CARLO BONINI, la Repubblica 26/3/2010, 26 marzo 2010
CASO MARRAZZO, I PM CHIEDONO L´ARRESTO DEL MARESCIALLO "CAFASSO UCCISO PERCH SCOMODO" - ROMA
Al maresciallo dei carabinieri Nicola Testini, già accusato di rapina, estorsione, ricettazione e ora di omicidio volontario, restano pochi giorni da uomo libero. Da un mese aspettava di rientrare in carcere, dopo che la Cassazione aveva annullato l´ordinanza che nel novembre del 2009 gli aveva restituito la libertà. Ora, quel tempo potrebbe anche essere più breve, perché la Procura di Roma ne chiede l´arresto per l´omicidio di Gianguarino Cafasso, il testimone e il complice del ricatto sessuale a Piero Marrazzo, il "pusher" stroncato nella notte tra l´11 e il 12 settembre da un letale "speedball" di eroina purissima ricevuto, per quel che la pubblica accusa ritiene di poter dimostrare, proprio dalle mani del sottufficiale.
Un esito ovvio questa nuova richiesta di custodia cautelare. Se non altro alla luce delle nuove acquisizioni istruttorie della Procura, di cui "Repubblica" ha dato conto ieri e che sorprendono Testini nella sua casa di Adelfia, in provincia di Bari, dove la moglie, noto avvocato civilista, lo racconta «sconvolto», «incredulo», «senza parole». Valerio Spigarelli, avvocato del maresciallo, parla di «ricostruzione basata su fatti che non hanno nessun aggancio con la realtà». Annuncia «la richiesta di nuovi accertamenti e perizie». un fatto che il pozzo in cui è precipitato Testini promette di essere assai buio e profondo. Oltre alla testimonianza della transessuale Jennifer e agli accertamenti tecnici che la confermerebbero, il Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli hanno infatti raggiunto la ragionevole certezza che il movente dell´omicidio di Cafasso maturi in ciò che accade nelle otto settimane successive all´irruzione del 3 luglio 2009 in via Gradoli, quando Marrazzo e Natalì vengono sorpresi e filmati. In quel lasso di tempo - argomentano i pm - Cafasso, da complice diventa pericoloso ingombro. Viene prima escluso dalla trattativa per la vendita del video del ricatto. E quindi eliminato da chi, tra i quattro carabinieri, tiene in pugno: Testini. Il pusher e il maresciallo, per quel che le indagini del Ros dei carabinieri possono oggi documentare, si conoscono infatti dal 2005 (quando Testini è vicecomandante della stazione dei carabinieri "Tomba di Nerone") e da allora il loro rapporto è diventato qualcosa di più e di diverso da quello tra uno "sbirro" e il suo "confidente". «L´uno dipende dall´altro - spiega una fonte investigativa - L´uno conosce i segreti e le debolezze dell´altro». Cafasso sa che Testini non è più soltanto un carabiniere. Che si è messo a far altro insieme al suo amico e collega Carlo Tagliente (rapine, ricatti alle trans e ai loro clienti, pressioni sui proprietari di un bed&breakfast sulla via Cassia trasformato in garconniere personale).
La sorte del "pusher", dunque, si consuma tra luglio e la fine di agosto 2009. E ne sarebbe prova il comportamento dello stesso Cafasso. In luglio, nel provare senza successo a piazzare il video del ricatto a "Libero", il pusher confida infatti alle croniste del quotidiano di «avere paura». Di voler «sparire dalla circolazione» dopo quell´ultima stangata, prima di «essere ammazzato». Poi, tra luglio e agosto, Cafasso scompare davvero da Roma. Ufficialmente per le ricadute del diabete cronico di cui soffre. In realtà, ritengono gli investigatori, «per paura». «Perché minacciato». Al punto che, quando rientrerà in città, deciderà, con la sua compagna Jennifer di prendere alloggio in un albergo.
Certo, c´è da chiedersi per quale ragione un Cafasso così spaventato, in settembre sia poi tornato a consegnarsi nelle mani del suo asserito carnefice, Testini, andando addirittura a chiedergli la roba con cui farsi. E c´è da chiedersi anche come sia stato possibile che Testini per liberarsi di Cafasso abbia concepito un piano così complesso (la dose letale di eroina) che lasciava in vita una testimone (Jennifer) e non dava certezze sull´esito (Cafasso, come Jennifer, avrebbe ben potuto accorgersi che lo "speedball" aveva un odore e un sapore "strani").
Sono domande su cui è facile prevedere che Testini giocherà la sua difesa. Ma che, al momento, potrebbero non essere risolutive. Anche perché, uno dei suoi ex compagni, il carabiniere Luciano Simeone, difeso dall´avvocato Bruno Von Arks e ascoltato ieri in carcere per la seconda volta dai pm, comincia a dare segnali di volersi smarcare. Venerdì scorso, Simeone aveva ammesso per la prima volta di essere stato lui, insieme a Tagliente, a girare il video in via Gradoli e aveva escluso la presenza di Cafasso. Ieri, non è riuscito a convincere i magistrati della versione che lo vorrebbe inconsapevole, al momento dell´irruzione, della presenza di Marrazzo nell´appartamento. E del resto, a smentirlo è una foto trovata nel suo telefonino. Simeone la scattò il 3 luglio alla targa dell´auto di servizio della Regione che aveva accompagnato Marrazzo in via Gradoli prima di fare ingresso nell´appartamento. Di più: su quei numeri di targa, lo stesso Simeone fece una verifica telefonica con un collega della Compagnia Trionfale. A che scopo se non per avere la certezza che avevano finalmente trovato il Governatore?
La Procura, intanto, continua a cercare la versione lunga del filmato dell´irruzione in via Gradoli (è stato perquisito lo studio di Marco Cinquegrana, avvocato di Cafasso). Quella ufficialmente «distrutta» dai carabinieri per cancellare le prove della loro presenza in via Gradoli.