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 2010  aprile 13 Martedì calendario

FOGLIO ARTICOLI - MAGNA MAGNA GRECIA. IL CONTO A NOI

Signori, non c’è un euro! Da mesi, quando autorevoli esponenti della maggioranza di governo italiana e perfino lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, bussano alla porta di Giulio Tremonti con qualche proposta su fisco e riforme varie, si sentono ripetere sempre lo stesso ritornello. ”Signori, non c’è un euro”. Deve avere fatto una certa impressione ai numerosi questuanti respinti apprendere dalle agenzie che con una semplice conferenza telefonica senza troppo stare a discutere Tremonti e i suoi colleghi dell’eurogruppo sono riusciti a tirare fuori dal cilindro senza aggrottare ciglio 30 miliardi di euro da prestare alla Grecia. All’Italia toccherà una quota di circa 5,4 miliardi di euro, la terza nella Ue dopo quelle di Germania (8,4 miliardi) e Francia (6 miliardi). Certo, si tratta di un prestito, e perfino ben remunerato, visto che il tasso di interesse sarà del 5 per cento netto, che è più o meno quello medio delle emissioni greche da gennaio ad oggi (ma inferiore di due punti agli ultimi tassi, che risentono della speculazione). Ma se uno i soldi non li ha, è difficile anche prestarli. E infatti l’Italia, non avendo quei 5,4 miliardi di euro a disposizione, li chiederà a sua volta in prestito. Come? Grazie a una emissione dedicata in una delle prossime aste, di titoli di Stato. Il prestito alla Grecia sarà triennale, ma i 30 miliardi su cui si è raggiunto l’accordo e ai quali dovrebbero aggiungersi circa 15 miliardi del Fondo monetario internazionale, riguardano solo il primo anno. Per trovare quei soldi quindi il Tesoro dovrà emettere o Bot extra a 12 mesi o Btp a cinque anni. In un caso si finanzierebbe con un costo inferiore all’1 per cento, nell’altro con un costo inferiore al 3 per cento, ma restituendo il capitale in tempo cinque volte più diluito. Nell’uno o nell’altro caso lo Stato italiano si indebiterebbe per prestare soldi speculando sulla differenza di tassi.
GIULIO CI GUADAGNA
Io sottoscrittore di titoli di Stato presterò dunque i miei risparmi a Tremonti perché poi lui li punti sulla Grecia guadagnandoci fra 2 e quattro punti percentuali di interesse in più. una legge di mercato: io prendo poco dall’Italia, perché dovrei essere certo che alla fine, pagati gli interessi, mi verrà restituito anche l’intero capitale. Tremonti e i suoi colleghi europei prenderanno di più dalla Grecia perché quella certezza di restituzione del capitale alla fine è assai più labile. Se dobbiamo proprio fare una scommessa, è quasi certo che entro un anno la Grecia non potrà restituire quel capitale. I paesi Ue e l’Italia fra loro dunque affrontano un rischio, e se lo fanno pagare. Scava e scava, ma alla fine quel rischio lo affronta anche il cittadino-italiano risparmiatore, che presterà indirettamente (almeno in parte) quei soldi alla Grecia, prenderà una miseria di interessi perché a lui quel rischio di mercato non sarà riconosciuto, ma se le cose dovessero andare male e alla fine la Grecia risultare insolvente, sarà chiamato con le sue tasse a coprire il buco lasciato dall’azzardo di Tremonti e degli altri suoi partner europei. Allora, se di puntata alla roulette si tratta, non sarebbe male condividerne anche qualche beneficio, oltre alla certezza del danno se le cose dovessero andare male. Non si tratta di somme stratosferiche, d’accordo. Ma almeno quei 250 milioni di interessi che l’Italia ricaverebbe dal prestito ai greci potrebbero tornare in circolo a beneficio comune, andando a finanziare almeno un piccolo dossier di quelli portati da chi ha bussato alla porta di Tremonti. Finora si sono sentiti rispondere: ”non c’è un euro”, ora potranno almeno sentirsi dire ”ci sono 250 milioni di euro a disposizione”. Un piccolo indennizzo, utile almeno per spiegare agli italiani che con questo prestito da 30 miliardi alla Grecia si sta facendo che sarà necessaria, ma brutta. Perché brutta è.
IL COLPACCIO
All’origine di tutto c’è un colpaccio da Arsenio Lupin che la Grecia ha fatto nei confronti di tutti gli altri partner europei. Con un trucco e con l’aiuto di qualche tecnico del mestiere (Goldman Sachs), ha nascosta per anni la vera situazione del suo debito pubblico. I particolari sono diversi, ma il comportamento è assai simile a quello tenuto da Calisto Tanzi & c con Parmalat. Per questo la Germania di Angela Merkel fino all’ultimo ha insistito che si lasciasse andare la Grecia al suo destino. Era la fossa quel destino? Beh, se l’era scavata con le sue mani... Perché mai diceva la Merkel quelli ci hanno truffato, hanno tradito i patti con tutti, hanno approfittato della nostra buona fede, e ora siamo noi a doverli tirare fuori dai guai? Mica faceva una grinza quel discorso, e spiace che solo la Germania l’abbia detto con tanta franchezza, prendendosi pure l’accusa di volere affossare l’euro. Chi ha messo la Merkel in un angolo sostiene come ha fatto ieri Lorenzo Bini Smaghi, l’italiano che siede nella Bce che se la Grecia fosse stata lasciata sola, sarebbe fallita. Dando al mondo l’impressione che un paese europeo può fallire. I toni appaiono eccessivi. Se può fallire come sta avvenendo la Chiesa per i risarcimenti di pedofilia, può fallire anche la Grecia. Un paese non chiude i battenti come una società per azioni, ma almeno con i suoi beni può riparare alle malandrinate fatte in questi anni. Poi la Grecia avrà avuto a Rodi il suo Colosso, ma non è quel che si chiama un gigante economico. Il suo Pil vale l’80% di quello della Lombardia, ed è il 2,4% di quello dell’Unione europea. Vale quanto la capitalizzazione di Luxottica rispetto a quella della Borsa italiana. Dire che quel default manderebbe gambe all’aria tutta l’area dell’euro, forse è un po’ esagerato. E in ogni caso nulla garantisce che la Grecia non fallisca comunque, mangiandosi anche i 30 miliardi graziosamente concessi dagli alleati europei, compresi i 5 dell’Italia. Non andremo in malora puntando quella fiche sulla ruolette sbagliata. Ma quei 5 miliardi in questo momento sarebbero serviti anche a noi.