdl ufficiale, assieme a Giuseppe Buzzanca, Marco Falcone, Santi Formica, Salvo Pogliese e Vincenzo Vinciullo: «Io stavo bene in An, così come l’80 per cento degli iscritti al partito. Se si fosse fatto un referendum sull’adesione al Pdl, i no sarebbero prevalsi di certo». [8]

I sei aennini del Pdl Sicilia che stanno con Fini sono Alessandro Aricò, Pippo Currenti, Luigi Gentile, Carmelo Incardona, Livio Marrocco, Tony Scilla: «Condividiamo appieno le sue posizioni sulla necessità di un confronto leale e di un confronto interno, in particolar modo sulle questioni legate alle politiche per il Mezzogiorno». Scilla però precisa: «La leadership di Berlusconi non è in discussione. Il premier è un punto di riferimento e mi auguro che lo strappo con Gianfranco possa rientrare». [8]

Giovedì lo strano asse tra il Pd e il Pdl Sicilia ha proseguito la sua corsa con la discussione della finanziaria in commissione bilancio. Giulia Adamo, capogruppo del Pdl Sicilia, l’ha definita «un’inversione di tendenza che guarda in positivo il futuro della Sicilia intervenendo con decisione sulle attività produttive: agricoltura, pesca e turismo con l’obiettivo di fronteggiare la grave crisi economica che ha investito l’Isola». [9] Con l’appoggio dei lealisti, la finanziaria dà via libera ad altre 4500 assunzioni di contrattisti. Riccardo Arena: «Sulle cose concrete, sull’obiettivo di aumentare l’esercito dei 20 mila dipendenti regionali siciliani, le due anime del partito finiscono col ritrovarsi». [8]

Adesso Micciché deve scegliere se rientrare alla base o andare nel nuovo partito del Sud con Lombardo e qualche pezzo del Pd. [7] Giuseppe Lo Bianco: «Micciché esce dal Pdl seguito dai finiani siciliani in cambio di un avvicinamento dei parlamentari nazionali dell’Mpa alla nuova area Fini? O torna alla casa madre, mettendo in seria difficoltà Lombardo, nell’ ipotesi in cui i finiani dovessero fare marcia indietro riconfermando lealtà al Pdl berlusconiano?». [10] Bivona: «I pronostici proliferano. In testa c’è quello che vuole un ritorno all’ordine: niente finiani, niente ribelli miccichiani. La Sicilia tornerebbe colonia del Cav. In questo caso il Pdl sarebbe fuori dal governo Lombardo e l’opposizione - all’infuori dell’Mpa - raggupperebbe pressoché tutto l’arco di forze». [7]

Già da qualche tempo l’atteggiamento di Micciché è più benevolo nei confronti di Berlusconi che di Lombardo. Bivona: « di qualche giorno fa una lettera di Micciché al premier in cui professa lealtà sempre e fino in fondo, annuncia che resterà ”sempre al suo fianco” e manifesta ”la speranza di vederci ancora uniti mano nella mano in un cammino verso quella meta infinita chiamata Italia”. E sempre recentemente lo stesso Micciché non ha perso occasione per attaccare Lombardo. Gli ha contestato un attacco pubblico al senatore Pdl Pino Firrarello, suocero del coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione. Sembrano ormai lontane le stagioni in cui per Castiglione da Micciché c’erano solo parole di fuoco». [7]

Intervistato dal Sole-24 Ore, Micciché ha già fatto sapere che dubita sia possibile risolvere ogni problema con l’incontro di domani. Sull’appoggio a Lombardo, ha messo in chiaro: «Non sono stato io a decidere di candidarlo alla presidenza ma il ”Pdl ufficiale”. A soli quattro mesi dalle elezioni vinte con il 65% ci hanno ripensato: alla faccia della coerenza! Noi abbiamo rispettato il patto con gli elettori». Di abbandonare il governatore, non ci pensa nemmeno: «E perché Berlusconi dovrebbe chiedermelo? Per regalare la Sicilia alla sinistra? Ma siamo matti?». Infine, alla domanda «torna nel Pdl ufficiale o fonda il suo partito?» ha preso tempo: «Aspetto Berlusconi. con lui che devo parlare e con nessun altro». [11]

Ambiguo fin dall’inizio, Micciché si dichiara fedele al premier ma sogna la nascita di un Partito del Sud dotato di forte identità territoriale e federato al Pdl nazionale. Oddo: «Da quest’orecchio, però, i finiani non ci sentono. Almeno, non c’hanno sentito fino ad oggi. Per loro il Partito del Sud non s’ha da fare». [5] Adesso i finiani sono però scossi da un profondo paradosso d’identità. Bivona: «Se oggi dovessero chiudere un accordo con il governatore dell’Mpa, sarebbero fuori dal Pdl e dentro l’avventura del partito del Sud». [12] A prescindere da quel che farà Micciché, la prospettiva di un’alleanza Fini-Lombardo non è campata in aria. Vittorio Macioce: «I finiani stanno cercando la loro identità in contrapposizione al nordismo culturale di Bossi, Berlusconi e Tremonti. E anche se Fini è cresciuto a Bologna, sa benissimo che le possibilità di trovare uno spazio per il suo futuro politico crescono in direzione Sud». [13]