Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 13/04/2010, 13 aprile 2010
IL GIUDICE A GOOGLE: INTERNET NON E’ UNA PRATERIA SENZA DIVIETI
Non si possono imporre controlli preventivi su Internet, è anche tecnicamente impossibile, ma gli Internet provider devono avvertire gli utenti in modo chiaro ed evidente che rischiano di violare la legge. Il giudice Oscar Magi spiega perché ha condannato a sei mesi di reclusione per violazione della privacy tre alti dirigenti di Google, accusati di non aver evitato che nel 2007 finisse in rete tramite Google video il filmato di un ragazzo autistico vessato a Torino dai compagni di scuola, e aggiunge che invece li ha assolti dalla diffamazione a mezzo stampa perché in Italia non c’è una legge che equipari Internet a giornali e tv.
Nelle 108 pagine delle motivazioni della sentenza, Magi precisa che «non è possibile imporre a qualcuno un obbligo a cui egli non è in grado di fare fronte» e che non si può «pretendere che un Internet provider» come Google verifichi che le migliaia di video caricati in ogni momento sul suo sito web rispettino la privacy di chi viene filmato. Allo stesso tempo, però, «non esiste nemmeno la sconfinata prateria di Internet dove tutto è permesso e niente può essere vietato, pena la scomunica mondiale del popolo del web». Ci sono, invece, leggi come quella sulla privacy che in Italia fissano «comportamenti e obblighi» e sanzioni penali per chi li viola. Per evitare le condanne, Google doveva dare una «corretta informazione agli utenti» dei «rischi che si corrono» e dell’obbligo di cancellare immediatamente dati e comunicazioni «segnalate come criminose». Invece l’informativa sulla privacy su Google video era «talmente nascosta nelle condizioni generali di contratto da risultare assolutamente inefficace». Così ha mostrato una «chiara accettazione consapevole del rischio» di divulgazione di dati sensibili legata a un «interesse economico». Secondo i pm Alfredo Robledo e Francesco Cajani, Google nel 2006 creò la sezione italiana di Google video a «libero accesso» per raggiungere più utenti possibili e favorire l’aumento della pubblicità. «Non è la scritta sul muro che costituisce reato per il proprietario del muro, ma il suo sfruttamento commerciale può esserlo», chiosa Magi riferendosi alla legge sulla privacy.
Nessun obbligo di controlli preventivi per evitare diffamazioni via Internet. Nei confronti dei vertici di Google, accusati di diffamazione a mezzo stampa, la Procura era «arrivata molto vicino» a provare «la consapevolezza del fatto delittuoso», dimostrando che il video era rimasto due mesi sul web prima di essere rimosso, ma a causa della «estrema difficoltà delle indagini» non è arrivata alla «pienezza della prova». Ma poiché manca una norma che equipari web e stampa, il giudice «rimane in attesa di una buona legge: Internet è stato e continuerà a essere un formidabile strumento di comunicazione tra le persone e, dove c’è libertà di comunicazione c’è complessivamente più libertà » , ma «aprire le cataratte della libertà assoluta e senza controllo non è un buon esercizio del principio di responsabilità». «Una condanna – ribadisce Google annunciando appello’ che attacca i principi stessi su cui si basa Internet. Se questi non venissero rispettati, il web così come lo conosciamo cesserebbe di esistere e sparirebbero molti dei benefici economici, sociali, politici e tecnologiche che porta con sé. Si tratta di importanti questioni di principio».
Giuseppe Guastella