Maurizio Stefanini, Libero 18/4/2010, 18 aprile 2010
DALL’ET DEL BRONZO ALLA PRESA DELLA BASTIGLIA I VULCANI FANNO LA STORIA
In Islanda ci sono 130 dei 135 vulcani attivi d’Europa: altri quattro li abbiamo in Italia, e l’ultimo è quello greco di Santorini, la cui eruzione del 1600 a.C. pose fine alla civiltà minoica e probabilmente diede pure origine alla leggenda di Atlantide. Ovviamente, anche sui vulcani islandesi esiste un ricco folklore. L’Hekla, ad esempio, le leggende medievali la rubricavano un po’ come ingresso all’Inferno, un po’ come prigione di Giuda. Dallo Snaeffelsjokull, Jules Verne immaginò la partenza del suo Viaggio al centro della terra. Attorno al lunare paesaggio dell’Askja gli astronauti del Programma Apollo si addestrarono appunto a passeggiare sulla luna. Nel cono dell’Eldfell durante il Medio Evo si rifugiavano gli schiavi irlandesi scappati ai loro padroni vichinghi. E lo Jólnir emerse dal mare nel luglio del 1966, per poi risprofondare a ottobre. Peccato che oltre a stimolare scrittori e turisti ogni tanto si mettano a fare danni inenarrabili. Anche se poi, chissà, magari sono stati proprio questi danni a far fare alla storia alcuni passi decisivi.
Prendiamo ad esempio l’eruzione dell’Hekla del 1159 a.C.. Secondo alcuni storici, fu probabilmente il conseguente sconquasso climatico provocato dalla schermatura del sole per le polveri, con un’ondata a catena di cattivi raccolti, a provocare quel fenomeno conosciuto come ”Collasso dell’Età del Bronzo”, che in capo a pochi decenni vide la distruzione di Troia, il collasso della civiltà
micenea per l’invasione dei Dori, il crollo dell’Impero Ittita, il tentativo di invasione dell’Egitto da parte dei cosiddetti Popoli del Mare, e anche l’arrivo in Italia dei primi indo-europei. Una descrizione di fantasia ma accurata di quel colossale movimento di popoli spinti dalla fame è in un romanzo di Valerio Massimo Manfredi: Le paludi di Hesperia. Per cui, se quel vulcano islandese non avesse eruttato gli antenati degli italici se ne sarebbero rimasti in Ucraina o Ungheria piuttosto che venire in Italia. E queste righe oggi sarebbero scritte in etrusco o in basco, piuttosto che in una lingua neo-latina.
pure un dato storico ormai comunemente
EFFETTO PINATUBO
accettato che fu l’eruzione di un altro vulcano islandese, il Laki, a provocare a partire dall’8 giugno del 1783 la catena di eventi da cui sarebbe scaturita la Rivoluzione Francese, e quindi il passaggio dall’Età Moderna a quella Contemporanea. Il vulcano continuò infatti a eruttare aerosol di acido solforico fino al 7 febbraio del 1784, per una
quantità stimata tre volte tutte le emissioni industriali europee del 2006. In Islanda morì metà del bestiame e un quarto della popolazione, circa 10.000 persone. Ma anche nel resto d’Europa ci furono conseguenze devastanti, per effetto di un’eccezionale area di alta pressione che favorì lo spargersi delle ceneri. In mancanza di aerei, restarono bloccate le navi, mentre il Sole diventava rosso sangue. Almeno 23.000 persone morirono in tutta Europa solo per intossicazione da aerosol sulfurei, specie tra chi lavorava all’aperto. Altri 8000 morti ci furono nella sola Inghilterra per la successiva ondata di freddo, dovuta alla ridotta quantità di raggi del sole. E poi seguirono annate di cattivi raccolti, che in Francia provocarono il collasso del sistema fiscale dell’Ancien Régime. Ne seguì la presa della Bastiglia e l’età rivoluzionario-napoleonica, curiosamente conclusa da un evento analogo: l’”anno senza estate” del 1816.
In quest’ultimo caso, va detto, il guaio non veniva dall’Islanda, ma dall’Indonesia: il Monte Tambora, che era eruttato tra il 5 e il 15 aprile del 1815. Come ai tempi della Crisi dell’Età del Bronzo, anche qui le carestie misero i popoli in movimento, e dai primi Stati Uniti ancora arroccati lungo la Costa Atlantica delle Tredici Colonie partirono i pionieri alla Conquista del West. Mentre alcuni letterati inglesi, costretti dalla neve a trascorrere chiusi in casa un’estate di vacanze in Svizzera, per passare il tempo si sfidarono in una gara di narrativa. E Mary Shelley scrisse Frankenstein.