Carlo Bastasin, Il Sole-24 Ore 8/4/2010;, 8 aprile 2010
QUEL BINARIO MORTO BERLINO-ATENE
Grecia e Germania sono i due lati della stessa moneta. Si crede che siano forti nel negoziato europeo, la Grecia in ragione del contagio che potrebbe causare e la Germania per la performance delle proprie imprese. Ma nel gioco dell’euro stanno diventando invece i due paesi divergenti. In quanto "devianti" vengono isolati politicamente: la Grecia deve cavarsela da sola, rimediare da sé ai propri debiti, e la Germania deve rientrare nei ranghi e frenare la propria strategia di competitività attraverso il risparmio interno. l’opposto di quanto sarebbe ragionevole: la Grecia andrebbe aiutata e la Germania presa a modello.
In questo paradosso c’è tutta l’impossibilità politica europea. Per aiutare la Grecia è necessario che i paesi euro condividano la responsabilità politica sulle singole gestioni nazionali. Ma se lo facessero sarebbero spinti a correggere anche i paesi più competitivi frenando lo sviluppo europeo sui mercati globali. In termini di economia politica, è il risultato prevedibile di una decisione in cui i numerosi votanti mediani mettono nell’angolo i paesi in minoranza. Ma se questa è democrazia, per governare l’Europa dobbiamo cercare un metodo diverso? Se non lo troveremo in fretta, la risposta dei paesi ai margini sarà quella di aggregare attorno a sé paesi omogenei e quindi di spaccare l’Europa: la Grecia contagiando gli stati del sud e la Germania chiedendo l’uscita di chi non tiene il suo passo. Non è esattamente quello che sta succedendo?
Il caso greco richiede più politica. La soluzione attuale non è infatti sostenibile. Tre anni per compiere un aggiustamento fiscale pari al 10% del Pil è una richiesta impossibile. Tre anni sono sia un periodo troppo breve per non finire dentro a un circolo vizioso di crescita negativa e deflazione, sia un periodo troppo lungo da passare sperando di non incorrere giorno dopo giorno in un incidente nel finanziamento del debito. La corsa ansiosa a trovare una pezza qualsiasi per sistemare il problema greco non ha solo prodotto una ricetta sbagliata, ma ha dimostrato anche il vuoto di strumenti analitici nella mani degli europartner e la loro riluttanza ad assumere una responsabilità comune. I partner dell’area euro avrebbero dovuto creare un programma di sei anni per ricostituire basi fiscali solide in Grecia assumendo il controllo e la responsabilità del risanamento.
Distribuire la correzione fiscale su sei anni renderebbe la manovra tollerabile e più coerente con politiche che intanto spostino risorse dai consumi agli investimenti e promuovano riforme strutturali. Aumentare la crescita potenziale dell’economia greca è l’unico modo per evitare che essa si avviti in una spirale deflazionistica. La correzione fiscale greca è pari a circa il 10% del Pil entro tre anni. In termini algebrici, data la bassa propensione al risparmio greca, la conseguenza sarebbe di una caduta del Pil greco di circa il 20%. Una tale perdita di attività provocherebbe un forte calo delle entrate fiscali e renderebbe ancora più difficile ritrovare l’equilibrio di bilancio. Il rischio di un circolo vizioso sarebbe concreto. L’alternativa sarebbe quella di finanziarsi all’estero, ma anche dopo il coinvolgimento del Fondo monetario, il premio chiesto dagli investitori ai debitori greci- pubblici e privati - è enorme. Pagare tassi del 6% con una crescita economica negativa e senza inflazione significa rendere il debito pubblico più instabile anziché più stabile. Un aggiustamento fiscale condotto su un periodo di tempo doppio di quello concordato ha però un’implicazione politica seria: il governo che si impegna ad avviarlo non porta la responsabilità politica dei risultati, che verranno nella legislatura successiva, e quindi non ha ragione di rispettare gli impegni con troppo rigore. Ma la credibilità dell’impegno è cruciale per il suo successo. L’unico modo per legare le mani per sei anni al governo greco è quello di dissolverne i margini di discrezionalità trasferendoli a un impegno politico dell’Eurogruppo. I governi dell’area euro devono dare forma, sottoscrivere e controllare la politica economica greca per i prossimi sei anni. In altre parole se ne devono assumere la responsabilità politica di fronte ai cittadini europei.
La situazione greca è così precaria che il coinvolgimento del Fondo è addirittura controproducente. stato interpretato infatti non come un rafforzamento del processo di risanamento greco, ma al contrario come il ricorso a un agente esterno che al momento critico potrà decretare la ristrutturazione del debito greco più facilmente di come potrebbe fare l’Unione europeaassecondando le proprie logiche di consenso mediano. Per tutte queste ragioni la correzione fiscale deve essere più tollerabile per l’economia greca e quindi spalmata su più anni, ma al tempo stesso non può perdere di credibilità. I tassi pagati dal debito greco dimostrano che i mercati sono in allerta. La caduta dei prezzi dopo le aste, fa pensare che alcuni sottoscrittori abbiano risposto su stimoli politici, ma che abbiano venduto subito dopo. Finanziare il debito greco giorno dopo giorno richiede dunque una credibilità politica di lungo termine che non può venire dalla Grecia lasciata a se stessa.
Al contrario il caso Germania dimostra che un coordinamento politico frenerebbe l’unica economia europea che tiene il passo delle economie emergenti. Le imprese tedesche hanno ricostruito margini di produttività che avevano perso nella prima metà degli anni 90. Lo hanno fatto con ferocia, in casi estremi perfino giocando sporco e corrompendo. Ma hanno costruito un sistema che si sta agganciando alla Cina con sorprendenti risultati.
Gli investimenti degli ultimi dieci anni hanno corrisposto a untrasferimento dal reddito dei cittadini reso possibile dalle riforme del mercato del lavoro degli ultimi 15 anni. Le famiglie tedesche si sono spaventate quando la disoccupazione stava salendo verso i cinque milioni e quando le previsioni sull’invecchiamento della società disegnavano una Germania sclerotica preda della sindrome di Matusalemme. Hanno comprensibilmente aumentato i risparmi e ridotto le spese. Nel 2008 tuttavia il reddito delle famiglie è tornato a salire vigorosamente e ci sono segni che la ripresa dei prossimi mesi dia ai consumi privati tedeschi un profilo più simile a quello europeo.Non c’è ragione di considerare che la parsimonia dei tedeschi sia sintomo di masochismo.
consuetudine invece osservare che la domanda interna tedesca non cresce perché troppe protezioni frenano l’apertura e la concorrenza nel settore dei servizi. certamente una delle pagine oscure della politica tedesca non aver affrontato la liberalizzazione di alcuni settori, ma cercando le riprove quantitative nell’ultimo country-report dell’Ocse non si trovano "pistole fumanti" se non nelle professioni liberalie nelle barriere d’ingresso per le start up. Le storie parallele di Grecia e Germania portano dunque a criticare la visione mediana europea che prevede pochi aiuti ad Atene e freni a Berlino. La lezione logica è opposta e in fondo non troppo lontana dal buon senso: solidarietà con chi è in crisi e onore a chi merita.