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 2010  marzo 21 Domenica calendario

2 articoli - «PIANGEVA PER FAME, UCCISO PER ZITTIRLO» – Restano in carcere Katerina Mathas, 26 anni, la madre del piccolo Alessandro, e Giovanni Antonio Rasero, 29 anni, accusati di aver ucciso il bimbo di otto mesi in una notte di sballo, fra cocaina e hashish

2 articoli - «PIANGEVA PER FAME, UCCISO PER ZITTIRLO» – Restano in carcere Katerina Mathas, 26 anni, la madre del piccolo Alessandro, e Giovanni Antonio Rasero, 29 anni, accusati di aver ucciso il bimbo di otto mesi in una notte di sballo, fra cocaina e hashish. Il gip di Genova Vincenzo Papillo ha confermato l’arresto e la custodia in carcere richiesta dal pm Marco Airoldi ma non ha sciolto il nodo delle due versioni contrastanti, l’uomo e la donna infatti si accusano a vicenda. Il gip ritiene responsabili entrambi. I due, scrive nell’ordinanza, erano sotto l’effetto della coca e non sopportavano il pianto per fame del bambino: «in questa situazione di esasperazione gli indagati, verosimilmente in momenti successivi, con condotte e intensità crescente, delle quali non sono stati in grado di comprendere la gravità, usarono violenza nei confronti di Alessandro, dal morso al pizzicotto allo scuotimento fino ai colpi inferti alla testa, per indurlo al silenzio». Restano quindi in carcere per «la gravità straordinaria del reato e la personalità degli indagati privi della capacità di controllo dei propri impulsi aggressivi». Mathas e Rasero sono rimasti aggrappati alle loro opposte versioni. Lei ha detto di essersi assentata da mezzanotte all’una e mezza dal residence per cercare droga, la circostanza è confermata dalle telecamere della sorveglianza ai cancelli. Indirettamente accusa l’uomo di aver ucciso il bambino in quel periodo. Rasero dichiara di essersi svegliato fra le 2 e le 2 e 15 e di aver visto la donna «in piedi davanti al divano mentre sollevava il bambino in alto con le braccia (col volto del bambino rivolto verso di lui) e quindi lo scagliava a terra». Rasero sostiene di aver detto alla donna «Che c. stai facendo? smettila o chiamo i carabinieri» e di essere tornato a dormire dopo che lei lo aveva rassicurato. Solo la mattina, dopo essere uscito a fare colazione, avrebbe visto che il piccolo era «freddo e rigido». La morte del piccolo, si ritiene, è avvenuta in un arco di tempo che va dall’ora in mezza in cui era solo con Rasero fino all’ora e mezza successiva, quando la coppia era assieme. L’unica circostanza che si può escludere è che Alessandro sia rimasto solo con la mamma per più di cinque minuti (il tempo impiegato per comprare le sigarette alla stazione di Nervi). Un altro testimone, Bruno I., ha dichiarato di aver telefonato più volte quella notte a Katerina Mathas pregandola di andare via dal residence insieme col bambino e di raggiungerlo a Rapallo. Ma lei «piangendo mi disse che non poteva venire via». Poi Bruno I. non avrebbe più risposto alle chiamate di Katerina, l’ultima alle 2 e 45 minuti. Probabilmente Alessandro era già morto. E.D. E VENTI GIORNI PRIMA LA TORTURA NEL BAGNO: TESTATE SUL MURO – Una stanza di venti metri quadrati, moquette nocciola, pareti beige, un letto matrimoniale incastrato in una testiera anni Settanta, luci fioche, una finestra con tende pesanti e la porta di un piccolo bagno. E’ il monolocale adibito a «scannatoio» del residence Vittoria dove lunedì notte Alessandro Mathas, otto mesi, è stato ucciso in un crescendo di botte e sevizie, bruciature e morsi, un parossismo scatenato dal suo pianto sempre più disperato perché aveva fame. E’ così che inizia la ricostruzione della notte del 16 marzo nell’ordinanza con cui il gip Vincenzo Papillo conferma l’arresto in carcere di Aikaterini Mathas (per