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 2010  aprile 08 Giovedì calendario

LA MOGLIE DI ROSI IN FIN DI VITA

Nella casa su due piani a pochi passi dalla scalinata di Trinità dei Monti l’urlo è lacerante, infinito. Ieri mattina la moglie di Francesco Rosi, il regista di «Salvatore Giuliano» e delle «Mani sulla città», si è ritrovata avvolta dalle fiamme. Una sigaretta lasciata accesa mentre si era assopita ha trasformato la giornata di primavera in un incubo di corse all’ospedale, cure frenetiche, trasferimenti, tentativi. Prima il Policlinico Umberto I, poi il Sant’Eugenio, specializzato in casi di gravi ustioni, e poi, implacabile, l’attesa. Ore e ore, con il passato che scorre davanti agli occhi e gli amici, i conoscenti, da Raffaele La Capria a Sandra Verusio, che arrivano in processione, sconvolti, senza parole. Per Rosi, Giancarla, sorella di Mariuccia Mandelli, la stilista Krizia, è la compagna di una vita, la moglie insostituibile, il puntello di un’esistenza nutrita d’arte, passione, cultura. La figlia Carolina, che aveva iniziato la carriera d’attrice lavorando con il padre (era nel cast di «Cronaca di una morte annunciata»), tiene testa al dolore, governa l’ondata di affetti, telefonate, richieste, curiosità. La sostiene il fidanzato, Luca De Filippo, di cui è collaboratrice e aiuto regista, che si fa in quattro, anche se sembra ci sia poco da sperare.
Giancarla è in rianimazione, bisogna solo aspettare, dicono quelli che le sono accanto dal momento dell’incidente. Ma lo sconforto del regista cresce di ora in ora, a momenti è insopportabile, gli amici dicono che Rosi appare come un bambino perso. Lui, che per tempra, veemenza, calore, non è mai stato secondo a nessuno. L’unica difesa, in certi attimi, è immaginare che tutto si aggiusti, tranquillizzare la domestica dicendo che certo, la signora tornerà a casa e bisogna farle trovare tutto a posto. Quando arriva Sandra Verusio Rosi ha un guizzo e la accoglie esclamando: «Mi fai ripiombare indietro di vent’anni». Sono i ricordi, in questi frangenti, la cosa più pesante. Quella che fa male quasi come la tragedia in atto. Della compagna di Rosi si è sempre saputo che aveva un carattere forte. Anni fa le era perfino capitato di replicare pubblicamente a un’accusa rivoltale dal professor Lucio Colletti che l’aveva chiamata in causa per via delle critiche al suo libro su Gramsci. Giancarla Rosi aveva risposto per le rime: «Non frequento Colletti da anni...da molto tempo i rapporti con la nostra famiglia si sono interrotti». Poi aveva stemperato con una pennellata ironica: «Mi sembra che Colletti voglia mandarmi un messaggio cifrato...lo giustifico, è un modo traslato per comunicarmi il rimpianto dei bei tempi in cui, stando dalla stessa parte, il professore frequentava la nostra casa e mangiava le mie cotolette alla milanese».
Il rapporto con il marito era dialettico, l’unione inossidabile. Eppure gli anni avevano portato i danni amari della vecchiaia, da tempo Giancarla non stava bene. E il maestro ne soffriva moltissimo. L’altra sera avevano rivisto insieme «Il caso Mattei», il film sull’epopea del presidente Eni. Alla fine la moglie lo aveva guardato e gli aveva chiesto: «Francesco, ma questo film è tuo?». Una domanda agghiacciante, una ferita, quella, priva di rimedio.