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 2010  aprile 08 Giovedì calendario

E ROMA CERCA UN ACCORDO CON I GRAFFITARI: CENTO MURI PER LA ”STREET ART”

Se andate a vedere le stazioni di Appiano, Monte Mario e Nuovo Salario, a Roma, troverete i muri colorati e ravvivati - legalmente - da writers che hanno saltato il fosso e sono divenuti artisti. Se andate a parlare con quelli dell’ufficio del decoro del Comune vi racconteranno che i writers, a Roma, costano ai contribuenti cinque milioni di euro all’anno; e le Ferrovie, ogni anno, spendono sempre a Roma un milione di euro per ripulire i treni spesso ricoperti nella notte dalle bombolette spray dei writers che agiscono soprattutto nelle stazioni di Tiburtina, Nettuno e Ostiense. Sono due modi per raccontare lo stesso fenomeno: ci sono giovani che nella notte sfidano leggi e controlli per colorare illegalmente i muri, tracciare le loro tag (le firme), causano danni anche ingenti ma coltivano anche la loro arte, scoprono un talento. E a volte escono dalla clandestinità, diventano artisti affermati o comunque si inventano una professione. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha perfino incaricato un consigliere comunale, Francesco Maria Orsi, di studiare il fenomeno e siglare un patto con i writers romani: «Pensare di risolvere tutto con la repressione è inefficace. Il mio obiettivo è di arrivare a un accordo, concedere loro dei muri su cui esprimere la loro arte». Simone Pallotta, dell’Associazione Walls, storico dell’arte e un passato da writer, la sintetizza così: «Vorremmo che Roma diventasse la città con più muri legali d’Europa». Qualcosa già esiste, era stata un’idea della giunta Veltroni: 18 muri in una decina di municipi. L’accordo fra l’amministrazione Alemanno e writers (quelli disposti a uscire dall’ombra) punta ad arrivare a 100.
Per capire il fenomeno writers, però, è utile spendere qualche cifra in più. A Roma sono almeno 3.000. Da marzo c’è un’ordinanza del Comune di Roma che li punisce con una sanzione che va da 300 a 500 euro. Il ragazzo sorpreso a colorare un muro viene anche condannato a ripulirlo. Fino ad oggi, però, i risultati sono stati deludenti: appena due sanzioni da 300 euro, perché i writers agiscono di notte e di notte non è che ci siano poi tanti vigili urbani in servizio. Dei cinque milioni spesi dal Comune per cancellare scritte e graffiti da muri e mezzi pubblici, 2 milioni sono serviti ad applicare pellicole antiwriters sui treni della metro B e delle ferrovie concesse. Alle Ferrovie, invece, stanno rafforzando la vigilanza notturna nelle stazioni più colpite, come Tiburtina, ma le bande di ragazzi armati di bombolette spray non sembrano più di tanto spaventate. Un altro dato: solo nei primi tre mesi del 2010 a Roma sono state rimosse dai treni scritte per un’estensione di 26 mila metri quadrati, vale a dire 500 carrozze. Costo, in appena tre mesi, 140.000 euro, senza contare i ritardi spesso causati dalla necessità di fermare i treni.
Chi sono questi 3.000 writers (in realtà la cifra sale a 5.000 se si considerano coloro che agiscono con minore assiduità)? Si tratta di ragazzi anche molto giovani, di 15-16 anni, ma continuano ad operare anche persone più grandi, di 35-40 anni. In alcuni casi, in particolare a Roma Nord, sono stati segnalate anche gruppi di ragazzi della seconda generazione di immigrati dell’America Latina. Ma nella stragrande maggioranza sono romani. «E soprattutto - osserva Orsi che ormai ha imparato a conoscere questo mondo - è un fenomeno interclassista. E’ del tutto sbagliato pensare che sono giovani delle periferie degradate: al contrario, di frequente sono ragazzi di famiglie delle classi medie e benestanti. Anche perché agiscono di notte. Se al mattino devi andare a lavorare, difficilmente puoi concederti questa attività». I tag, le firme, con cui si marchia il territorio, si ripetono - a Roma in questo momento sono popolari Lucas e Cotone - e per avere la massima visibilità non si colpisce solo sui treni o nei sottopassi, ma anche nei quartieri della movida come Trastevere, Campo de’ Fiori e Testaccio.
Eppure, il confine fra clandestinità, azioni notturne per ricoprire un muro della stazione Giustiniana o i treni all’Anagnina, e street art che esce allo scoperto e dialoga con istituzioni o anche commitenti privati non di rado viene oltrepassato. Di qui il progetto di ampliare quanto era già stato fatto in passato moltiplicando i muri legali a disposizione dei writers. In certi angoli della periferia, è indubbio, un writer molto bravo non è un vandalo, ma uno che rende un po’ meno triste il paesaggio. Ma se il writer sfida l’istituzione quanti dei 3.000 romani saranno disposti a oltrepassare quel confine? Su questo Pallotta dell’Associazione Walls pesa bene le parole perché il terreno è scivoloso: «Le leggi ci devono essere, il writer che le sfida lo fa consapevolmente. Però è giusto dare un’alternativa, la possibilità di esprimersi legalmente». E chissà che fra i 3.000 ragazzi romani che armeggiano con le bombolette spray non ci sia anche il prossimo Blu, vale a dire il writer che si è fatto conoscere a Bologna ed è ora un artista con opere esposte in tutto il mondo, tanto da essere stato chiamato a Londra a decorare un muro della Tate Modern Gallery.