tutti Katerina), e Giovanni Antonio Rasero. Per concorso in omicidio volontario. «Una condizione di stordimento» E’ verosimile, scrive il giudice che «a causa del consumo di cocaina e hashish... gli indagati si siano trovati in una condizione di stordimento e di perdita delle capacità di autocontrollo che li rendeva insofferenti al pianto e alle richieste del bambino e interessati solo a ottenere il suo silenzio. E’ da rilevare al riguardo che Alessandro non risulta aver mangiato dal pomeriggio del 15 marzo e perciò è estremamente verosimile che la mancanza di cibo lo rendesse incline al pianto». Quello che Mathas e Rasero hanno fatto ad Alessandro per farlo tacere è dettagliato nell’esame esterno e autoptico dalle «ampie aree ecchimotiche di color viola scuro al capo e al volto, estese alla quasi totalità del cuoio capelluto» a un raggelante elenco di lividi e ustioni «a stampo superficiale e recente da sigaretta» nell’orecchio e all’inguine, ai segni dei denti sul piedino destro «lesività ecchimotiche a stampo di morsicatura compatibile con uno o più morsi», fino alla violenza finale. Quando Alessandro viene afferrato e sbattuto «con un’azione contundente molto violenta con urti ripetuti, almeno due, contro superfici rigide e a margini smussi comprendendo il pavimento o le sponde del letto visionate nell’appartamento». Segni di «presa manuale» anche sulle cosce, probabilmente il piccolo è stato scrollato tenendolo per le gambe. L’agonia sul divano «Non oltre mezz’ora» scrive il medico legale per valutare quanto il bambino è rimasto agonizzante sul divano, avvolto nella copertina azzurra di pile. Ma in questa notte da sballo, di cocaina e violenza, in cui il sesso è solo fonte di frustrazione perché la donna troppo stordita si nega e l’uomo si infuria per i tentativi respinti di avere un rapporto, come si possono separare con la precisione richiesta dal codice penale le responsabilità? Entrano in gioco da una parte i testimoni dall’altra i «riscontri oggettivi» come i tabulati telefonici e le registrazioni video del residence in quella notte. Il testimone L’ordinanza cita un episodio, raccontato da H. M. un amico che una ventina di giorni fa ha passato la serata nel monolocale di Nervi con la coppia e Alessandro. Il bimbo piange: «un pianto molto forte, quasi isterico». Rasero lo prende in braccio e lo porta in bagno, quando esce Ale non piange più ma dopo poco ricomincia. Nuovo viaggio in bagno con il bimbo: «Ho sentito scorrere l’acqua e dei colpi nel muro« dice il testimone. E poi: «Avevo l’impressione che Antonio stesse sbattendo il piccolo contro la parete, per tale ragione mi alzavo e aprivo la porta del bagno dove potevo vedere Antonio che aveva il bambino in braccio nudo, con la testa bagnata. Potevo vedere che al bambino era stata fatta una "cresta" con i capelli bagnati. Antonio rideva del suo operato ma il bambino continuava a piangere. Toglievo il bambino dalle mani di Antonio e lo coprivo con un asciugamano...». Il pediatra Il pediatra di Alessandro visita il piccolo per la prima volta a settembre «trovandolo allora e nelle visite successive l’ultima il 18 dicembre in buone condizioni di salute e di crescita. La madre, benché impreparata e bisognosa di consigli, aveva un modo adeguato di gestire il figlio e appariva interessata a capirne i bisogni, rivolgendo domande appropriate». Il bambino non aveva lividi, graffi o lesioni di alcun tipo. Le telefonate Per la ricostruzione dei fatti saranno importanti le telefonate. Quelle fatte da Caterima Mathas mentre vaga per un’ora e mezza in cerca di cocaina, dopo aver lasciato il figlio con Rasero, e quelle fatte da Rasero nell’arco di quella stessa ora e mezza: se telefonava non dormiva profondamente come ha sostenuto. Erika Dellacasa