Mauro Garofalo, Nòva24 Ore 8/4/2010;, 8 aprile 2010
L’IPERSPAZIO DEL SUONO
In un cinema viene proiettato un film 3D. Gli occhialini in dotazione hanno cuffie in-tegrate, restituiscono allo spettatore l’impressione di essere all’interno del suono...Non è l’ennesimo spin off di un romanzo di Philip K.Dick, ma (forse) il futuro del suono. «La musica non è solo questione di tempo ma anche di spazio, anzi di iperspazio» Francesco Vitale, giovane portavoce del collettivo di musicisti Crackerjack non ha dubbi: il prossimo tempo è il live binaurale a "esperienza totale". Dopo il cinema, arriva dunque la musica 3D? Come nella fantascienza, dice Vitale «bisogna andare oltre la monodimensionalità della musica: dalla tecnologia alla filosofia, in storia dell’arte, la musica viene intesa solo come "arte del tempo" (per questo Leonardo la definiva " arte sventurata"). I suoni invece sono tutto ciò che è intorno a noi, bisogna coglierli in modo totale ». E continua Vitale: «Noi siamo la generazione che ha la musica nella testa, nelle cuffie dell’iPod. Noi vogliamo tirarla fuori».
I Crackerjack sono 5 giovani musicisti rock cresciuti nell’underground e nei laboratori del suono delle Audiofficine Agon che, partendo dalla percezione del suono, ha ideato – in collaborazione con il Lim-Laboratorio di Informatica Musicale dell’Università di Milano – About the head, ovvero il "concerto binaurale". Come? «Attraverso la creazione di uno spazio virtuale in cui la musica è l’intorno».Durante il live dei Crackerjack, gli spettatori ascoltano il concerto attraverso delle cuffie speciali. Grazie a un microfono innestato a una dummy head – la testa di un manichino dotato di orecchie artificiali e microfoni ad alta fedeltà – la musica eseguita sul palco dai musicisti viene riprodotta nelle orecchie degli ascoltatori (si consiglia di rimanere a occhi chiusi), come dire una performance in perfette condizioni di percezione. Un’esperienza musicale ad alto tasso di innovatività che abbatte la frontiera tra pubblico e musicista.
L’esperimento musicale dei Crackerjack è binaural music (tecnica usata già da Pink Floyd, von Karajan, Peter Gabriel) perché per Vitale «se nei romanzi l’iperspazio è la quarta dimensione, la dimensione in più, quella che fa fare un "salto" alle astronavi, la nostra musica vuole fare lo stesso». Il live dei Crackerjack è un mix di rock, pop, voci campionate: i cinque suonano rivolti alla dummy head in una sorta di danza tribale in cui il manichino è lo spettatore. Un "attraverso lo specchio" in cui i suoni sono amplificati, misurati, uditi nel dettaglio. Una vera e propria esperienza "3D" insomma, in cui i musicisti usano tutto: laptop, chitarre, melodica (una tastiera a bocca), scatole di cartone come percussioni, fogli di carta che riproducono il rumore del vento, posate che vibrano come xilofoni, bottiglie di plastica piene d’acqua che schiudono il rumore del mare.
I Crackerjack suonano insieme da otto anni. L’attitudine binaural (come l’omonimo album dei Pearl Jam) della loro musica è umanoide, futuribile, androide. Metà uomo metà macchina, nata dall’ibridazione di strumenti tecnologici e oggetti quotidiani, re-inventati e rielaborati attraverso un’elaborazione "new media" del microfono. La tecnologia è il tempo dell’artista? Per Arbër Misa, altro "Crackerjack": «La vera domanda è "Cos’è lo spazio": la nostra performance nasce per dare il migliore punto d’ascolto a ogni singolo ascoltatore, ovvero in mezzo a noi. In uno "spazio ideale" che unisca musicista, musica e fruitore».
Per Misa «il nostro è un live da ascoltare, è un’inversione della logica "andiamo a vedere un concerto". Partiamo dalla considerazione che la tecnologia debba essere usata per un fine, come strumento». I confini della tecnologia sono confinati nella dimensione «in cui ti serve: usiamo le tastierine per fare suoni complessi, e sono meglio dei più sofisticati synth». Poi, continua Vitale «i suoni elettronici sono più versatili, ma è una trappola: la musica che domina le classifiche ti usa, è comoda, fatta apposta per un ascoltatore non attento. Noi vogliamo ribaltare questo concetto».
Prosegue Misa: «Crackerjack è un progetto di condivisione basato su norme di autoregolamentazione; siamo tutti polistrumentisti, e questo ci porta a cambiare strumento durante la performance: suonare tutto, non specializzandosi, permette di tirare fuori suoni imprevisti ». E sul futuro della musica, Misa dice: «L’era del disco è finita» e chiude Vitale: «noi forse siamo l’ultima generazione». Intanto, molti iGames iniziano a sfruttare la musica binaurale. Chissà, dunque, che il futuro sia in 3D?
Forse la musica sta per compiere il suo balzo nell’iperspazio.