Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 03 Sabato calendario

2 articoli – GELO ALTERNATO A SOLE E PIOGGIA. COSI’ SI FORMA LA «NEVE-CEMENTO» - Il freddo intenso degli ultimi giorni ha relativamente stabilizzato il manto nevoso su larga parte delle Alpi

2 articoli – GELO ALTERNATO A SOLE E PIOGGIA. COSI’ SI FORMA LA «NEVE-CEMENTO» - Il freddo intenso degli ultimi giorni ha relativamente stabilizzato il manto nevoso su larga parte delle Alpi. Una condizione inusuale per il periodo primaverile. Ma da questa mattina riprenderanno le nevicate. Che potrebbero durare sino alla serata di domenica. Ciò significa il ritorno al massimo pericolo. Aumentato poi con il riaffacciarsi del sole da lunedì, che quasi inevitabilmente causerà la formazione di quella che gli sci-alpinisti chiamano in gergo «neve cemento». sufficiente il nome per capire di che si tratta: fine delle sciate da film sulla polvere leggera, fine del fuoripista senza fatica, e invece la trasformazione del manto in una sorta di amalgama acquoso pesantissimo, dove sprofondare è la regola anche per i più leggeri, e dove soprattutto restare investiti da una valanga comporta la possibilità di morire schiacciati piuttosto che soffocati. «Indubbiamente siamo di fronte a una situazione di estrema variabilità. La stagione è in ritardo. E comunque gli sbalzi estremi di temperatura da dicembre a oggi hanno influito sulla compattezza del manto nevoso», dicono quasi all’unisono Adriano Favre, sino all’anno scorso capo del soccorso alpino valdostano e oggi responsabile del comprensorio sciistico del Monte Rosa, e Maurizio Dell’Antonio, alla testa del soccorso alpino trentino. Entrambi non drammatizzano. L’alpinismo è il loro mestiere, oltre che la passione della vita, guardano male chi accusa la «montagna assassina». Eppure consigliano di prestare la massima attenzione. «Gli errori li commettono gli uomini, non le montagne», insistono. Dell’Antonio è molto esplicito commentando l’incidente avvenuto ieri a Cima Bocche, al cospetto del Cimon della Pala: «Non è stata una valanga. Semplicemente i tre escursionisti, lasciati gli sci e calzati i ramponi, hanno imboccato una parete che non si sale neppure d’estate. Uno di loro a metà è scivolato da una cengia, cadendo per oltre 200 metri e trascinando con sé inevitabilmente della neve». Ma questo è stato un inverno strano. «Da dicembre ha piovuto almeno tre volte sino a 2.500 metri di quota. Ciò significa che gli strati di neve fresca si sono accumulati su quelli di neve fradicia di pioggia, che poi è gelata rendendo il tutto gravemente instabile», aggiunge. A farne le spese sono stati per esempio i quattro esperti del soccorso alpino della Val di Fassa, morti la sera del 26 dicembre in Val Lasties, sul Pordoi. Erano scesi per un canalino considerato in genere poco pericoloso alla ricerca di due escursionisti in racchette da neve (poi trovati morti sotto una valanga il giorno dopo) e sono stati investiti da un vasto lastrone scivolato su uno strato di acqua piovana ghiacciata. «Con queste condizioni abbiamo individuato una strana tipologia di vittime delle valanghe quest’anno – continua la guida ”. Si è trattato o di persone assolutamente inesperte, oppure di alpinisti con i baffi, gente che sa il fatto suo e segue attentamente le regole delle salite classiche. Ma che ora sono infide a causa delle condizioni atmosferiche inusuali». Il suggerimento dalle Alpi orientali è dunque di stare attenti anche alle salite tradizionalmente consigliate dai manuali per questo periodo. Dopo i caldi da «neve cemento» di una settimana fa, è arrivato il freddo. Negli ultimi tre giorni sono caduti 70 centimetri e ne arriveranno altri. Lunedì saliranno notevolmente le temperature. I versanti a nord appaiono minacciosi, non hanno ancora «scaricato». Quelli a sud, invece, vanno saliti prima del caldo di metà giornata. Dal soccorso alpino avvertono che le montagne a nord della Val Pusteria, specie le cime alte sul confine con l’Austria, vanno avvicinate con estrema circospezione. Lo stesso si dica per la zona della Palla Bianca e del Similaun, due classiche sci-alpinistiche pasquali. Anche dalla Marmolada arrivano segnali di allarme. Tanta neve a Madonna di Campiglio, ma già fradicia, molle, traditrice. I pendii di Punta Penia sono carichi, pronti a «scaricare» alla minima sollecitazione. Meglio invece la val di Mesdì e in generale il comprensorio del Sella. I consigli dalle Alpi occidentali sono un poco diversi. «La nostre quote sono più alte. Qui le condizioni al momento appaiono invernali. La neve è rassodata. Nelle ultime ore sono salito a Punta Indren, sul Rosa, sembrava di essere in gennaio. La neve è polverosa, fredda. Ma in alta quota c’è stato forte vento. Si stanno creando placche instabili sulle creste. Vanno assolutamente evitate», osserva Favre. Anche qui non mancano le anomalie da micro-climi di valle in valle. Sulla zona del Monte Bianco è nevicato il doppio che sul Rosa o nel comprensorio di Cervinia. I pendii del Gran Paradiso mostrano un fenomeno curioso. «A causa delle punte di freddo intenso degli ultimi tre mesi, in alto ha nevicato molto meno che in basso. Una settimana fa si è tenuta una gara di sky-runner dalla Valsavarenche agli oltre quattromila metri della cima. Al livello dei boschi tutto bene, ma i ghiacciai erano scoperti, con ghiaccio verde e crepacci aperti, dove in genere in questo scorcio di stagione dovrebbero esserci metri e metri di neve», racconta. Anche lui consiglia prudenza da lunedì. Varrà allora la regola classica della primavera, specie con il caldo: per chi fa gite fuori pista, partire all’alba, col freddo, e terminare prima del «remollo» di mezzogiorno. Lorenzo Cremonesi QUANDO L’ESPERIENZA E IL SAPERE SONO PIU’ UTILI DELLA TECNOLOGIA - Arva, sci sempre più larghi per galleggiare nelle nevi difficili, attacchi leggeri e sicurissimi, sistemi pneumatici per respirare sotto la valanga, localizzatori gps, bollettini super-precisi: non manca nulla nello zaino dello sciatore fuoripista di oggi. Dirò di più: chi si avventura in neve fresca non aveva mai potuto disporre in precedenza di strumenti tanto sofisticati. Ma paradossalmente proprio questi strumenti finiscono per non essere un vantaggio. La tecnologia può infatti giocare brutti scherzi, inducendo una falsa sicurezza che incoraggia comportamenti avventati. Ma allora cos’è che davvero conta in montagna? Conta soprattutto la conoscenza di prima mano di quanto è accaduto a livello meteorologico nei giorni precedenti l’escursione. Qual è stata l’entità delle precipitazioni? Il manto nevoso è consolidato? Ha tirato vento? Le temperature sono state alte? Fondamentale è insomma l’esperienza sul campo, tenendo conto anche che le cose possono cambiare in fretta da un versante all’altro, salendo di quota, mutando l’esposizione. La sicurezza è affidata ai saperi indiziari, gli stessi del medico alla ricerca del sintomo o del detective sulle tracce dell’assassino. Ciascuno deve riconoscere gli indizi che davvero contano e quando deve prendere le decisioni, nonostante la tecnologia, sarà solo con se stesso. Franco Brevini