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 2010  aprile 17 Sabato calendario

LA SVOLTA DI ANDREW CUOMO SUPERFAVORITO A NEW YORK

Cuomo for governor. A giorni si attende l’annuncio. Stiamo parlando di Andrew Cuomo, attuale procuratore generale dello stato di New York e primogenito di Mario e Matilda Cuomo. Che si sta per candidare al posto occupato da suo padre tra il 1983 e il 1994. Ci aveva già provato otto anni fa, nel 2002. Ma, travolto dalla forza politica, finanziaria e organizzativa dell’avversario e sopraffatto dai suoi difetti caratteriali, era stato costretto a ritirarsi alla vigilia delle primarie per evitare un’imbarazzante sconfitta.
Quest’anno sarà un’altra partita. Perché, prima ancora che dichiari formalmente la sua candidatura, è da tutti considerato il favorito. Le sue quotazioni sono da mesi così alte da aver indotto altri potenziali candidati a rinunciare. Primo tra tutti, si dice, l’ex sindaco dell’11 settembre Rudolph Giuliani. In campo contro di lui non è sceso neppure un democratico e a contendergli il posto per conto del partito repubblicano saranno due personaggi minori qualil’ex deputato Rick Lazioe Steven Levy, funzionario di una contea ai più ignoto.
«Mi sorprenderebbe molto se a novembre Andrew non venisse eletto governatore», dice al Sole 24 Ore uno dei maggiori finanziatori del partito democratico newyorkese che ci chiede l’anonimato. «E se non dovesse succedere sarebbe probabilmente per motivi di politica nazionale, e cioè per un rigurgito anti-obamiano che nello stato di New York ritengo però improbabile ». Insomma, stavolta per Andrew Cuomo, nipote di Andrea, droghiere di Nocera Inferiore emigrato negli Usa alla fine degli anni 20, la strada verso la massima poltrona nella capitale statale di Albany sembra tutta in discesa. Purché non ricada negli errori di otto anni fa.
Nessun esperto ha espresso dubbi sul fatto che in questi anni sui quattro fronti determinanti nell’ordine di importanza: finanziario, politico, organizzativo e caratteriale - Andrew abbia fatto enormi progressi. Ma se sui primi tre sembra non correre più grandi rischi, sul quarto non tutti sono pronti a scommettere. ormai probabilmente insuperabile in materia di raccolta di fondi (si avvicina al traguardo dei 20 milioni di dollari) e di macchina politico- elettorale, ma lo stesso non si può dire in termini di personalità. «Andrew non è solo un uomo molto ambizioso. Ha la reputazione del prepotente. Sin dai giorni in cui faceva il mastino del padre », sostiene un ex procuratore federale riferendosi agli inizi della sua carriera politica, quando Andrew era il manager della campagna elettorale del padre e in quella veste si guadagnò il nomignolo di Darth Vader, il cattivo della saga di Guerre stellari.
«Si andava oltre la durezza. Si arrivava ai limiti della vera e propria brutalità »,aggiunge l’ex procuratore.
Che però è il primo a riconoscere che con l’età Andrew è diventato più misurato e prudente. «Basta guardare come sta gestendo il periodo pre-elettorale: ha fatto terra bruciata attorno all’attuale governatore, il democratico David Paterson, contribuendo alla sua decisione di non ricandidarsi senza in alcun modo esporsi pubblicamente. Ha continuato a rinviare l’annuncio della sua candidatura, evitando così di schierarsi sui temi più delicati, in primis la questione del deficit statale, sui quali rischiava di inimicarsi i vari potentati locali».
Secondo il finanziatore, la svolta di Andrew non è solo tattica, o peggio opportunistica. «Andrew è come un buon rosso italiano. Invecchia bene. E con l’invecchiamento diventa più morbido e piacevole », dice. «Siccome è persona molto intelligente, oltre che astuta, ha capito di dover cambiare. Ed è cambiato». Un cambiamento è stato quello di delegare il ruolo del mastino al suo braccio destro, un avvocato ex giocatore di football di nome Joseph Percoco. Ma la politica a New York, come nel resto del mondo, raramente premia i troppo teneri. Almeno un Percoco ce l’hanno tutti. Anzi, lo stesso Percoco lo aveva Mario Cuomo. E con lui vinse due volte.
L’unico svantaggio rispetto alla campagna elettorale del 2002 sarà quello di non poter contare sul nome e sul sostegno di Kerry Kennedy, figlia di Robert, da lui sposata nel 1990. Quel matrimonio da sogno che sembrava destinato a creare un’insuperabile superdinastia politica è finito nel 2003 con un divorzio. Ma tant’è. A New York il cognome Cuomo può bastare. «La storia e i contatti del padre hanno senza dubbio un peso importante. Ma io non parlerei di dinastia. Quel nome non gli ha garantito nulla, ma gli ha offerto delle opportunità che lui è stato capace di cogliere», chiarisce il finanziatore. «Altri non ci sarebbero riusciti».