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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

IL CHIRURGO TRATTO’ PER LIBERARE TORSELLO. SI FA STRADA L’IPOTESI DELLA RITORSIONE

Una ritorsione contro Emergency che potrebbe avere radici lontane. l’ipotesi che prevale tra chi sta trattando per ottenere il rilascio dei tre operatori sanitari ancora detenuti in Afghanistan. Marco Garatti, il chirurgo arrestato insieme a Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani era infatti uno dei mediatori del sequestro di Gabriele Torsello.
Con il trascorrere delle ore si delinea dunque in maniera sempre più evidente il legame tra questa vicenda e quella dei due italiani tenuti in ostaggio in Afghanistan: oltre a Torsello che fu preso nell’ottobre 2006, Daniele Mastrogiacomo inviato del quotidiano La Repubblica rimasto prigioniero quindici giorni nel marzo 2007.
Il ruolo di Garatti è ben delineato in una relazione allegata al fascicolo aperto due giorni fa dalla procura di Roma. Sono i tabulati delle telefonate acquisiti nel corso delle indagini effettuate all’epoca dai carabinieri del Ros a rivelare che era proprio lui a ricevere le telefonate dal mediatore Rahmatullah Hanefi – all’epoca responsabile dell’ospedale di Lashkar Gah’ e girare poi le informazioni a Gino Strada e al sito internet dell’organizzazione Peacereporter. E forse è proprio per aver rivestito questo ruolo che le autorità di Kabul hanno deciso adesso di disporre il suo arresto.
Fu Strada, due anni fa, a svelare che per ottenere la liberazione di Torsello furono pagati due milioni di dollari messi a disposizione dal governo italiano. Ed ora è lo stesso reporter a lanciare velenosi sospetti: «Se veramente avessero voluto eliminare Emergency avrebbero bombardato l’ospedale, magari per sbaglio, come è successo in tanti altri casi. Il punto è che c’è qualcosa che non va a Lashkar Gah. C’è qualcosa che non va nel personale, afgano o pakistano, che lavora in Emergency. E lo ha detto anche lo stesso Strada, le armi può averle messe qualcuno che lavora lì. necessario che si facciano delle indagini per capire chi è questa persona che ha messo le armi nell’ospedale, chi manovra lì dentro. Magari è la stessa persona che era lì quando c’era Hanefi. E su Hanefi le indagini sono state bloccate. Questo è stato un grave errore perché potevano emergere allora particolari interessanti che forse oggi potrebbero risultare utili».
Dichiarazioni pesanti e inopportune, soprattutto in un momento delicato del negoziato per far rilasciare i tre operatori sanitari. Le pressioni esercitate dalla diplomazia sul ministero dell’Interno afgano si sono fatte più intense visto che finora nei loro confronti non è stata formalizzata alcuna accusa riguardo alla partecipazione al complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand, come invece era stato detto inizialmente.
Appare comunque difficile che i tempi possano essere brevi. Il fatto che siano stranieri potrebbe agevolare la procedura, ma i contatti di queste ore sembrano dimostrare che le autorità di Kabul possano non essere l’unico interlocutore con cui trattare. E così l’opera di mediazione si sta allargando agli inglesi, visto che l’area dove si trova l’ospedale è sotto il controllo del comando militare britannico e sono stati proprio quei soldati ad affiancare nell’operazione la polizia locale, fornendo di fatto il via libera alla cattura dei tre italiani.
Fiorenza Sarzanini